Idrogeno verde, le strategie per una leadership europea e italiana secondo H2IT

Intervista a Luigi Crema, vicepresidente di H2IT e presidente di Hydrogen Europe Research

A fine luglio, La Commissione europea ha approvato un regime spagnolo da 1,2 miliardi di euro e un regime olandese da 998 milioni di euro a sostegno della produzione di idrogeno verde, accelerando il passo verso il raggiungimento di uno dei suoi più ambiziosi obiettivi.

Idrogeno verde, H2IT
Foto di Rafael Classen rcphotostock.com: https://www.pexels.com/it-it/foto/automobile-spazio-di-testo-sfondo-blu-idrogeno-10670941/

“L’Europa mira infatti a produrre internamente dieci milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile all’anno al 2030 e, per farlo, dovrà impegnarsi a installare sul suo territorio degli elettrolizzatori di grande taglia”, spiega a Canale Energia Luigi Crema, vicepresidente di H2IT e presidente di Hydrogen Europe Research.

“Per il settore manifatturiero europeo si tratta di un’opportunità molto importante per giocare un ruolo chiave nella transizione energetica: la cooperazione tra i Paesi membri su questo tema è cruciale”, prosegue Crema. È per questo che H2IT si è unita alle altre 23 associazioni europee del settore che hanno siglato la cosiddetta Cooperation Charter, volta a promuovere l’adozione delle tecnologie legate all’idrogeno e a sostenere lo sviluppo di una leadership europea che ne guidi la diffusione.

Le richieste in vista della seconda asta dell’Hydrogen Bank

Le associazioni hanno già cominciato a darsi da fare, inviando una lettera alla Commissione europea in vista della seconda asta dell’Hydrogen Bank, prevista entro la fine dell’anno con un budget di 1,2 miliardi di euro. “L’obiettivo è quello di chiedere all’UE di far ricadere l’importante investimento sulla manifattura europea e non su quella estera, evitando così di sprecare l’opportunità di far crescere e rafforzare la filiera interna e moltiplicare il ritorno sull’investimento”, chiarisce Crema.

La prima asta si era conclusa con sette progetti vincitori, per una capacità elettrolitica totale di circa 1,5 GWe; “il 70 per cento degli elettrolizzatori parte dell’asta, tuttavia, era di provenienza cinese. Questo va a detrimento dello sviluppo del settore industriale europeo e del miglioramento della competitività delle nostre industrie”, aggiunge Crema.

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Lo sviluppo delle Hydrogen Valleys in Italia

In Italia, in particolare, ci sono diversi ostacoli da superare, “a partire dal prezzo dell’energia elettrica elevato e non competitivo con gli altri Paesi europei. Servirà uno strumento nazionale, in via di sviluppo al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, per incentivare la produzione di idrogeno rinnovabile che copra il gap di costo esistente con i combustibili tradizionali e l’idrogeno grigio”.

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Grazie al PNRR, sono stati stanziati 500 milioni di euro per la creazione di Hydrogen Valleys su tutto il territorio nazionale, cui si sommano i 90 milioni previsti dal REPowerEU. “Se, da una parte, dagli operatori è arrivato un riscontro positivo verso questa misura, dall’altra rimangono le difficoltà di implementazione, oltre ai tempi strettissimi. Tra i primi ostacoli ci sono i percorsi autorizzativi non chiari e piuttosto lunghi per progetti di questa taglia. In secondo luogo, la difficoltà di trovare un utilizzatore finale che per ridurre le emissioni sia disposto a correre un importante rischio finanziario, dato che ad oggi non ci sono misure di accompagnamento per gli utenti finali”, sottolinea Luigi Crema.

“Vediamo però che i primi progetti, quelli più maturi e con legami solidi con l’utilizzatore finale, cominciano ad avere una configurazione più chiara e vicina all’implementazione. Queste progettualità ci danno occasione di individuare i gap normativi (ed economici) ed elaborare, come associazione a supporto delle aziende, le modalità d’azione migliori per assottigliarli”.

Upskilling e reskilling dei lavoratori per alimentare il mercato dell’idrogeno

Al lavoro svolto da H2IT si aggiunge quello di Hydrogen Europe Research, associazione internazionale senza scopo di lucro che riunisce oltre 150 università ed enti di ricerca, impegnata anche nella formazione della forza lavoro dotata delle green skills utili alla costruzione di un’economia dell’idrogeno.

“Come organizzazione, all’interno della Clean Hydrogen Partnership, siamo partiti da tempo a identificare temi prioritari per la formazione, tra cui l’upskilling o il reskilling della forza lavoro attualmente presente sul mercato, in settori magari vicini a quello dell’idrogeno, come l’industria dell’oil&gas, che in prospettiva dovrebbe vedere ridotto il proprio spazio di mercato lungo il processo di decarbonizzazione”, dichiara il presidente Luigi Crema. Fra le iniziative che mirano a raggiungere questi obiettivi, c’è il progetto GreenSkills4Hydrogen che punta anche a istituire anche una partnership duratura tra industria e istruzione, la cosiddetta European Hydrogen Skills Alliance.

“Inoltre, il programma della Clean Hydrogen Partnership ha di recente avviato un progetto di European Hydrogen Academy che si propone di sviluppare programmi integrati e legati alla formazione di medio e alto livello standardizzati a livello europeo, in modo da garantire lo sviluppo di competenze qualificate”, conclude Crema. Solo puntando sul capitale umano e sulla condivisione di buone pratiche sarà possibile vincere la sfida della neutralità climatica, rendendo l’Europa protagonista di questo percorso.

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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.