A dieci anni dal referendum per la liberalizzazione dell’acque le sfide del comparto utility sono più che raddoppiate. Economia circolare, elettrificazione, uso massiccio di rinnovabili. Una struttura che nel complesso valorizza il sistema Paese e lo trasporta nel prossimo futuro seguendo le sfide del Pnrr. Su questo e altro Canale Energia a colloquio con la presidente di Utilitalia Michaela Castelli.
Con il premio Manager dell’anno le è stato riconosciuto un grande impegno associativo per la guida verso la transizione ecologica. Quali sono i prossimi obiettivi verso l’impegno alla transizione ecologica?
I prossimi obiettivi riguardano essenzialmente la nostra capacità di realizzare quanto indicato dal Pnrr. Non si tratta di una semplice esecuzione delle opere ma di una strategia che coinvolgerà l’intero Paese. Se la transizione ecologica è per sua definizione un momento di passaggio, allora il nostro impegno sarà quello di rendere questo passaggio veloce, efficace e concreto. Certo, guardando alla situazione attuale, sarebbe opportuno che il decreto Semplificazioni abbia una corsia preferenziale; con la speranza che riesca a portare davvero a uno snellimento delle procedure burocratiche e a una maggiore accelerazione della fase degli iter di autorizzazione. E’ fondamentale rispettare il cronoprogramma per non perdere questa storica opportunità offerta dal Next Generation EU. Inoltre è bene evidenziare che il decreto Semplificazioni ha previsto uno snellimento solo per i progetti inseriti nel Pnrr: sarebbe invece importante prevedere semplificazioni negli iter autorizzativi che riguardano il settore dei rifiuti nel suo complesso.
Utilitalia come associazione, racchiude asset strategici nel sistema Paese, energia, gas, acqua e rifiuti. Prevede sempre più concentrazione e interscambiabilità tra i gestori di queste reti?
Le rispondo con un’altra domanda: perché no? Perché non portare il know how di un settore all’interno dell’altro? Penso, ad esempio, all’assimilabilità tra energia e rifiuti. Se parliamo di economia circolare, non possiamo escludere – anche perché di fatto già avviene, con livelli di eccellenza nel nostro Paese – che il ciclo dell’acqua sia ricondotto a quello dei rifiuti, oppure che l’efficienza energetica abbia anche a che fare con il risparmio dei consumi. Ma c’è anche un altro motivo, quello della garanzia per i cittadini: ovvero l’affidabilità di avere un gestore industriale, che riesce a offrire dei servizi elevati e standard omogenei su tutto il territorio nazionale. La dimensione di impresa oggi conta.
Forse dei diversi comparti il rinnovo più grande spetta ai rifiuti, l’Associazione italiana compostaggio suggerisce di guardare nello specifico all’umido come si fa già con l’energia, con un approccio diffuso. Pensa che potrebbe essere una soluzione auspicabile dalle utility? Altro tema è l’economia circolare. Di recente state tornando sul argomento dei tessuti ma ci potrebbe essere a breve una visione di sistema anche con altri consorzi?
I territori hanno loro specificità, e a quelle bisogna adeguarsi per offrire la soluzione migliore. Le comunità energetiche sono concettualmente una bellissima realtà, ma applicare lo stesso paradigma ai rifiuti non penso abbia le stesse possibilità. La questione dell’igiene ambientale non può risolversi con la gestione a carico della stessa popolazione, o meglio con quel tipo di metodo che ha alla base l’idea della condivisione e dell’autoconsumo. Forse, come giustamente evidenzia, qualche spiraglio potrebbe esserci per quanto riguarda la frazione organica, magari con dei mini-biodigestori di quartiere oppure con la giusta tecnologia di condominio. Quanto alla visione di sistema con i Consorzi, già esiste ma, pur lavorando per un obiettivo comune, giochiamo su due campi differenti.
Sono trascorsi 10 anni dal referendum per “adeguata remunerazione del capitale investito” dell’acqua pubblicato (12-13 giugno 2011). Secondo lei sono stati fatti passi avanti nel settore idrico o la scelta di questo referendum ha condizionato in modo definitivo il comparto? Come associazione proporreste di ripeterlo? Ci sarebbe un risultato diverso oggi?
Grazie anche alla regolazione dell’Arera, il settore idrico in questi anni ha visto crescere gli investimenti in maniera considerevole. Importanti passi avanti sono stati mossi, ma molto resta ancora da fare sul fronte delle perdite di rete, della depurazione e più in generale del gap tra il Sud e il resto del Paese. Arera, inoltre, dovrebbe incentivare maggiormente gli operatori che anticipano l’adozione di soluzioni innovative e quelli più efficienti, oltre che prevedere il meccanismo di riconoscimento in tariffa ex post. Quanto al risultato del referendum, non posso immaginare quale sarebbe il risultato, se riproposto oggi. Credo però che in questo periodo sia emerso chiaramente che non è importante l’assetto proprietario, ovvero se la gestione dell’acqua è in mano a una società privata, pubblica o in house. Quello che conta è il livello del servizio offerto al cittadino.
La sfida dell’elettrificazione e dell’abbattimento di emissioni guarda a una revisione del mercato energetico che coinvolge anche il gas (inteso anche come green gas) per rispondere anche all’esigenza di stabilità della rete. Utilitalia come si pone davanti a questa prospettiva?
Il gas rappresenta un importante elemento di transizione perché può fornire la stabilità alla rete, nei momenti in cui le rinnovabili non riescono a garantire pienamente il fabbisogno energetico. Ma l’obiettivo resta quello dell’elettrificazione, e le rinnovabili rappresentano il mezzo per arrivarci. Senza dimenticare le prospettive offerte dall’idrogeno, su cui tra l’altro proprio il Pnrr conta di impiegare molte risorse. E naturalmente, siccome parliamo di idrogeno “verde” prodotto dalle rinnovabili, non possiamo permetterci di farci trovare impreparati di fronte a questa sfida.
Mobilità elettrica, efficienza energetica nelle case, IoT: le utility stanno ampliando sempre di più le loro possibilità di relazione con l’utente finale. Come vede questo rapporto nel prossimo futuro?
La verità è che il prossimo futuro è già qui: quello che pensiamo per domani, va fatto oggi. Per questo, quando parliamo di elettrificazione non possiamo non pensare alla mobilità: più colonnine di ricarica, con un’infrastruttura di rete solida, diffusa e alimentata da rinnovabili. Efficienza energetica e risparmio, ma anche attenzione alla domotica e a tutte le possibilità che offre oggi l’Internet delle cose. Sono esempi di come dai servizi pubblici si possa ottenere un miglioramento della vita quotidiana delle persone. Non più utenti, quindi, ma cittadini che indicano e in alcuni casi scelgono il percorso che intendono seguire.
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