Nel 2020 la pandemia di Covid-19 non ha impedito la crescita delle fonti rinnovabili come il solare e il fotovoltaico, così come la vendita di veicoli elettrici. La nuova economia energetica sarà sempre più elettrificata ed efficiente, oltre che interconnessa e pulita. Ma la transizione energetica ha bisogno di un’accelerata per rispettare gli impegni assunti a livello globale con l’Accordo di Parigi sul clima. A rivelarlo il nuovo World energy outlook 2021 della Iea (International energy agency).
Permane lo status quo
Tuttavia, il cambiamento vede ancora una certa stabilità dello status quo. Evidenti le conseguenze della ripresa economica sul prezzo del gas, dell’elettricità e del carbone. Rimane ancora forte l’utilizzo delle fonti fossili, rimarca la Iea, che sta determinando il secondo maggior aumento della storia di emissioni di CO2. Secondo il Weo, alla voce spesa pubblica, il budget destinato all’energia sostenibile ha mobilitato solo circa un terzo dell’investimento necessario per dare realmente una scossa al sistema energetico nei Paesi avanzati. In aree come l’Africa sub-sahariana, la crisi della salute pubblica influisce enormemente i progressi verso l’accesso all’energia, che prima lenti ora si sono praticamente bloccati.
Resta lontano l’allineamento allo scenario delle “Emissioni nette zero” entro il 2050 (Nze) dello Iea, pubblicato a maggio 2021, che traccia una tabella di marcia stretta ma realizzabile se si vuole contenere l’aumento della temperatura globale.
La guida della Weo per la Cop 26
Le pressioni sul sistema energetico non diminuiranno nei prossimi decenni, responsabile di quasi tre quarti delle emissioni che hanno già spinto le temperature medie globali più in alto di 1,1 °C.
Anzi, fattori quali: una popolazione destinata a crescere di 2 miliari di persone da qui al 2050, con redditi crescenti che quindi faranno crescere a sua volta la domanda di servizi energetici, economie in via di sviluppo che vivranno un periodo di urbanizzazione e industrializzazione ad alta intensità energetica e di emissioni, graveranno sempre di più. Il sistema energetico di oggi infatti, non è in grado di affrontare queste sfide, perciò una rivoluzione a basse emissioni è attesa da tempo.
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Il Weo non dà per scontato il completo raggiungimento in tempo degli obiettivi
In vista della Cop 26, 50 Paesi e l’UE hanno dettagliato i loro contributi per raggiungere la neutralità climatica. Se venissero attuati in tempo e per intero, come nel modello in dettaglio nel nuovo “Announced pledges scenario” (Aps), inizierebbero a piegare la curva delle emissioni globali verso il basso.
Nello scenario al 2030 le fonti di produzione di energia a basse emissioni rappresentano la maggior parte delle aggiunte di capacità, con aggiunte annuali di solare, fotovoltaico ed eolico che si avvicinano a 500 GW entro il 2030. Di conseguenza, il consumo di carbone nel settore energetico nel 2030 è del 20% inferiore ai recenti massimi. Inoltre, la rapida crescita delle vendite di veicoli elettrici e i continui miglioramenti nell’efficienza del carburante portano a un picco nella domanda di petrolio intorno al 2025.
Quindi, i progressi in efficienza indicano che la domanda globale di energia si stabilizza dopo il 2030.
Qualora si perseguissero con successo tutti gli impegni annunciati, le emissioni globali di CO2 legate all’energia diminuirebbero del 40% nel periodo fino al 2050. Si avrebbe così un declino in tutti i settori, maggiormente determinato da quello dell’elettricità.
I governi devono fare di più per rispettare gli impegni annunciati
Secondo lo scenario “Steps” (Stated policies scenario) delle politiche dichiarate del Weo, i governi devono fare molto di più per rispettare pienamente gli impegni annunciati. Questo scenario riporta un ritmo accelerato di cambiamento nel settore energetico, sufficiente a realizzare un graduale calo delle emissioni del settore, nonostante la domanda globale di elettricità sia destinata a raddoppiare fino al 2050.
Si nota anche una continua crescita delle emissioni dell’industria, come la produzione di cemento e acciaio e del trasporto pesante. Questa crescita proverrà in gran parte dai Paesi emergenti che stanno costruendo le infrastrutture nazionali.
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Nello scenario Steps quasi tutta la crescita netta della domanda di energia fino al 2050 è soddisfatta da fonti a basse emissioni, ma questo le lascia comunque intorno ai livelli attuali. Di conseguenza, le temperature medie globali sono ancora in aumento: raggiungeranno i 2,6 °C sopra i livelli preindustriali nel 2100.
