Quali sono i rischi dell’importazione di oli esausti nell’UE

L’Europa si trova in “una situazione di dipendenza commerciale da importazioni dubbie dall’Asia”, secondo T&E

La domanda di olio da cucina usato (Used Cooking Oil, UCO), che si prevede possa triplicare da qui al 2030, è troppo elevata rispetto all’offerta. La Cina, il più grande produttore di UCO a livello globale, si troverà presto a esaurire le sue scorte a causa dell’aumento dei consumi da parte dell’Europa e degli Stati Uniti. È l’avvertimento lanciato da Transport & Environment (T&E) che, il 18 giugno, ha pubblicato uno studio sul tema.

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Foto Pixabay

L’UE consuma 130mila barili di UCO al giorno

L’Europa, in particolare, consuma 130mila barili di olio da cucina usato al giorno, otto volte più di quanto raccoglie. “L’Unione europea è ben lontana dall’essere autosufficiente nella raccolta di oli esausti per servire il fabbisogno energetico dei trasporti. Anche in Italia, i biofuel da UCO vengono presentati come una strategia per perseguire l’indipendenza energetica, ma la realtà è tutt’altra: dipendiamo e dipenderemo ampiamente dalle importazioni”, commenta Carlo Tritto, Policy Officer per T&E Italia.

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Fonte T&E

“I biofuel da oli esausti realmente sostenibili sono pochi: andrebbero utilizzati solo quelli raccolti a livello domestico e impiegati per la decarbonizzazione di settori hard-to-abate come l’aviazione, il cui mercato è più che sufficiente ad assorbire i volumi nazionali. Invece vengono utilizzati largamente in auto e camion, spingendo la domanda troppo in alto e determinando una situazione di dipendenza commerciale da importazioni dubbie dall’Asia”, continua Tritto.

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Il rischio è di alimentare l’uso dell’olio di palma

La Cina, infatti, utilizza ed esporta più UCO di quanto ne raccoglie, secondo la ricerca che T&E ha commissionato a Stratas Advisors. Anche la Malesia, tra i più importanti produttori di olio di palma, esporta tre volte più olio da cucina usato di quanto non riesca a raccoglierne internamente.

“La discrepanza tra i numeri di raccolta ed esportazione ci suggerisce che di fatto gli UCO potrebbero essere solo una copertura per l’olio di palma, che – se impiegato per la produzione di biocarburanti – può avere un impatto climatico fino a tre volte superiore rispetto al carburante fossile che teoricamente dovrebbe sostituire”, spiega Tritto.

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Per questo, T&E chiede una revisione completa dell’attuale sistema di certificazione e una regolamentazione più severa, con maggiori controlli governativi a livello europeo e nazionale.

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