L’Industria italiana dell’idrogeno, ha un alto potenziale ma pochi progetti. E’ quanto emerge dall’analisi svolta da The European House – Ambrosetti. L’indagine ha individuato 90 tecnologie che potrebbero generare nel 2050 un valore aggiunto annuo compreso tra i 22,6 e 101,4 miliardi di euro.
Solo in Italia, la filiera dell’idrogeno può contribuire alla riduzione di CO2 per il 28% entro il 2050 generando tra i 320.000 e i 540.000 nuovi posti di lavoro. Per far sì che questo scenario diventi realtà secondo lo studio è necessario applicare una strategia nazionale dell’idrogeno che tenga conto degli elementi di criticità della filiera e della tipologia di fondi realmente a disposizione.
Un vettore energetico per le filiere di difficile decarbonizzazione
Secondo lo studio l’idrogeno rappresenta un’opportunità di sviluppo industriale per le filiere di difficile decarbonizzazione le cosiddette “Hard to Abate”: letteralmente difficili da abbattere. Si tratta quindi di guardare ai trasporti pesanti e all’industria.
“Su scala globale”, si legge nello studio “l’idrogeno contribuirà per l’11% al raggiungimento delle emissioni zero, mentre a livello italiano ed europeo l’idrogeno ha un potenziale di penetrazione superiore al 25% al 2025”.
Le criticità per la crescita dell’idrogeno nell’industria italiana
Un quadro ottimistico considerato che ad oggi i progetti di produzione avviati sono solo 13. Molti di meno rispetto gli altri Paesi Europei e 15 volte meno della Germania.
Lo scenario auspicabile secondo l’indagine è che l’Italia investa sulla filiera dell’idrogeno anche nel settore dell’elettrico dove, con una quota di mercato dell’8,1%, è molto lontana dai risultati ottenuti in Germania (42,3%) e in Francia (14,8%), e nel campo dei sistemi di controllo dove la quota di mercato è ancora più bassa (6,7%).
Una sfida imponente considerato che in Italia, “l’unico meccanismo di sostegno pubblico per il potenziamento della tecnologia per la produzione e la distribuzione dell’idrogeno è il PNRR, che ha stanziato 3,19 miliardi di euro per la produzione di idrogeno in siti dismessi (le “Hydrogen Valley”, 500 milioni), l’utilizzo dell’idrogeno in settori Hard to Abate (2 miliardi), la sperimentazione dell’idrogeno per il trasporto stradale (230 milioni) e ferroviario (30 milioni) e per la ricerca e sviluppo sull’idrogeno (160 milioni)” ricorda il report.
Altra criticità i fondi previsti dagli Stati Uniti con la Inflation Reduction Act (2022). Si tratta di un sistema di tax credit per kg di idrogeno decarbonizzato prodotto. E’ un approccio più agile e accetta tra le possibilità idrogeno anche non necessariamente verde.
La Community Idrogeno di The European House – Ambrosetti ha quindi individuato la necessità di una strategia nazionale sull’idrogeno.
Tra gli obiettivi:
- la promozione della neutralità tecnologica;
- il dialogo fra filiere e istituzioni;
- incentivi all’idrogeno nelle filiere in cui è già in uso quindi il comparto del petrolchimico il cosiddetto idrogeno marrone o grigio;
- favorisca l’uso dell’idrogeno dove non c’è elettrificazione.
“Ciò che serve nell’immediato futuro è definire una visione di policy a lungo termine che coniughi la visione industriale con gli obiettivi di sostenibilità secondo un principio di neutralità tecnologica” sottolinea Valerio De Molli, managing partner & CEO di The European House – Ambrosetti. “Il ruolo guida deve essere affidato a un apparato di governance che collabori con le istituzioni italiane del settore per la realizzazione, il monitoraggio e l’aggiornamento della strategia nazionale dell’idrogeno. Il lavoro della Community Idrogeno di The European House – Ambrosetti si inserisce in questo solco e vuole supportare aziende e istituzioni nel creare le premesse per progettualità di ampio respiro”.
Leggi anche: La strategia italiana per l’idrogeno, secondo Confindustria
Per ricevere quotidianamente i nostri aggiornamenti su energia e transizione ecologica, basta iscriversi alla nostra newsletter gratuita
e riproduzione totale o parziale in qualunque formato degli articoli presenti sul sito.