Gli impegni odierni coprono meno del 20% del divario nella riduzione delle emissioni
Lo scenario Aps vede un raddoppio degli investimenti e dei finanziamenti per l’energia pulita nel prossimo decennio, ma questa accelerazione non è sufficiente a superare l’inerzia odierna del sistema energetico. In particolare, nel periodo cruciale fino al 2030, le azioni in questo scenario sono ben al di sotto delle riduzioni delle emissioni che sarebbero necessarie per raggiungere le zero emissioni entro il 2050.
Una delle ragioni principali di questo deficit è che gli impegni climatici di oggi, come emreso dall’Aps, rivelano forti divergenze tra i Paesi nelle tempistiche promesse delle loro transizioni energetiche.
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Tutti i Paesi dovranno fare di più: gli impegni odierni però coprono meno del 20% del divario nella riduzione delle emissioni, che deve essere colmato entro il 2030 per riuscire a contenere l’aumento della temperatura globale sotto i 1,5 °C.
Le soluzioni per colmare il divario con il percorso di 1,5 °C sono disponibili e convenienti
Il Weo 2021 mette in evidenza quattro misure chiave che possono aiutare a colmare il divario tra impegni odierni e l’obiettivo di 1,5°C nei prossimi dieci anni:
- Una spinta massiccia verso un’elettrificazione pulita, che quindi richiede un raddoppio della diffusione del solare fotovoltaico e dell’eolico rispetto allo scenario Aps. Ad esempio, con un’espansione anche del nucleare, dell’infrastruttura elettrica e del suo sistema e ovviamente una rapida eliminazione del carbone. Più di un terzo del divario di emissioni tra lo scenario Aps e Nze verrebbe colmato dalla decarbonizzazione del mix elettrico.
- Va posta un’incessante attenzione sull’efficienza energetica, sia con i comportamenti che con l’efficienza dei materiali. L’intensità energetica dell’economia globale diminuisce di oltre il 4% all’anno tra il 2020 e il 2030 nello scenario Nze, più del doppio del tasso medio del decennio precedente. Senza questo miglioramento dell’intensità energetica, il consumo finale totale di energia nella Nze sarebbe circa un terzo più alto nel 2030, aumentando significativamente il costo e la difficoltà di decarbonizzare l’approvvigionamento energetico.
- Una rapida riduzione delle emissioni di metano è un altro strumento chiave per limitare il riscaldamento globale a breve termine e le opportunità di abbattimento più convenienti sono nel settore energetico, in particolare nelle operazioni che riguardano il petrolio e il gas.
- Un’altra lacuna da colmare nel 2020 è dare una spinta all’innovazione dell’energia pulita. Tutte le tecnologie necessarie per ottenere tagli profondi delle emissioni fino al 2030 sono disponibili, ma quasi la metà delle riduzioni di emissioni raggiunte nella Nze nel 2050 provengono da tecnologie che oggi sono ancora dei prototipi. Gli impegni annunciati oggi non raggiungono le pietre miliari dello Nze per la diffusione dell’idrogeno e di altri carburanti a basso contenuto di carbonio, così come la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio (Ccus).
Serve la finanza per accelerare la diffusione dell’energia pulita nei Pvs e accelerare la transizione energetica
Per condurre il mondo sulla strada di 1,5°C c’è bisogno di investimenti annuali in progetti e infrastrutture per l’energia pulita fino a 4 trilioni di dollari entro il 2030. Circa il 70% della spesa aggiuntiva richiesta per colmare il divario tra Aps e Nze è necessaria nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo.
L’India ha finanziato una rapida espansione del solare fotovoltaico in vista del suo obiettivo di 450 GW per le energie rinnovabili entro il 2030. Certamente, rimangono delle sfide in questi Paesi, come gli scarsi fondi per sostenere la ripresa economica sostenibile e il capitale più costoso che nelle economie avanzate.
Dopo la pandemia il numero di persone senza accesso all’elettricità è destinato ad aumentare del 2% nel 2021, con quasi tutto l’aumento nell’Africa sub-sahariana. Qui, bisogna accelerare i flussi di capitale a sostegno della transizione energetica e permettere a queste economie di tracciare un nuovo percorso di sviluppo a basse emissioni. In questo senso, oltre alle necessarie riforme politiche, gli investimenti dovranno essere elargiti da finanziatori privati e dalle istituzioni finanziarie pubbliche insieme alle banche di sviluppo internazionali.
L’eliminazione del carbone avrà un impatto sul lavoro e sulla sicurezza elettrica
La differenza tra i due scenari Aps e Nze nella domanda di carbone è la velocità con cui il carbone viene gradualmente eliminato dal settore energetico: del 10% al 2030 in Aps e del 55% in Nze. Per farlo bisogna:
- fermare l’approvazione di nuove centrali a carbone non ancora terminate;
- ridurre le emissioni dai 2100 GW di centrali in funzione, che hanno prodotto più di un terzo dell’elettricità mondiale nel 2020;
- investire su scala sufficiente per soddisfare la domanda che altrimenti sarebbe stata soddisfatta dal carbone;
- infine, gestire le conseguenze economiche e sociali del cambiamento.
