Coesione E1624357665471

Il concetto di produzione del valore sta cambiando in tutti i settori, soprattutto in seguito ai nuovi modelli che si fanno largo grazie al concetto di sostenibilità, open innovation, accesso ai finanziamenti attraverso il crowdfunding e le nuove tecnologie, oltre ad una digitalizzazione che va diffondendosi.

A prescindere da questi aspetti, ce n’è uno che è stato individuato e si è rivelato essere il motore della capacità di cooperare e costruire comunità che condividono esperienze ed informazioni, strumento fondamentale per superare tutte le crisi. 

Ebbene, è la coesione, come emerge dal rapporto “Coesione è competizione. Nuove geografie della produzione del valore in Italia”, presentato lo scorso 18 giugno online, realizzato da fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere in collaborazione con Aiccon, Ipsos e Centro studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne, introdotto da Ermete Realacci, presidente della fondazione Symbola e Gian Maria Gros-Pietro, presidente Intesa Sanpaolo.

“La coesione, come ha detto il presidente Draghi, è un dovere morale. Ma è anche un formidabile fattore produttivo, afferma il presidente della fondazione Symbola, Ermete Realacci, in particolare in Italia, come dimostra ‘Coesione è competizione’. Anche per questo l’Unione Europea ha indirizzato le risorse del Next generation Eu e larga parte del bilancio comunitario 2021-27 per rilanciare l’economia su coesione, inclusione, transizione verde e digitale. Con l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050. Una sfida di enorme portata che chiede unità al Paese e vede protagoniste le imprese raccontate in questo rapporto”.

Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, ha commentato: “Il rapporto Symbola, realizzato con la collaborazione di Intesa Sanpaolo, evidenzia l’efficacia dell’approccio coesivo. In questo particolare periodo, la collaborazione tra enti diversi ha portato risultati straordinari in campo economico, sociale e soprattutto della sanità. Intesa Sanpaolo crede nel valore della vita di comunità, sia essa di persone, di imprese, di Stati. In questa direzione vanno gli oltre 400 miliardi di euro di erogazioni a medio-lungo termine che la Banca destina a imprese e famiglie in ambiti strettamente collegati al Recovery plan come transizione ecologica e digitale, infrastrutture, trasporti, progetti di rigenerazione urbana, a supporto del Piano nazionale di ripresa e resilienza”.

I numeri del rapporto “Coesione è competizione”

imprese coesiveDal rapporto emerge che le imprese coesive abbiano un valore aggiunto rispetto a quelle che non lo sono: esportano il 58% in più rispetto al 39% delle non coesive; fanno il 39% in più di eco-investimenti; investono maggiormente per migliorare prodotti e servizi, esattamente il 58% contro il 46% delle non coesive e adottano misure legate al Piano transizione 4.0, esattamente il 28% contro l’11%.

Sono le stesse che investiranno in processi e prodotti a maggior risparmio energetico, idrico e minor impatto ambientale nel triennio 2021-23. Possiedono inoltre, una maggiore capacità di rapportarsi al mondo della cultura, attraverso donazioni e sponsorizzazioni: la quota delle imprese che dichiarano di intraprendere questo tipo di iniziative è pari a 26% nel caso di quelle coesive, mentre per le aziende classificate come non coesive è dell’11%. 

Il dato sulla digitalizzazione è anch’esso interessante: la quota delle imprese che hanno adottato o stanno pianificando di adottare misure legate a Transizione 4.0 è pari al 28%. 

Nel 2020, le imprese coesive valutate tra le imprese manifatturiere con addetti compresi tra 5 e 499 incidono per il 37%, si parla quindi di 49.000 imprese, dato che registra un aumento rispetto al precedente rapporto, nel quale il valore si attestava al 32%.

Un impatto positivo anche sul genere

La coesione è un fattore che incide positivamente anche sul genere: sono stati compiuti passi importanti con un incremento della presenza femminile nei cda delle società quotate, passato da 170 nel 2008, il 5,9%, alle 811 odierne, ovvero il 36,3%, mentre nei collegi sindacali si è passati dal 13,4% del 2012 al 41,6% del 2019, con 475 donne.

Il valore della qualità

L’indagine condotta da Ipsos mette in rilievo che, insieme al valore della sostenibilità, per i cittadini assume importanza il tema della qualità: attualmente, due italiani su tre sono disposti a riconoscere alle imprese che hanno atteggiamenti coesivi, un premium price sui loro prodotti e servizi. Una differenza di prezzo che in media è del 10% in più a favore di queste imprese.

L’ambiente come stakeholder

Ipsos rileva anche che, il 52% degli intervistati mette al primo posto l’ambiente, facendolo seguire dai clienti (51%) e i dipendenti (48%); mettono al quarto posto le comunità e i territori in cui le imprese operano (41%). 

Oltre a ciò, emerge che per il 75% degli italiani, gli obiettivi perseguiti dalle imprese sono prettamente economici e solo per il 25% sono legati anche al benessere dei lavoratori e dei clienti. Contemporaneamente, per l’89% è ben chiara la percezione dell’importanza del ruolo delle imprese nel modello di sviluppo.

La geografia delle imprese coesive

Quasi il 70% delle imprese coesive è localizzato al nord, oltre il 50% è concentrato in tre regioni: Lombardia (26,3%), Veneto (13,6%) ed Emilia-Romagna (13,4%). 

Nel rapporto appare chiara una relazione positiva tra benessere economico e presenza di questo genere di imprese nel territorio: le regioni in cui la loro incidenza è più elevata sono anche le regioni in cui si riscontra un pil pro capite più elevato. 

Ma la loro diffusione è fortemente associata anche al benessere sociale e ambientale dei territori, un differenziale di prezzo che in media è del 10% in più a favore delle imprese coesive. 

Infine, mettendo in relazione la presenza di queste ultime con gli indicatori Bes (Benessere equo sostenibile) dell’Istat, si riscontrano delle correlazioni positive per aspetti quali: qualità del lavoro, qualità dei servizi, e politica e istituzioni. 


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