Qual è l’impatto ambientale delle infrastrutture strategiche, una domanda che dobbiamo porci ancora di più oggi in vista dei fondi e del mandato europeo per la transizione ecologica. Uno sviluppo che vede la necessità di una risposta politica veloce, specifica e l’esigenza di un comparto industriale di essere un sistema efficace in grado di traghettare il sistema nel suo complesso. Temi che sono stati affrontati nel corso dell’evento “Strutture Strategiche e Sicurezza per l’Ambiente, tra giurisprudenza e tecnologia”, organizzato da Canale Energia, che si è svolto lo scorso 20 maggio.
“Non possiamo guardare al problema ambientale senza un altro elemento, fondamentale, l’inquadramento normativo e la risposta giudiziaria” come sottolinea la professoressa Cecilia Valbonesi dell’università di Firenze. La tutela dell’ambiente ricorda la prof. Valbonesi per il Pnrr è “un obiettivo integrale e funzionale alle priorità indicate”.
I quesiti aperti sul tema ambientale
Due sono i temi da valutare spiega la docente dell’università di Firenze: “la portata del legislatore europeo sugli strumenti che il legislatore italiano deve garantire per l’ambiente e la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i reati contro l’ambiente commessi da soggetti apicali o subordinati”.
Una morsa tra colpa del singolo e colpa dell’ente che può congelare alcuni aspetti del sistema mentre, suggerisce Valbonesi, “Si dovrà tener conto in un futuro come non possiamo infliggere lo spettro della colpa lieve a chi di queste istanze si farà attuatore. Non sono norme queste atte a garantire politiche efficaci. Ad esempio in Spagna è stato derubricata la colpa lieve al civile, mentre lo standard penalistico è per la colpa grave”. Sarebbe quindi più costruttivo andare verso una giustizia riparativa come tra l’altro richiede la stessa Europa? “Spero che il Ministro posso considerare gli studi incorso sulla giustizia riparativa da un punto di vista ambientale per offrire una tutela più matura e soprattutto riparatoria”.
La tecnologia italiana
In questo contesto le aziende stanno già portando avanti diverse iniziative nel rispetto di quanto previsto dalla giurisprudenza e nel dialogo con il territorio come vediamo per il caso di Olt Lng Toscana.
Ambiente e sicurezza sono stati al centro sin dalla progettazione della infrastruttura strategica, spiega l’ad dell’azienda Giovanni Giorgi presente alla giornata. Dall’ancoraggio, agli standard di sicurezza del personale all’ambiente nel suo complesso. Il dialogo con la popolazione locale ha fatto sì che il timore verso l’infrastruttura scemasse mentre il risultato dei monitoraggi periodici di dati aria e acqua dimostrano il successo dell’iniziativa.
Cosa cambiare nel sistema normativo e dei controlli per agevolare le strutture strategiche
“Il sistema di penalizzazione del potere percettivo sugli ispettori che a mio giudizio ha funzionato bene” sottolinea l’ing. Alfredo Pini, direttore del Dipartimento per la valutazione, i controlli e la sostenibilità ambientale, ma investire in un forte potenziamento delle tecnologie del sistema di controllo. Considerata l’unita di valutazione statistica di ogni 10mila abitanti “ci sono 2 addetti per unità del Sistema nazionale della protezione dell’ambiente, rispetto ai 190 del sistema sanitario nazionale”. Rispetto ai costi “il Sistema di protezione ambientale viene a cittadino poco meno di 13 euro all’anno, mentre il Sistema sanitario nazionale, messo ad oggi così in difficoltà in una situazione di stress come il Covid-10 costa 1.850 euro pro-capite al Sistema Pubblico, in più 560 euro pro-capite con cui partecipano direttamente le famiglie e 56 euro che arrivano dalle assicurazioni” spiega Pini.
“Andiamo ad affrontare una partita importantissima in una situazione di evidente scarsità di risorse. Se vogliamo affrontare le attuali sfide del Pnrr qualcosa nell’attuale sistema di protezione ambientale va investita, un qualcosa che nell’attuale Pnrr non c’è” conclude Pini.
