Prende il via una indagine per studiare la diffusione della solastalgia, più conosciuto come “ecoansia”.
L’iniziativa interesserà scuole e università ed è promossa nell’ambito della campagna “Chiedimi come sto” di UDU e RdS, lanciata nel post pandemia in Italia per prendersi cura della salute mentale delle giovani generazioni. A volerla Greenpeace Italia, ReCommon, Unione degli universitari (UDU) e Rete degli studenti (RdS), con il supporto scientifico dell’Istituto Europeo di Psicotraumatologia e Stress Management (IEP).
Ansia, depressione, pessimismo, perdita di speranza riguardo al futuro e molte altre condizioni sfavorevoli al sano e soddisfacente sviluppo delle giovani generazioni sono parte del questionario realizzato da un team guidato dal prof. Krzysztof Szadejko, docente universitario e direttore del Dipartimento di Metodologia e Ricerca dell’Istituto Europeo di Psicotraumatologia e Stress Management.
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“L’obiettivo di questo studio è proprio quello di rimettere al centro la questione climatica e le conseguenze che ha sulla salute mentale dei giovani. Non possiamo più aspettare, la solastalgia deve essere riconosciuta”, dichiarano l’Unione degli Universitari e la Rete degli Studenti Medi.
Il questionario sull’ecoansia alla base dello studio
Lo studio partirà dalla somministrazione di un questionario da parte di migliaia di studenti per comprendere l’impatto che la crisi climatica e i sempre più frequenti eventi meteorologici estremi hanno sulla salute degli under 35 del nostro Paese.
“Questo studio ci permetterà di acquisire dati basati sulle evidenze scientifiche al fine di sensibilizzare le istituzioni politiche affinché adottino misure pratiche a sostegno delle presenti e future generazioni”, dichiara Rita Erica Fioravanzo, presidente dell’Istituto Europeo di Psicotraumatologia e Stress Management. Uno studio che potrà costituire un modello da replicare nei Paesi del Mediterraneo, suggerisce la studiosa.
“Gli effetti sulla salute mentale della crisi climatica dovrebbero essere annoverati tra i crimini di cui l’industria fossile è responsabile e di cui chiediamo conto, anche in tribunale, alle compagnie dell’oil&gas come ENI” sottolinea Simona Abbate, della campagna Clima ed Energia di Greenpeace Italia.
Non resta che attendere settembre per i risultati dell’indagine
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