A livello globale, il comparto dei trasporti rappresenta il 25% delle emissioni di CO2 legate all’energia. Per questo motivo, decarbonizzare il settore diventa una priorità chiave. Restringendo il campo, circa il 2,5% delle emissioni globali di CO2 arriva dal traffico aereo. Sebbene relativamente piccolo rispetto al segmento stradale, quello dell’aviazione è uno dei settori in più rapida crescita nell’ambito dei trasporti.
L’ICAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’aviazione civile, prevede che entro il 2050 le emissioni del trasporto aereo internazionale saranno triplicate rispetto ai livelli del 2015. Oltre alle emissioni di CO2, gli aerei generano anche effetti di riscaldamento dovuti agli ossidi di azoto, un inquinante che si forma dai processi di combustione ad alta temperatura.
Le soluzioni per ovviare al problema esistono: biocarburanti e e-fuel emergono come risposta promettente per ridurre l’impronta di carbonio. Nel campo dell’aviazione, i SAF (Sustainable Aviation Fuel) si delineano come strumento chiave per la decarbonizzazione del settore: sono compatibili con i sistemi esistenti e si stima possano far ridurre le emissioni fino all’80%.
Normative e mercato
Esistono diversi percorsi per la produzione dei SAF. Le tecnologie di conversione possono trasformare le biomasse in carburante per aerei o creare carburanti di sintesi, gli e-fuel, facendo reagire l’idrogeno col carbonio. Ma come procedere ai fini di un pieno sviluppo del mercato? E che ruolo hanno gli impianti normativi attuali?
Lo scenario regolatorio varia nelle diverse regioni del globo. In Europa, le politiche per lo sviluppo dei SAF sono guidate principalmente da normative vincolanti: l’Unione Europea, attraverso l’iniziativa ReFuelEU, richiede una miscela di SAF pari al 2% entro il 2025, del 6% al 2030, del 34% al 2040 e del 70% entro il 2050. Negli Stati Uniti, invece, l’obiettivo fissato è di 3 miliardi di galloni entro il 2030 e di 24 miliardi di galloni entro il 2050. In altre nazioni, sono stati presentati quadri regolatori che prevedono un utilizzo dei SAF che varia dal 2% al 10% entro il 2030.
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Queste politiche, siano esse vincolanti o basate su incentivi governativi, stanno comunque determinando il rapido diffondersi di impianti per la generazione di SAF. La capacità globale raggiungerà oltre 2 milioni di tonnellate entro la fine del 2024. Eppure, anche in virtù di queste politiche, si stima che nel breve termine la domanda di SAF possa superare la capacità produttiva. E questo resta il principale problema da affrontare.
Gli acronimi dei processi produttivi
Nel mondo anglosassone si usano moltissimo, soprattutto in ambito tecnologico, industriale, economico, scientifico. I vari processi produttivi dei SAF, ad esempio, sono caratterizzati dagli acronimi, nomi formati dalle lettere iniziali di più parole che creano un concetto. I percorsi di conversione utilizzati per la trasformazione dei vari tipi di feedstock sono diversi, sia per metodo che per materie prime utilizzate. E sono caratterizzati da sigle ben note agli addetti ai lavori. Vediamo quali.
- HEFA. Sta per Hydrotreated Esters and Fatty Acids. Si tratta di un processo a base di esteri e acidi grassi idrolavorati che richiede l’utilizzo di materie prime lipidiche (oli vegetali, oli di scarto, grassi animali) e l’utilizzo dell’idrogeno per la lavorazione. Le fasi previste dal processo HEFA sono due: idrodeossigenazione e isomerizzazione. Nella prima fase, l’ossigeno viene rimosso mediante idrodeossigenazione. Successivamente, le molecole paraffiniche vengono spezzate e isomerizzate in modo da ottenere la lunghezza della catena necessaria al carburante per jet. Si tratta del processo produttivo dominante. Ad oggi, rappresenta l’intera produzione di SAF e oltre l’80% della capacità annunciata al 2030. Pur essendo una tecnologia collaudata, la sua scalabilità è limitata dalla scarsa disponibilità di materie prime di scarto e dalla concorrenza con la produzione di diesel rinnovabile.
- FT. Il processo Fischer-Tropsch prevede di utilizzare materiali contenenti carbonio e di scomporli in forma gassosa (gas di sintesi). Questo percorso di gassificazione-sintesi è versatile, in quanto converte biomasse solide e materie di scarto nei cosiddetti syngas, catalizzati e trasformati in SAF o in altri idrocarburi liquidi. Il processo si basa sull’esperienza commerciale degli impianti coal-to-liquids e può utilizzare diverse materie prime per produrre SAF di qualità. I progressi tecnologici stanno migliorando la fattibilità economica di questo metodo. Tra i nuovi strumenti, ci sono gassificatori per ridurre la formazione di catrame, reattori a microcanali che permettono una gestione termica ottimale, catalizzatori avanzati che aumentano la selettività dei prodotti. Ad oggi, sono stati certificati dall’ASTM (standard internazionali per la qualità di carburante per aerei) due diversi processi FT: l’SPK, che produce un jet fuel paraffinico puro e il SAK, che produce anche composti aromatici aggiuntivi. Nonostante la sfida degli elevati costi di capitale, alcune iniziative commerciali stanno avanzando grazie a specifiche strategie di integrazione dei processi.
