Le migrazioni climatiche sono un fenomeno in continua crescita. La Banca Mondiale ha stimato che il costante aumento delle temperature su scala globale potrebbe mettere circa 140 milioni di persone nelle condizioni di dover lasciare il proprio Paese d’origine a causa di fenomeni meteorologici estremi. Si tratta di una situazione che rimarrebbe molto critica anche nel caso in cui le temperature mondiali riuscissero a restare al di sotto dei 2 gradi centigradi. In questo caso infatti ci sarebbero ancora 40 milioni di persone che risulterebbero vulnerabili, perché insediate in luoghi che stanno diventando sempre meno abitabili.
La situazione in Bangladesh
Uno dei Paesi più colpiti dal fenomeno delle migrazioni climatiche è il Bangladesh. La popolazione nella capitale, Dhaka, si attesta a quota 18 milioni, ma sta rapidamente salendo. Secondo una recente stima, infatti, solo nel 2015 2000 migranti al giorno si sono trasferiti in città. Di queste persone il 70% è fuggito per motivi ambientali.
A influire sulla situazione critica del Paese è la sua posizione, circa un metro sopra il livello del mare. Il territorio infatti è interessato da periodiche inondazioni che, abbinate all’aumento delle temperature e all’innalzamento del livello del mare, potrebbero portare, secondo gli scienziati, alla perdita nei prossimi decenni di circa il 25% del territorio. Questa situazione si potrebbe tradurre, secondo le stime del governo, nella creazione di circa 25 milioni di rifugiati climatici.
Ciad, nel 2012 500 mila persone in fuga
Se ci si sposta in Ciad la situazione non è migliore. Nel solo 2012, più di 500.000 persone sono state costrette a lasciare il Paese a causa delle temperature medie in continuo aumento che causano, a loro volta, fenomeni atmosferici estremi. Solo per fare un esempio, il lago Ciad, che aveva una superficie di circa 25 mila km quadrati, potrebbe scomparire entro i prossimi 25 anni secondo una stima della NASA. Un fenomeno preoccupante se si pensa che sono già 2,4 milioni gli sfollati, mentre ancora 38 milioni di persone dipendono dalle risorse idriche del bacino, ma potrebbero essere costrette a spostarsi nei prossimi anni.
La situazione negli USA
Anche negli Stati Uniti i cambiamenti climatici stanno rendendo inospitali diverse zone del Paese. Qui gli effetti del riscaldamento globale si traducono, oltre che nell’innalzamento delle temperature e in numerosi incendi, anche in una maggiore intensità degli uragani. I modelli previsionali parlano in particolare di un aumento del 45-87 percento negli uragani di categoria 4 e 5 negli ultimi due o tre decenni.
Secondo uno studio di un team di ricercatori dell’Università della Georgia un aumento di 1,8 metri del livello del mare causato da un aumento delle emissioni porterebbe ogni stato degli USA a sperimentare le migrazioni climatiche entro il 2100. Nello specifico sarebbero 13 milioni gli sfollati, di cui 2,5 milioni provenienti dalla sola Florida. New Orleans invece perderebbe altri 500.000 abitanti, che si sommerebbero ai 100.000 già andati via per l’uragano Katrina nel 2005.
Dal Centro America agli USA
Il fattore clima è anche uno degli elementi che sta influenzando le migrazioni dal centro America agli USA, sommandosi alle questioni sociali e all’instabilità politica. Nella regione che comprende Guatemala, El Salvador e Honduras, infatti, come sottolinea il Guardian, si fanno sentire in modo rilevante gli effetti del riscaldamento globale. In questi paesi la temperatura ha subito un incremento di circa di 0,5 ° C a partire dal 1950, con effetti sia sugli eventi meteorologici sia sull’agricoltura del luogo. Secondo alcune previsioni nei prossimi anni la situazione dovrebbe peggiorare, con un aumento marcato di siccità in alcune zone e una maggiore frequenza di inondazioni in altre.
Una città galleggiante per i migranti climatici
Per cercare di arginare il fenomeno delle migrazioni climatiche non sono mancate proposte innovative. E’ questo il caso di Oceanix city, il progetto di una città galleggiante destinata ai futuri rifugiati climatici, iniziativa che ha ottenuto il sostegno dell’ONU. Queste strutture, progettate per essere resistenti a eventi meteorologici estremi, dovrebbero collocarsi a circa 1,5 km a largo delle coste e dovrebbero essere formate da una serie di piattaforme galleggianti esagonali da 15 mila metri quadri. In totale, in questo modo, si potrebbero ospitare 10 mila persone.
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