“Come comparto del settore energetico ci sentiamo parte integrande della transizione ecologica e vorremmo dare il nostro contributo” rimarca Donatella Giacopetti, Responsabile ambiente salute sicurezza Unem “le aziende che rappresentiamo si sono già impegnate nel differenziare l’energia prodotta dal recupero delle plastiche e carburanti con basso contenuto di carbonio. Si tratta di un processo importante che richiede tempi adeguati e neutralità tecnologica”. In questo scenario rispetto gli ecoreati “ci ha terrorizzato l’approccio del reato colposo e siamo felici di come la discussione stia cambiando”. Puntualizzando che l’approccio associativo sia “di meccanismi premiali e controlli”, apprezzando anche l’opportunità della riparazione del danno.
“Dobbiamo e vogliamo stare sotto modelli organizzativi di responsabilità” gli fa eco Dario Soria, dg Assocostieri. “In questa fase di transizione vorremmo avere, nel rispetto delle norme, un’attenzione alla competitività delle nostre infrastrutture che sono tutte strategiche. La velocità di procedure, come la Via, per noi sono fondamentali”. Per questo rimarca Soria “Servirebbe valorizzare il discorso di confronto con il proponente che adesso è venuto un po’ meno”. Azione che potrebbe “velocizzare la procedura e la speditezza amministrativa e potrebbe essere funzionale”. Si tratterebbe di “Piccoli accorgimenti che possono garantire rispetto per l’ambiente come responsabilità ma anche come sviluppo”.
Rispetto il tema del confronto, il presidente della commissione Via Massimiliano Atelli ricorda che sono stati chiamati a un confronto diretto “i soggetti che portano in Commissione più di un progetto, per dare un senso di visione e spunti che nella riesamina del singolo progetto possano aiutare a cogliere una dimensione generale” e che “può così condurre una percezione differente” rispetto l’analisi del singolo progetto nel suo contesto. “Le occasioni di confronto sono fondamentali per tutti sia per la Commissione sia per il proponente, perché si traggono elementi spesso più essenziali di una comprensione completa della valutazione”, conclude Atelli.
“Il nostro modello dovrebbe orientarsi di più in ordine alla prevenzione” riprende il punto sollevato dalla prof.ssa Valbonesi il Senatore Paolo Arrigoni della 13esima commissione Ambiente. “Sono d’accordo che la nostra giustizia debba essere basata sulla riparazione del danno e che debba essere fatto un tagliando alla legge sugli ecoreati del 2015. Allora ci eravamo proposti di farlo entro due, tre anni ma ne sono passati sei ed è rimasta una necessità.
Condivido, rispetto la legge 132 del 2016 le intenzioni sull’ambiente a cui mancano però le risorse e il personale” rimarca infine il Senatore che “Non si emanano i decreti attuativi. C’è molto da fare. La politica deve porsi nella condizione di ascolto sugli enti privati e pubblici”.
Serve un decreto semplificazione mirato non “omnibus”
La commissione Via sta dando delle risposte concrete ma c’è “ovviamente la necessità di lavorare molto di più”. In questo scenario “Il decreto semplificazione deve essere annunciato quanto prima ed essere selettivo” spiega Arrigoni altrimenti non può “dare una mano a perseguire gli obiettivo del Pnrr”. Quindi agire “sul codice degli appalti e sugli obiettivi della Missione 2, cioè è la transizione ecologica, su cui c’è molto da fare su iter autorizzativi nuovi impianti e repower e revamping degli esistenti”. Su questo il senatore Arrigoni richiama tre gli elementi chiave rispetto la commissione Via: “La regione deve intervenire solo una volta, non in un doppio binario. Anche il criterio Fifo “first input first output” andrebbe rivisto. Bisognerebbe dare dei criteri valutativi in base alla dimensione e l’importanza dei progetti, come è importante introdurre dei criteri di esclusione e restringimento della domanda quando la pratica non è istruita” su cui Arrigoni suggerisce che andrebbero introdotte delle modifiche. “Rispetto alla competitività stiamo impegnandoci per quasi 250 miliardi. Dobbiamo elaborare nei prossimi mesi e nei prossimi 5 anni una strategia con tanto razionalismo e molta ragionevolezza, guardando alla sostenibilità ambientale senza dimenticarci di quella economica e sociale”.
Per preservare la competitività dell’industria le tempistiche dei processi di approvazione sono “fondamentali” come rimarca la dott.ssa Giacopetti per cui “il completamento del quadro giuridico è prioritario”.