- AJT. I percorsi alcohol-to-jet sono particolarmente promettenti per la produzione di SAF poiché utilizzano i sistemi esistenti di produzione del bioetanolo e nuove tecnologie per la sintesi dell’alcool. Si tratta di un metodo che converte l’alcool in SAF, eliminando l’ossigeno e collegando le molecole fino ad ottenere la lunghezza di carbonio desiderata (oligomerizzazione). Attualmente esistono tre materie prime per l’uso nella tecnologia ATJ: etanolo, metanolo, isobutanolo. Il percorso più avanzato è l’ethanol-to-jet (ETJ), che sfrutta i processi dell’industria di bioetanolo e prevede la disidratazione in etilene, l’oligomerizzazione e l’idrotrattamento. Tuttavia, si guarda con attenzione anche al processo methanol-to-jet (MTJ), grazie alla scalabilità della produzione di biometanolo. L’ATJ dispone di tecnologie mature su scala commerciale, ma mai utilizzate per la produzione di SAF. Le sfide ci sono, soprattutto quelle relative alla complessità dei processi e all’intensità energetica.
- HTL. La hydrothermal liquefaction, liquefazione idrotermale, utilizza il calore e la pressione per liquefare la materia organica delle biomasse/rifiuti e produrre direttamente olio biocrudo di alta qualità, con minore contenuto di ossigeno e maggiore densità energetica. Una volta idrolavorato, il biocrudo viene convertito in carburante. Il vantaggio principale dell’HTL risiede nella capacità di trattare materie prime umide senza l’essiccazione ad alto consumo energetico. Quindi permette un’alta efficienza emissiva oltre che un ridotto fabbisogno di idrogeno. Il percorso HTL sta dimostrando di avere un certo potenziale per la produzione commerciale di SAF, soprattutto se integrato all’interno di strutture dedicate, come gli impianti di trattamento delle acque reflue.
Verso gli e-SAF
Ad oggi, le due macro categorie di produzione dei carburanti sostenibili per l’aviazione sono i SAF derivati da biomassa e i cosiddetti SAF sintetici, o e-SAF. Le tecnologie legate agli e-SAF generano il cherosene dall’idrogeno verde e dalla cattura di CO2; aprono inoltre la strada a un processo industriale potenzialmente scalabile verso un’aviazione a zero emissioni. Nell’ambito dei vari progetti commerciali in corso, due percorsi di conversione stanno emergendo più di altri, entrambi finalizzati all’utilizzo di tecnologie già disponibili sul mercato: le tecnologie MTJ (methanol-to-jet), che utilizzano idrogeno verde e CO2 per produrre e-metanolo da convertire in carburante, e le tecnologie RWGS-FT, che producono syngas attraverso il Reverse Water Gas Shift (RWGS), seguito dalla sintesi Fischer-Tropsch.
Tra i vantaggi degli e-SAF, c’è sicuramente una disponibilità potenzialmente illimitata di materie prime, oltre che un’eccellente qualità del prodotto. Tuttavia, l’economia del processo è proibitiva, visti gli elevati costi della produzione di idrogeno verde e la necessità di accesso alla CO2 catturata direttamente dall’aria. La sfida più grande è quindi rappresentata dai costi di produzione, che possono essere dalle quattro alle dieci volte superiori a quelli del jet fuel convenzionale.
Il Regolamento ReFuelEU, da parte sua, introduce gradualmente quote di e-SAF a partire dal 2030, riconoscendone l’importanza come soluzione a lungo termine. Si prevede che l’obbligatorietà dei requisiti funga da motore per investimenti e nuovi progetti.
Le conclusioni di IDTechEx
Nessun percorso di produzione SAF presenta soluzioni immediate. Ogni tecnologia ha vantaggi e sfide: il percorso HEFA, ad esempio, offre un’immediata redditività commerciale, ma deve affrontare vincoli a lungo termine per quanto riguarda le materie prime. I percorsi FT e AJT offrono flessibilità rispetto alle materie prime, ma richiedono un maggiore sviluppo commerciale degli impianti. L’HTL e gli e-SAF hanno costi elevati di produzione, ma offrono un potenziale di scalabilità nel lungo termine.
Gli sviluppatori stanno migliorando la fattibilità commerciale dei processi, cosa che finirà per ridurre i costi. Tuttavia, è probabile che nel breve-medio termine i costi rimarranno di parecchio superiori a quelli dei carburanti tradizionali. Se da un lato le normative facilitano gli investimenti e la creazione di un mercato su ampia scala, dall’altro è necessario un maggiore sostegno per far avanzare i progetti. Con l’aumentare della domanda di SAF, sarà essenziale un portafoglio diversificato di tecnologie per soddisfare le ambizioni dell’industria.
Il mercato dei carburanti sostenibili è destinato a una crescita sostanziale nei prossimi anni. Il Report di IDTechEx prevede che la capacità produttiva globale di diesel rinnovabile e SAF supererà i 57 milioni di tonnellate annue entro il 2035.
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