L’Italia è sul podio dei paesi europei che inquinano la causa dei pagamenti in contante. Seconda solo alla Germania, infatti, la nostra penisola produce quasi 170 mila tonnellate di CO2 con le transazioni di questo tipo, circa 2,7 kg pro capite.
È quanto emerge dalle stime elaborate dalla The European House – Ambrosetti (TEHA), nell’ambito di una survey agli esercenti realizzata dalla Community Cashless Society.Alcune anticipazioni sui risultati della ricerca, raccolti nel Rapporto 2024, che saranno presentati ufficialmente a Cernobbio il 4 aprile.
Perché pagare in contanti inquina?
Può sembrare scontato, ma non lo è: i soldi, che siano di carta o di metallo, inquinano. Inquina produrli, inquina trasportali, inquina persino ritirarli dal bancomat. Secondo le stime di TEHA, i pagamenti cashless presentano un’impronta di carbonio inferiore del 21% rispetto al contante. Normalizzare questo tipo di pagamento darebbe un contributo significativo alla transizione ecologica perché “impatta sulla normalità, introduce la cultura della decarbonizzazione e, soprattutto, non costa nulla”, ha spiegato a Canale Energia Lorenzo Tavazzi, senior partner e responsabile area scenari e intelligence di TEHA.
Questione di abitudine
“La prima motivazione che induce gli italiani a preferire il pagamento in contante è la forza dell’abitudine”, ha continuato Tavazzi. Però, con il tempo, anche le consuetudini più radicate possono cambiare. L’indagine della Community, condotta su 500 esercenti, ha infatti evidenziato come sia in aumento la domanda della clientela per l’accettazione di pagamenti cashless.
Ad oggi, 8 esercenti su 10 sembrano essersi adeguati, sebbene solo una piccola parte accetti modalità P2P, come Paypal e Satispay. Di questi, il 58% ha ammesso di aver introdotto i pagamenti digitali per venire incontro alle richieste dei clienti. Senza tali cambiamenti, i negozianti stimano in media una perdita del 26% della clientela – si legge nel comunicato stampa di TEHA – che può raggiungere picchi superiori al 60%, in settori come alimentari, abbigliamento, bar/tabacchi e turismo.
Il quadro italiano
Spostandosi dal Nord al Sud Italia, diminuisce progressivamente l’utilizzo di pagamenti alternativi al contante. “In molte aree, le difficoltà riguardo alla connettività digitale pongono un freno. E poi c’è il grande tema del sommerso, che affligge l’Italia trasversalmente, e colpisce di più alcuni settori, come i servizi alla persona e il turismo”, ha spiegato Tavazzi.
Una differenza si nota anche passando dalle città metropolitane ai piccoli centri. “Le grandi città sono più attrezzate dal punto di vista infrastrutturale – ha continuato Tavazzi -, c’è più internazionalità e, quindi, più domanda”.
Prospettive future
Le statistiche suggeriscono una crescita esponenziale della quota cashless nei consumi. Ampio spazio stanno conquistando anche i metodi di pagamento avanzati, come il Buy Now Pay Later (BNPL). Nel 2023, il 40% degli utenti ha infatti effettuato almeno il 10% dei propri acquisti online, rateizzando i pagamenti con soluzioni BNPL.
Le opportunità di acquisto online sono sempre maggiori, in un processo di digitalizzazione già in atto da diversi anni e accelerato dalla pandemia. “Non bisogna però dare tutto questo per scontato – ha concluso Tavazzi -. Occorre continuare a lavorare per un percorso di modernizzazione”.
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