Affinché gli interventi di riduzione della povertà energetica siano efficaci, è necessario che si basino su un approccio multidimensionale che tenga conto di tutti gli aspetti legati alla giustizia sociale, dalla formazione alla trasparenza, dall’empowerment alla tutela dell’ambiente, fino al rispetto dei bisogni e del benessere di ogni singolo cittadino.
È quanto emerge da uno studio pubblicato il 14 giugno dal Centro comune di ricerca (Joint Research Centre, JRC) della Commissione europea, realizzato dalle ricercatrici Ruth Shortall e Anna Mengolini.
Un fenomeno ancora difficile da inquadrare
Si stima che, nell’Unione europea, la povertà energetica riguardi circa cinquanta milioni di persone. Viene descritta come “il mancato accesso ai servizi energetici essenziali, fra cui il riscaldamento, il raffrescamento, l’illuminazione e l’acqua calda”: questa la definizione fornita dalla Energy Efficiency Directive.
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Le politiche comunitarie si sforzano di affrontare la questione come parte di una transizione energetica giusta e inclusiva; tuttavia, a causa delle complesse origini del fenomeno e degli impatti sottovalutati degli interventi energetici, non è sempre chiaro se determinati approcci portino a risultati complessivamente più equi per i cittadini coinvolti.
I fattori sociotecnici da considerare
Coinvolgere le organizzazioni locali nell’elaborazione dei progetti e sfruttare metodologie tipiche delle scienze sociali, tenendo conto dei fattori sociotecnici, può aiutare a incrementare l’efficacia delle iniziative, secondo le autrici dello studio.
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Tra i fattori da prendere in considerazione, rientrano le crisi (come la pandemia di Covid-19), le politiche inadeguate, la mancanza di fiducia, la mancanza di responsabilità, la scarsa conoscenza, i fattori di stress (che incidono sulla qualità della vita delle famiglie), l’assenza di motivazione, gli squilibri di potere, gli aspetti culturali, la povertà sociale, la mancanza di coordinamento, le specificità legate all’area geografica, l’inadeguatezza di edifici e infrastrutture, l’elevato costo delle ristrutturazioni, la scarsità di risorse destinate al sociale. Questi aspetti sono interconnessi e incidono sulla capacità delle famiglie di modificare i propri comportamenti e aumentare i risparmi energetici.
Pro e contro dei progetti sulla povertà energetica finora esaminati
Le ricercatrici hanno riscontrato come alcuni progetti – sette quelli analizzati – siano stati capaci di aumentare l’accessibilità economica dell’energia e l’alfabetizzazione energetica dei cittadini, ma abbiano avuto un impatto minore su aspetti come la trasparenza di contratti e bollette e l’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni. Le tecnologie digitali sono state utilizzate in misura diversa, con un minore ricorso a tecnologie avanzate come i contatori intelligenti.
Il solo utilizzo della tecnologia avanzata per le famiglie in povertà energetica non sembra garantire risultati migliori in termini di equità, per via di fattori legati alla connettività o all’alfabetizzazione digitale. Questo evidenzia la necessità di un cambiamento sistemico, piuttosto che di soluzioni provvisorie, inserendo la transizione energetica in un contesto più ampio di giustizia sociale e focalizzandosi sui risultati a lungo termine.
Gli scenari futuri
“Saranno necessarie ulteriori ricerche per definire ulteriormente i metodi per misurare gli impatti della giustizia energetica, e questi possono essere qualitativi, quantitativi o una combinazione di entrambi”, scrivono Mengolini e Shortall in conclusione.
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“I decisori politici dovrebbero essere consapevoli che la comprensione del contesto locale risulta essenziale per chi progetta le politiche. Sebbene l’UE richieda una transizione giusta ed equa, il suo significato esatto è confuso, rendendo difficile la misurazione utilizzando i dati degli indicatori esistenti. Dalle interviste è emersa ripetutamente una questione relativa alla necessità di includere indicatori sugli impatti sociali nei KPI del progetto, in particolare la necessità di misurare gli effetti a lungo termine. Gli intervistati hanno sottolineato anche la necessità di bandi di finanziamento per la ricerca più flessibili, per consentire al team di progetto di affrontare crisi impreviste o contesti politici in rapido cambiamento”.
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