cambiamenti climaticiIn Uganda la produttività potrebbe registrare un calo del 20% se non verranno messe in atto delle misure per contrastare il cambiamento climatico. A fare questa stima è un recente studio realizzato con il contributo dei ricercatori della fondazione Cmcc – Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici. La ricerca analizza l’impatto di una questione chiave come il riscaldamento globale sull’offerta di lavoro e il consumo alimentare in un paese dove il problema della malnutrizione è centrale e circa l’80% della popolazione dipende dall’agricoltura, irrigata dall’acqua piovana, per il proprio sostentamento. 

Climate change, occupazione e consumi alimentari

“Abbiamo modellizzato il comportamento economico delle famiglie Ugandesi e dimostrato come l’effetto del calo nell’offerta di lavoro dovuto all’innalzamento delle temperature sarà amplificato da un aumento della domanda di consumi alimentari”, ha aggiunto Soheil Shayegh, ricercatore alla fondazione Cmcc e Eiee. Nello specifico i risultati dimostrano che in Uganda, entro la fine del secolo, il lavoro scarsamente qualificato aumenterà a causa della crescente domanda di prodotti agricoli. Ciò abbinato con gli impatti dei cambiamenti climatici sulla produttività del settore agricolo e sull’offerta del lavoro, porterà a un calo della produttività del 20% nell’ultima parte del secolo senza un’adeguata azione per il clima.

Un approccio empirico

Per arrivare a queste conclusioni è stato realizzato uno studio empirico sia dell’effetto diretto degli shock climatici sull’offerta di lavoro settimanale sia del loro effetto indiretto, attraverso la variazione delle assunzioni dietetiche dovute a un ambiente più caldo.

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“Per la prima volta abbiamo fornito prove empiriche che collegano i cambiamenti climatici, l’alimentazione e l’offerta di lavoro”, spiega in una nota Shouro Dasgupta, ricercatore presso la fondazione Cmcc e per Rff-Cmcc European institute on economics and the environment (Eiee) – sappiamo che i cambiamenti climatici avranno un impatto sull’alimentazione, e che questa svolge un ruolo chiave nel miglioramento della produttività e nella crescita economica, in particolare in quelle regioni in cui la forza lavoro è costituita principalmente da individui poco qualificati e denutriti. Il nostro studio dimostra che, all’aumentare della temperatura, inizialmente l’offerta di lavoro settimanale aumenta: in un ambiente mite, le persone possono lavorare più ore alla settimana. Ma questo vale solo fino al raggiungimento di una temperatura media settimanale di 21,3 °C. Oltre tale soglia, il numero di ore lavorate per persona diminuisce”.

Gli effetti del clima sull’alimentazione

In base a quanto sostenuto dalla letteratura medica le temperature intermedie corrispondono a una riduzione dell’apporto calorico necessario dell’organismo umano. Viceversa, quando si verificano picchi estremi sia bassi sia alti, c’è una maggiore necessità di energia. “A temperature molto fredde o molto calde, il corpo umano ha bisogno di più energia, e quindi di più cibo, per regolare la sua temperatura” spiega Dasgupta – “grazie al nostro studio, ci sono per la prima volta prove empiriche di questo, poiché abbiamo osservato il reale apporto calorico settimanale degli individui in relazione alla temperatura settimanale”. Inoltre, dalla ricerca emerge che un aumento del consumo calorico del 10% comporta un aumento dell’offerta di lavoro di quasi un’ora alla settimana.


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