La perdita di servizi ecosistemici aggraverà le disuguaglianze economiche

Lo rivela uno studio realizzato con il contributo del CMCC e pubblicato su Nature.

Servizi ecosistemici
I servizi ecosistemici a livello globale © Bastien-Olvera, B.A., Conte, M.N., Dong, X. et al. Unequal climate impacts on global values of natural capital. Nature (2023)

I servizi ecosistemici, ovvero i benefici che gli ecosistemi offrono al genere umano, sono destinati a diminuire del 9 per cento entro il 2100, a causa della distruzione del capitale naturale. L’allarme arriva da uno studio condotto dagli scienziati della UC Davis e della UC San Diego, con il contributo dei ricercatori del CMCC.

L’impatto della crisi climatica sul PIL globale

I risultati della ricerca, pubblicati il 18 dicembre sulla rivista Nature, svelano come i benefici offerti dalla natura diminuiscano all’aumentare della pressione dei cambiamenti climatici sugli habitat naturali. Entro il 2100, l’incremento dell’anidride carbonica nell’atmosfera e i mutamenti indotti nella vegetazione e nelle precipitazioni comporteranno una riduzione media dell’1,3 per cento del prodotto interno lordo (PIL) in tutte le nazioni prese in esame.

biomi, servizi ecosistemici
L’evoluzione dei biomi terrestri in termini di copertura forestale e assorbimento di carbonio © Bastien-Olvera, B.A., Conte, M.N., Dong, X. et al. Unequal climate impacts on global values of natural capital. Nature (2023)

Le conseguenze per i Paesi più poveri

Tuttavia, “il 50 per cento più povero dei Paesi e delle regioni del mondo dovrebbe sopportare il 90 per cento dei danni al PIL, mentre le perdite per il 10 per cento più ricco sarebbero limitate appena al 2 per cento”, spiega il ricercatore Bernardo Bastien-Olvera. Lo studio condotto insieme ai colleghi rivela “una dimensione solitamente trascurata, ma sorprendente, degli effetti dei cambiamenti climatici sui sistemi naturali: la loro capacità di aggravare l’ineguaglianza economica globale”.

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Il ruolo del CMCC

Per giungere a questi risultati, gli scienziati hanno impiegato modelli di vegetazione globale, modelli climatici e dati della Banca Mondiale. Il ruolo del CMCC è stato quello di integrare il capitale naturale nel suo modello climatico-economico RICE50+, che ha un elevato dettaglio regionale. L’obiettivo futuro sarà quello di estendere le ricerche anche agli ecosistemi marini.

“Con questo studio, stiamo integrando sistemi naturali e benessere umano all’interno di un quadro economico. La nostra economia e il nostro benessere dipendono da tali sistemi, e dovremmo tenere conto di questi danni trascurati quando consideriamo il costo di un clima in cambiamento”, commenta la professoressa Frances C. Moore, fra gli autori dell’articolo.

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“Biodiversità e cambiamento climatico sono crisi intrecciate. Questa analisi dimostra che agire su entrambi non è solo nell’interesse del Pianeta, ma anche di tutti noi”, conclude Massimo Tavoni, direttore dell’RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment (EIEE).


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