I popoli indigeni rivendicano il loro diritto a una transizione equa

I leader provenienti dalle sette regioni socioculturali del mondo hanno elaborato un documento contenente undici principi

Quasi cento leader indigeni provenienti dalle sette regioni socioculturali del mondo (l’Africa; l’Artide; l’Asia; l’America centrale e meridionale e i Caraibi; l’Europa dell’est, la Federazione Russa, l’Asia centrale e la Transcaucasia; il Nord America; e il Pacifico) hanno raggiunto un accordo unanime riguardo alla definizione del concetto di “transizione equa”, nel rispetto dei diritti dei popoli indigeni coinvolti.

Indigeni
Foto di Cultural Survival

L’obiettivo è tutelare luoghi sacri e ricchi di biodiversità

La notizia è stata resa nota il 23 ottobre da Cultural Survival, in occasione della COP16, anche se il documento elaborato dai leader, che racchiude undici principi, è stato redatto in occasione del Summit che li ha coinvolti dall’8 al 10 ottobre in Svizzera.

“Le attività che vengono proposte o svolte sulle nostre terre, ghiacci, acque e territori in nome della transizione, della green economy e dell’energia pulita, senza il nostro consenso libero, preventivo e informato, o che minacciano i nostri luoghi sacri, le nostre pratiche culturali e fonti alimentari, o che violano in altro modo i nostri diritti, non rappresentano una transizione equa”, si legge nel documento.

E costruire un’economia veramente giusta

“Due anni fa, abbiamo iniziato a convocare leader indigeni da tutto il mondo per affrontare la crescente violenza, i danni e gli impatti negativi che la cosiddetta transizione energetica sta perpetuando sulle nostre terre e sulle nostre comunità, gli stessi impatti che i popoli indigeni subiscono dalle pratiche estrattive di combustibili fossili”, ha dichiarato Rodion Sulyandziga, che ha presieduto il comitato di coordinamento del Summit.

“Il culmine è stato il nostro Summit sulla giusta transizione indigena, insieme a questo accordo unanime sulle definizioni, i principi e i protocolli che devono essere fondamentali per la giusta transizione. Questi sono i primi passi per chiunque – che si tratti di aziende, Stati o imprese guidate dagli indigeni – per costruire un’economia veramente giusta, sostenibile e inclusiva per tutte le persone del mondo”.

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Ecco, dunque, gli undici principi:

  1. diritto alla vita;
  2. diritto all’autodeterminazione e alla sovranità dei popoli indigeni;
  3. decolonizzazione;
  4. restituzione delle terre ai nativi e ripristino degli ecosistemi;
  5. rispetto delle tradizioni indigene;
  6. trasparenza e affidabilità;
  7. riparazione di ingiustizie storiche;
  8. completa salvaguardia delle popolazioni indigene;
  9. riconoscimento del loro ruolo e delle loro responsabilità;
  10. finanziamento dei progetti volti a limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C;
  11. catene di approvvigionamento rispettose dei diritti umani.

I leader presenti al Summit in Svizzera si sono impegnati a promuovere la diffusione di questi principi a livello internazionale, difendendo i loro popoli e gli ecosistemi che custodiscono.

L’implementazione del documento

Per quanto riguarda l’implementazione, chiedono “una mappatura completa e procedure di due diligence riguardanti l’estrazione dei minerali critici e i relativi impatti sociali e ambientali”, e auspicano che “aziende, governi, meccanismi finanziari, settore privato, tutte le parti responsabili, si assumano la piena responsabilità delle loro azioni e agiscano per compensare i danni, la perdita del patrimonio culturale e altri impatti negativi dell’estrazione mineraria sulle terre ancestrali, sulla biodiversità e sulle pratiche culturali e spirituali”.

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Il ruolo dei popoli indigeni nella tutela della natura

“Per troppo tempo, le voci indigene sono state emarginate. Dall’Amazzonia all’Artico, la protezione del nostro ambiente è sempre stata intrecciata con la protezione della nostra gente. Siamo i custodi degli ecosistemi più vitali del mondo, dalle foreste pluviali alle praterie, e siamo i primi a soffrire quando questi ecosistemi sono minacciati”, ha commentato Sulyandziga.

“Il mondo deve capire che non può esserci giustizia climatica senza giustizia indigena. Non può esserci transizione verde senza la piena partecipazione dei popoli indigeni. Proteggere la Terra significa proteggere le persone che l’hanno sempre protetta. Questa è una nostra responsabilità, ed è anche un nostro diritto. Senza la conoscenza indigena, la ricerca di un futuro verde è un viaggio senza mappa. E senza le voci indigene, anche l’economia più verde si esaurirà”.


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