Da sempre, gli uomini combattono per la terra. Ne vogliono il possesso, ne desiderano la ricchezza, ne rivendicano la sovranità. Eppure, nell’atto stesso della guerra, quella terra che cercano di dominare viene violentata, distrutta, avvelenata. Il paradosso della guerra è tutto qui; si lotta per un territorio che, alla fine del conflitto, non sarà più lo stesso, mutilato e irriconoscibile.
Questo sta vivendo l’Ucraina. Campi una volta fertili, ora disseminati di esplosivi e metalli pesanti; fiumi e falde acquifere ora avvelenate. L’aria porta con sé le ceneri delle foreste bruciate e le polveri degli edifici distrutti. La guerra sta trasformando la “terra del grano” in un simbolo di devastazione. Davanti ai nostri occhi si sta perpetrando un vero e proprio ecocidio.
La ricostruzione richiederà investimenti senza precedenti e il supporto della comunità internazionale per mitigare l’impatto su una delle economie agricole più importanti del mondo. Uno dei tre punti fondamentali presentati dall’Ucraina durante la COP29 riguarda proprio l’integrazione della sicurezza ambientale nei processi di pace, punto fortemente voluto dal presidente Zelenskiy.
La terra avvelenata: mine, esplosivi e contaminazione del suolo
Il suolo ucraino, che prima dello scoppio del conflitto rendeva la nazione il quinto esportatore mondiale di grano e il terzo di mais e orzo, contribuendo per oltre il 10% alle esportazioni globali di cereali, è oggi devastato e avvelenato dalla guerra. Circa il 29% del territorio nazionale è contaminato da mine e ordigni inesplosi, rappresentando una minaccia costante per la sicurezza delle comunità e un ostacolo enorme per le attività agricole. I bombardamenti e i residui bellici, formati da elementi e composti non biodegradabili utilizzati nelle munizioni e negli esplosivi possono contaminare il suolo e le acque di superficie e, in seguito, avere effetti negativi sulla salute dell’uomo e degli ecosistemi. I metalli pesanti sono tra i contaminanti più frequenti e persistenti nelle zone di guerra; tra cui i principali risultano essere piombo, antimonio, cromo, arsenico, mercurio, nichel, zinco, cadmio e rame. Ad oggi per esempio, alcuni terreni della regione belga delle Fiandre colpiti durante la Prima Guerra Mondiale contengono ancora elevate concentrazioni di rame a causa dell’intenso bombardamento dei campi di battaglia avvenuto oltre 100 anni fa.
Le operazioni militari a terra con il conseguente consumo di carburante hanno ulteriormente aggravato il problema, contaminando pesantemente circa 70 acri di superfice. Inoltre, il passaggio di mezzi pesanti degli eserciti ha compattato e danneggiato il substrato del terreno, riducendone la capacità di rigenerazione e ossigenazione bloccandone la fertilità. La bonifica del terreno richiederà decenni e ingenti investimenti per rimuovere gli esplosivi e ripristinare la fertilità del suolo. Questo tipo di operazioni anche causato la perdita del 25% di chernozem mondiale, uno specifico e raro terreno molto fertile e di colore nero, con un’alta percentuale di humus (dal 4% al 16%) e alte percentuali di composti di fosforo e ammoniaca; perfetto per la crescita di colture molto abbondante in Ucraina e molto scarso nel resto del pianeta.
Inquinamento delle acque e la conseguente crisi idrica del conflitto
La distruzione della diga di Nova Kakhovka avvenuta nel giugno 2023, ha contaminato il fiume Dnipro con lo sversamento di oltre 150 tonnellate di olio motore, grandi quantità di rifiuti organici e un numero imprecisato di mine antiuomo. La rottura della diga ha compromesso l’irrigazione di 584.000 ettari di terreni agricoli, una perdita equivalente a circa il 4% della produzione cerealicola dell’Ucraina se comparata ai dati prebellici. Inoltre, i bombardamenti hanno distrutto 724 strutture idrauliche, 71 stazioni di pompaggio dell’acqua, 64 stazioni di pompaggio delle acque reflue e 23 impianti di trattamento delle acque.
