Le raffinerie europee continuano a fronteggiare il calo della domanda dovuto alla pandemia Covid-19 e il conseguente crollo del prezzo del greggio. Il mercato del trasporto primario, dalle raffinerie ai depositi, ha vissuto una crisi senza precedenti a causa del lockdown che ha coinvolto tutto il mondo. Con i barili che si andavano accatastando rapidamente, spiega la società di analisi GlobalData, le raffinerie europee hanno dovuto fare i conti con l’aumento dei costi per l’inventario e con il deterioramento del carburante, tra cui gasolio e carburante per jet.
“Gli operatori delle raffinerie europee stanno rivedendo i portafogli aziendali, tagliando le spese di capitale e sospendendo i progetti che sono rimandabili per conservare contante e superare la depressione del mercato”, commenta in una nota stampa Haseeb Ahmed, analista Oil & gas di GlobalData. “Oltre a fare tagli sugli investimenti, molti hanno poche alternative per continuare a operare quotidianamente”.
Taglio del capex
La riduzione del capex è una delle misure che diverse compagnie europee hanno adottato per superare la crisi economica e contrastare gli impatti del Covid-19, riporta la società d’analisi. Eni ha ridotto il capitale consolidato fino a 2,5 miliardi di dollari, che è il 30% in meno del capex pianificato inizialmente. British petroleum ha deciso un taglio del capitale di 4 mld di dollari per tutto il 2020, che include un taglio del capex atteso di 1 mld di dollari nel segmento downstream.
“Molti operatori hanno ridotto la propria capacità operativa, mentre altri hanno sospeso completamente le operazioni per guadare nella corrente della crisi. La raffineria Plock, di proprietà di Polski koncern naftowy orlen, ha ridotto il lavoro del 25%”, prosegue in nota Ahmed. Tra gli altri esempi, cita la raffineria Izmir della Turkiye petrol rafinerileri che “ha circa dimezzato la sua capacità produttiva di 239 milioni di barili al giorno”.
Nuove strategie e vantaggio competitivo
Se la domanda per benzina e carburante per jet resterà bassa nel medio termine, continua l’analista, “gli operatori dovranno elaborare nuove strategie per restare competitivi sul mercato”. Potrebbero decidere di “usare il greggio per prodotti chimici e petrolchimici”, focalizzarsi su “grandi piattaforme integrate di raffinazione” e “aumentare la domanda per carburanti più puliti nel lungo termine”. Alla fine, conclude Ahmed, “saranno costrette a valutare i loro profitti alla luce dell’abbondanza di greggio”.
Alla ricerca di finanziamenti
Le compagnie indipendenti di petrolio e gas quotate alla Borsa di Londra Tullow oil, Cairn energy, Premier oil, EnQuest and Genel energy puntano a reperire finanziamenti per nuove attività di sviluppo ed esplorazione. Questa scelta per GlobalData è dovuta ai danni provocati dal drastico calo del prezzo di petrolio e gas.
Sono soprattutto le compagnie più piccole a essere in difficoltà. Con prezzi bassi delle azioni e bilanci di capitale indeboliti, la raccolta di capitale è la vera sfida. Anche alla luce di rapporti molto elevati debt/equity, cioè rapporti di indebitamento.
“Sia Tullow oil che Premier oil dovrebbero essere fortemente influenzati dall’attuale crollo dei prezzi del petrolio, ha spiegato in una nota Conor Ward, altro analista Oil & gas di GlobalData. Le due compagnie hanno “visto aumentare il rapporto debito/patrimonio netto nel 2019”. Non a caso la “Tullow oil ha recentemente deciso di vendere le sue attività in Kenya e Uganda”.
Le società indipendenti hanno un’opportunità per superare lo shock affrontato nella prima metà dell’anno. Per Ward dovranno riuscire a “coprire una buona parte dei volumi di produzione del 2020 con livelli di prezzo ragionevolmente forti”.
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