L’industria dell’Oil & Gas sta vivendo una quarta rivoluzione industriale, quella della digitalizzazione. Sicurezza, alti standard di qualità e attenzione all’ambiente sono i cardini su cui si muove questo processo, che viene messo a fuoco nella edizione del Rem di quest’anno a Ravenna (14-15 marzo). Ne abbiamo parlato con il coordinatore scientifico Enzo Titone.
L’edizione di quest’anno guarda all’energia sotto il profilo dell’industrializzazione digitale nell’Oil & Gas è questo il nuovo “petrolio” dell’energia?
Ci troviamo di fronte alla quarta rivoluzione industriale che porterà a un radicale cambiamento del modo di lavorare. E la trasformazione riguarda trasversalmente tutto il mondo industriale. Già se ne vedono i primi frutti in Italia. Dopo il lancio del Piano Industria 4.0 nel 2016, a consuntivo 2017 si registra un tasso di crescita della produzione industriale del 3,4%, con un incremento dei macchinari, definito scherzosamente cinese dal Ministro Calenda, di oltre il 10%. Se da un lato la grande industria già sperimenta gli enormi vantaggi della digitalizzazione, le medie e piccole imprese devono maturare questo nuovo approccio. Il convegno, articolato su due giorni, presenterà i vantaggi fiscali del Piano MISE, le positive ricadute in termini di maggiore efficienza e competitività da un lato e di migliore sicurezza e protezione ambientale dall’altro nelle esperienze dei big player e infine il ruolo delle università come centri di supporto e formazione orientata ai nuovi processi.
Gli attori energetici sono pronti a convertirsi al 4.0?
Tutto il settore energetico è molto attivo nel campo della digitalizzazione. In particolare, per quanto riguarda il settore O&G, significativo è il titolo di un recente articolo di Ed Crooks sul FT “Turning data into oil”. Il settore petrolifero genera una quantità ingente di dati, strutturati e non, che sono in costante aumento. Parliamo di dati sismici, di informazioni raccolte sui campi produttivi e nelle attività di perforazione. La gestione di questi big data attraverso hub centralizzati e piattaforme in grado di ricevere, interpretare e validarli in tempo reale consentirà significativi miglioramenti. I primi test pilota di BP su 180 pozzi hanno consentito un aumento di produzione del 20%. Lo shale oil è tornato a essere competitivo in un mercato ancora depresso. Che dire poi del Eni Green Data Center che dispone di uno dei super computer più potenti al mondo nel settore privato e che ha consentito, grazie alla sua capacità di calcolo, le ultime significative scoperte: “turning data into oil”.
La digitalizzazione spaventa per un abbattimento di posti di lavoro, come vede lei il profilo dell’azienda energetica di domani?
Come per tutti i cambiamenti c’è la paura di ciò che non si conosce e non si vede. Mi ricordo quando negli anni settanta si automatizzarono le centrali di trattamento gas, gli operatori, abituati a operare sull’impianto, erano timorosi persino ad avvicinarsi al quadro di comando in sala controllo. Poi siamo passati all’uso dei computer e il personale è cresciuto di pari passo. Oggi ci troviamo di fronte ad un cambiamento più radicale che comporta non solo cambiamenti a livello tecnologico e operativo ma anche un cambiamento notevole nel management. Al convegno di Davos, uno dei guru della Silicon Vallley ha affermato che due su tre dei nostri nipoti oggi non possono sapere che lavoro faranno da grandi. Ecco perché al nostro Convegno abbiamo fortemente voluto la presenza delle Università che con l’istituzione dei Competence Centre offrono supporto all’industria sui nuovi processi e al personale idonea formazione orientata ai nuovi processi.
Il tema è stato colto con immediatezza dai diversi player coinvolti?
I grossi player hanno da tempo colto l’importanza della trasformazione in atto e sono tutti molto avanti nella sua implementazione. I temi e le testimonianze che porteranno al Convegno sono molto significative in tal senso. Nel panorama generale italiano però c’è ancora molta resistenza ad aprirsi al nuovo. Quindi confrontarsi con i big player e con le Università rappresenta un’occasione unica per comprendere l’importanza del cambiamento. A detta di molti analisti, chi non saprà cogliere il momentum rischia di non mantenere, nei prossimi cinque/dieci anni, una posizione competitiva sul mercato internazionale.
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