La transizione energetica richiede l’uso di tecnologie che necessitano di materie prime critiche, cioè in via di esaurimento e spesso disponibili solo in alcune aree del pianeta. Si tratta di un fatto di cui si discute da tempo. Ora a questa problematica si va ad affiancare il tema della qualità del materiale che via via andando ad esaurire il proprio tenore, cioè la proporzione di un metallo in una lega o soluzione. Su questo fa riflettere l’analisi “Materie prime: Il costo energetico della scarsità” a cura dell’Ing. minerario degli Amici della Terra Giovanni Brussato.
Lo studio diffuso ieri 28 novembre nel corso della XV Conferenza dell’efficienza energetica organizzata dall’Associazione lascia spazio a pochi dubbi. Meno il minerale è puro, più complicato è estrarre quantità significative. Questo vuole dire più costi di estrazione e un aggravio di costi finali sempre maggiore con spesso anche più impatto ambientale.
“Industrie importanti come il settore del rame dimostrano come questa energia di estrazione si sia quadruplicata negli ultimi anni” rimarca Brussato nella video intervista che segue.
La prossima risorsa primaria a rischio: l’acqua
Spesso questo tipo di estrazioni necessita di acqua dolce. Una risorsa sempre più preziosa e che non dimentichiamo è al centro anche dello storage di idrogeno.
“La dipendenza tra l’acqua, l’energia e l’uso dell’acqua è strettamente connesso al tenore del minerale” spiega Brussato. Indicando che minerali con meno tenore sono sempre più comuni rispetto a filiere estrattive in via di esaurimento. Il che implica che serve aumentare la quantità di acqua dolce per estrarre materia prima. Da qui nasce la forte criticità ambientale e di sussistenza stessa della vita sul Pianeta: “le compagnie minerarie si stanno sempre più approvvigionando di acqua salmastra il che vuole dire trasporto e desalinizzazione. Questo abbiamo visto (nello studio n.d.r.) diventerà il secondo costo energetico per produrre una tonnellata di rame entro la fine di questo decennio”.
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