Nonostante l’energia rinnovabile abbia preso piede, circa 140 GW di nuove centrali a carbone sono attualmente in costruzione e più di 400 GW sono in varie fasi di progettazione.
Il contributo della Cina
L’annuncio della Cina di smettere di sostenere la costruzione di impianti a carbone all’estero è potenzialmente significativo: potrebbe portare alla cancellazione fino a 190 GW di progetti a carbone che sono costruiti nell’Aps. Questo potrebbe far risparmiare circa 20 gigatonnellate di emissioni, se questi impianti venissero sostituiti con una generazione a basse emissioni.
Negli scenari Iea, gli impianti a carbone sono o adattabili con sistemi Ccus, per essere co-combustibili a basse emissioni come la biomassa o l’ammoniaca, o da ritirare.
La gestione del phase-out del carbone dipende da un impegno tempestivo e sostenuto da parte dei governi e delle istituzioni finanziarie per mitigare l’impatto sui lavoratori e sulle comunità e per permettere la bonifica e la riconversione dei terreni.
Per la prima volta la domanda di petrolio declina in tutti gli scenari
La domanda di petrolio, per la prima volta, diminuisce gradualmente in tutti gli scenari esaminati nel Weo 2021, anche se i tempi e la velocità variano. Nell’Aps un picco subito dopo il 2025 è seguito da un declino verso i 75 milioni di barili al giorno (mb/d) entro il 2050. Per soddisfare i requisiti del Nze, l’uso del petrolio crolla a 25 mb/d entro la metà del secolo.
La domanda di gas accelera
La domanda di gas naturale aumenta in tutti gli scenari nei prossimi cinque anni, ma dopo si registrano forti divergenze. Molti fattori influenzano in che misura, e per quanto tempo, il gas naturale mantiene un posto in vari settori, mentre la transizione verso l’energia pulita accelera.
I combustibili a basse emissioni come l’idrogeno, sono ben lontani dalla realtà: anche se c’è un interesse, i progetti pianificati sono al di sotto dei livelli di utilizzo nel 2030 e ancora più al di sotto delle quantità richieste nella Nze, nove volte più alte dell’Aps.
La transizione come riparo dagli shock dei prezzi dell’energia
In un sistema energetico in transizione, le famiglie dipendono meno dal petrolio e dal gas per soddisfare i loro bisogni energetici, grazie ai miglioramenti dell’efficienza, al passaggio all’elettricità per la mobilità e all’abbandono delle caldaie a combustibili fossili per il riscaldamento. Per raggiungere questo livello, però, dovranno essere sostenute inizialmente per fronteggiare i costi iniziali aggiuntivi dei miglioramenti dell’efficienza e degli apparecchi a basse emissioni, come i veicoli elettrici e le pompe di calore.
In tutti gli scenari, la quota di energie rinnovabili nella produzione di elettricità si espande fino a raggiungere il 40-70% entro il 2050, rispetto a una media di poco meno del 10% di oggi.
Nella Nze, ci sono circa 240 milioni di impianti solari fotovoltaici sui tetti e 1,6 miliardi di auto elettriche entro il 2050.
Questo sistema ha ovviamente bisogno di operare in modo flessibile e deve avere una capacità adeguata, reti robuste e immagazzinamento delle batterie da fonti dispacciabili di elettricità a basse emissioni, come l’energia idroelettrica, geotermica e bioenergetica, l’idrogeno, l’ammoniaca o piccoli reattori nucleari modulari. D’ausilio anche le tecnologie digitali che possano supportare la risposta sul lato della domanda e gestire in modo sicuro i flussi multidirezionali di dati ed energia.
I mercati dell’energia a rischio incertezza e turbolenza
Secondo la Iea, il mondo non sta facendo abbastanza e le incertezze sulle politiche e l’andamento della domanda creano insicurezza e volatilità nei mercati energetici.
La spesa destinata alla transizione sta aumentando, ma troppo gradualmente e al di sotto di ciò che è necessario. Allo stesso tempo, la spesa per il petrolio e il gas naturale, che ha subito due crolli dei prezzi nel 2014-15 e nel 2020, sembrerebbe destinata a una domanda stagnante o addirittura in calo.
La Iea ha ripetutamente evidenziato che un’impennata della spesa per aumentare la diffusione delle tecnologie rinnovabili fornisce la via d’uscita da questa impasse, ma questo deve avvenire rapidamente o i mercati energetici globali dovranno affrontare un periodo turbolento e volatile. I politici devono dare segnali chiari e indicare la direzione altrimenti, come sottolinea la Iea: “Se la strada davanti a noi è lastricata solo di buone intenzioni sarà davvero un viaggio accidentato”.
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