Transizione energetica, il ruolo delle istituzioni finanziarie per lo sviluppo

Le DFIs dovrebbero, da un lato, incrementare la quota di capitale privato mobilitato e, dall’altro, guardare anche alle tecnologie emergenti. L’analisi dell’IEA

Le istituzioni finanziarie per lo sviluppo (Development Finance Institutions, DFIs) rappresentano soltanto l’1 per cento degli investimenti nel settore dell’energia, ma potrebbero contribuire in modo significativo a riequilibrare la disparità geografica che ancora caratterizza questi flussi di denaro, diretti nell’85 per cento dei casi alle economie avanzate e alla Cina. È quanto emerge da un’analisi di Haneul Kim e Cecilia Tam, ricercatrici dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), pubblicata il 25 luglio.

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Average annual breakdown of Development Finance Institutions’ financing by instrument, concessionality, technology, region and currency, 2019-2022. IEA Licence: CC BY 4.0

Gli investimenti in Africa, Asia e America Latina

Tra il 2019 e il 2022, le DFIs hanno dedicato in media 24 miliardi di dollari annui al finanziamento di progetti nel settore dell’energia, concentrati soprattutto in Africa, Asia e America Latina. L’80 per cento dei finanziamenti è servito a sostenere la produzione di energia pulita.

L’Africa subsahariana non è solo il principale “cliente” delle DFIs, ma vanta anche il più alto rapporto tra Assistenza ufficiale allo sviluppo (Official Development Assistance, ODA) e Altri flussi ufficiali (Other Official Flows, OOF), con una quantità significativamente elevata di sovvenzioni e un capitale proprio superiore alla media. L’India, d’altro canto, ha il secondo più alto rapporto tra ODA e OOF, ma riceve la maggior parte dell’assistenza ufficiale sotto forma di debito, piuttosto che di sovvenzioni. La Cina invece ha un rapporto significativamente più basso.

Questo schema mostra che le regioni che hanno capacità di rimborso limitate e dipendono da finanziamenti agevolati sono destinatarie delle forme di finanziamento più indulgenti, spiegano le analiste dell’IEA, mentre altri mutuatari con infrastrutture più solide e progetti più commercialmente sostenibili ricevono forme di finanziamento meno agevolate.

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Development Finance Institutions’ average annual energy-related investment by region and sector, 2013-2022. IEA Licence: CC BY 4.0

La mobilitazione del capitale privato

Condividendo i rischi con gli investitori privati e migliorando la fattibilità dei progetti tramite prestiti agevolati e assistenza tecnica, le istituzioni finanziarie per lo sviluppo hanno il potenziale per contribuire al superamento delle sfide tipiche dei mercati emergenti e delle economie in via di sviluppo (Emerging Markets and Developing Economies, EMDE). Inoltre, possono collaborare con il settore pubblico per catalizzare gli investimenti del settore privato.

Oggi, la quantità di capitale privato mobilitata dagli interventi delle DFIs è relativamente limitata. Per ogni dollaro erogato dalle DFIs nei settori legati all’energia tra il 2016 e il 2022, solo 33 centesimi sono stati mobilitati dal settore privato. In uno scenario compatibile con il raggiungimento della neutralità climatica al 2050, ogni dollaro di finanziamento agevolato fornito entro il 2035 dovrebbe sbloccare altri 7 dollari di capitale privato nello stesso orizzonte temporale.

È fondamentale che le DFIs e i governi locali lavorino per ridurre il rischio degli investimenti privati nell’area EMDE, in particolare nei Paesi a basso reddito, proseguono Kim e Tam. “Sono necessari sforzi congiunti per creare ambienti abilitanti che attraggano e sostengano gli investimenti privati, promuovendo uno sviluppo sostenibile a lungo termine”, scrivono le esperte.

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Private capital mobilised by Development Finance Institutions for climate by sector, 2016-2022. IEA Licence: CC BY 4.0

La finanza climatica

C’è margine di miglioramento anche nell’ambito della finanza climatica globale, per quanto, nel 2022, sia stato superato per la prima volta l’obiettivo di 100 miliardi di dollari. I finanziamenti pubblici provenienti dalle DFIs, che hanno promesso di generare prestiti aggiuntivi nell’ordine di 300-400 miliardi di dollari nel prossimo decennio, hanno svolto il ruolo più importante nel raggiungimento di questo obiettivo.

Secondo le stime dell’IEA e dell’International Finance Corporation, serviranno fra gli 80 e i 100 miliardi di dollari di finanziamenti agevolati nei mercati emergenti entro i primi anni 2030, per mantenere vivo l’obiettivo della neutralità climatica al 2050. Inoltre, sarà necessario integrare gli strumenti di debito con sovvenzioni volte a rafforzare la resilienza finanziaria, mitigare i rischi legati al debito e tutelarsi in previsione delle sfide future.

Il panorama tecnologico

Infine, in ambito energetico, le DFIs dovrebbero guardare sia alle tecnologie mature, sia a quelle emergenti, secondo le dottoresse Kim e Tam. Storicamente, tecnologie come la generazione eolica e solare hanno rappresentato oltre la metà dei flussi di finanziamenti per lo sviluppo nel settore energetico. Queste soluzioni necessitano ancora di supporto, soprattutto in regioni come l’Africa subsahariana, dove c’è un ampio divario di finanziamento.

Tuttavia, le DFIs potrebbero concentrare la loro attenzione anche su tecnologie ad alto rischio e sottofinanziate, come l’efficienza energetica, lo stoccaggio e i combustibili a basse emissioni, che “sono cruciali per la prossima fase della transizione energetica”. Nel caso di India, America Latina e Asia sud-orientale, investimenti considerevoli stanno andando ai settori di utilizzo finale, a partire da quello dei trasporti. Tali tendenze devono essere estese ad altre regioni, in particolare quelle che ricevono ancora investimenti considerevoli nell’energia fossile, sancisce l’IEA.

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Le responsabilità delle DFIs

Sebbene il compito che spetta alle DFIs sia estremamente arduo, sono tali istituzioni a detenere una posizione unica tra il settore pubblico e quello privato all’interno del panorama politico e finanziario globale, che consente loro di avere il potenziale per esercitare ancora più influenza negli investimenti energetici a livello mondiale. In questo modo, conclude l’IEA, le DFIs potranno catalizzare “un cambiamento trasformativo verso un futuro energetico più sostenibile e inclusivo”.

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