A causa di ciò, 20,7 miliardi di metri cubi di acque reflue sono stati scaricati nelle acque di superficie, contaminando gli ecosistemi limitrofi. Nell’aprile 2022, circa 6 milioni di persone in Ucraina, pari al 15% della popolazione, non avevano acqua potabile. Dopo la distruzione della diga di Nova Kakhovka, circa 1,25 milioni di persone e oltre 300.000 bambini negli oblast di Dnipro, Zaporizhzhia, Mykolaiv e Kherson erano privi di forniture stabili e sicure di acqua potabile.
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Le foreste bruciano: habitat distrutti e biodiversità in pericolo
Oltre 2,4 milioni di ettari di foreste sono stati danneggiati dall’inizio del conflitto e 183.000 ettari sono stati completamente bruciati, un numero 25 volte superiore rispetto al 2021; sprigionando 23 milioni di tonnellate di CO2. Questi danni hanno effetti a lungo termine sulla biodiversità. Alcuni animali, come l’aquila della steppa, la cicogna nera, l’orso bruno, la lince eurasiatica e il barbagianni, sono sull’orlo dell’estinzione a causa delle continue attività militari nei loro habitat. Queste attività militari e l’occupazione del territorio da parte della Russia hanno impedito anche lo svolgimento delle attività di conservazione.
L’aria avvelenata: il costo ambientale dei bombardamenti
I bombardamenti incessanti, la distruzione di impianti industriali, gli incendi boschivi e il movimento continuo di mezzi militari hanno rilasciato nell’atmosfera enormi quantità di sostanze nocive, alterando gravemente la qualità dell’aria.
A Kyiv, nel marzo 2022, i livelli di particolato fine (PM2.5) erano 27,8 volte superiori ai limiti delle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), classificando la città tra le aree più inquinate al mondo durante quel periodo. Non solo, durante i primi 13 mesi di guerra, sono stati distrutti 36 depositi di carburante, tra cui 17 depositi di petrolio, generando così la combustione di 108.000 tonnellate di petrolio, prodotti petroliferi e benzina con il conseguente impatto ambientale.
I movimenti dei mezzi militari, dalle operazioni sul campo agli spostamenti di equipaggiamento pesante, hanno ulteriormente aggravato il problema. La polvere sollevata, combinata con i gas di scarico dei veicoli, ha aumentato la concentrazione di inquinanti atmosferici, rendendo molte aree inabitabili.
Cambiamento climatico: la guerra come acceleratore della crisi
Nel primo anno di guerra, il rilascio stimato è stato di 39,6 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti, non solo, un altro effetto drammatico del conflitto è stato il decommissionamento del 75% degli impianti eolici e del 50% degli impianti fotovoltaici in Ucraina entro la fine del 2022; Questo ha non solo privato il Paese di una quota significativa di energia pulita, ma ha anche aumentato la dipendenza dalle fonti fossili, aggravando ulteriormente l’impronta di carbonio nazionale.
Danni ambientali e impatto economico e agricolo. Dopo l’ecocidio l’Ucraina sarà ancora il “granaio d’Europa”?
Il conflitto ha avuto come visto un impatto disastroso sull’agricoltura. Circa 1 milione di ettari di terreni irrigati sono stati resi inutilizzabili, e si stima che dal momento dell’inizio della bonifica saranno necessari dai 3 ai 5 anni per ripristinarli. Dal punto di vista economico, i danni ambientali causati dal conflitto sono stimati in 56,4 miliardi di dollari.
Da un lato l’Ucraina dichiara che si farà carico di mitigare le conseguenze ambientali della guerra, dall’altro, dato che il conflitto con la Russia ha generato sfide ambientali senza precedenti. La Nazione chiede che vengano attribuire le responsabilità (alla Russia NdR) per i danni recati al fine di delineare piani di ripresa.
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