“Recentemente il Parlamento europeo con una risoluzione del 27 aprile scorso si è raccomandato con la Commissione europea di perseguire tutte le possibilità oggi disponibili” sottolinea Soria “per questo citavamo il Gnl, mettiamo a disposizione del Governo le nostre infrastrutture, ma chiediamo di aiutarci. Siamo nati con la Dafi, se il contesto cambia abbiamo un danno enorme e vorremmo che il sistema industriale italiano non perda competitività ma la guadagni”.
“Si è posto il problema di effettuare una commissione ad hoc per il Pnrr” opportunità di lunga e difficile attuazione, come sottolinea Atelli sia per formarla che per esaminarla. “Credo la soluzione migliore sia quello della legge obiettivo con una terza Commissione, attingendo dallo stesso elenco della call con cui ci siamo formati noi. Il che ci permetterebbe di non perdere tempo nel formare la nuova commissione ed evitare l’incognita contenzioso che sarebbe più che un’incognita una certezza”, spiega Atelli mentre sui decreti attuativi suggerisce “spero si facciano scelte mirate e selettive sul permitting”.
La neutralità tecnologica delle strutture strategiche
La logica suggerita da Arrigoni è di tenere “a mente la neutralità tecnologica senza buttare a mare alcuni progetti. Abbiamo bisogno dell’elettrico sulla mobilità sostenibile ma anche dei carburanti low carbon come il Gnl sul trasporto pesante su strada o sul marittimo”.
Sviluppo quello dei carburanti low carbon e del Gnl che “è stato trascurato, nonostante le Commissioni coinvolte, ambiente e industria, avevano inserito il sostegno a queste fonti” sottolinea Arrigoni. “Sono convinto che una transizione ecologica non si possa basare esclusivamente sul binomio decarbonizzazione ed elettrificazione. Non possiamo dimenticare che questi impianti rinnovabili non sono programmabili e non dobbiamo dimenticare di ragionare che anche sulla indipendenza energetica del nostro Paese” ricorda il Senatore sottolineando come per il gas l’Italia dipenda dall’estero per il 93% “quindi ben vengano i progetti alternativi”.
Intanto degli investimenti nelle infrastrutture small scale di Gnl e rigassificatori in Italia sono stati fatti, ricorda Dario Soria, per cui sottolinea che serve una linea di Pnrr che veda una coesistenza con la transizione ecologica, “tema vitale” per queste infrastrutture su cui si è investito come elemento ponte della transizione, altrimenti destinate a sparire.
“La Commissione europea ha fatto la proposta di rivedere il regolamento per lo sviluppo delle reti energetiche transeuropee” ricorda infine il senatore Arrigoni “in queste settimane la proposta è oggetto dell’Europarlamento. Ne stiamo discutendo nel Parlamento italiano, ma ritengo che sia troppo schiacciata su elettrificazione ed idrogeno”. Rispetto l’idrogeno Arrigoni ricorda che si tratta di “una fonte che avrà tra il 13-14% di ruolo in Europa”. Uno scenario che garantisce “un ruolo nel prossimo decennio al gas naturale, mentre non si parla al sostegno e all’incentivo di queste reti. Il che può compromettere il futuro del Gnl ma anche di un percorso di decarbonizzazione verso l’ambiente”.
Il ruolo dei cittadini
“Se spostiamo troppo il baricentro verso l’elettrificazione” ammonisce Arrigoni “lo spostiamo verso la Cina”, “non possiamo precludere le fonti geotermiche, le biomasse e l’idroelettrico”. Un dibattito pubblico potrebbe giovare: “la transizione ecologica può essere svolta in modo attivo da tutti. Serve coinvolgere i cittadini in meccanismi come le comunità energetiche che danno un contributo per la transizione ecologica”.
Serve quindi un approccio sinergico all’ambiente stimolando la discussione sul piano civile, come evidenzia la prof.ssa Valbonesi. Una sinergia che coinvolge anche i livelli di competenza “non si può pensare a una tutela dell’ambiente che non responsabilizzi il cittadino e la comunità”. “Per fare lo sviluppo sostenibile in un paese ad alta complessità come l’Italia, la partecipazione e le comunità energetiche sono un modo intelligente per facilitare il cambiamento culturale e coinvolgimento del cittadino” ribadisce Atelli.
“Una partecipazione che vale sia per la fase ascendente che discendente dei controlli” di cui propone Pini “Credo che un soggetto terzo come l’Ispra dovrebbe essere il fulcro in grado di incanalare questa necessità”.
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