Il numero di squali vittime della pesca – che si parli di catture mirate o accidentali – è salito da 76 a 80 milioni nel periodo compreso fra il 2012 e il 2019, facendo registrare un incremento del 5 per cento. Circa 25 milioni appartenevano a specie minacciate, fra cui alcune varietà di squali martello.
Le stime indicano che, tenendo conto anche degli elasmobranchi che non è stato possibile classificare, il tasso di mortalità possa salire a 101 milioni. È l’allarme che arriva da uno studio coordinato dai ricercatori Boris Worm dell’Università Dalhousie e Darcy Bradley dell’Università della California. I risultati dell’indagine, che ha riguardato 150 Paesi e territori, sono stati pubblicati l’11 gennaio sulla rivista Science.
Qual è il ruolo degli squali nell’ecosistema oceanico
Gli squali svolgono un ruolo chiave nel mantenere l’equilibrio della rete alimentare marina e contribuiscono in modo importante al sequestro di CO2 negli oceani. Eppure, “sono tra le specie animali più minacciate al mondo. Abbiamo urgentemente bisogno di migliori controlli a mare e lungo la filiera e dobbiamo proteggere in particolare le aree importanti per gli squali come le zone di crescita e di riproduzione”, avverte Simone Niedermüller, esperta della WWF Mediterranean Marine Initiative.
Che cos’è lo shark finning
A mettere in pericolo gli squali c’è la pratica dello shark finning (o “spinnamento”): le loro pinne, infatti, sono molto richieste nei Paesi asiatici. La questione, tuttavia, riguarda anche l’Europa: “Secondo lo studio, infatti, l’Italia è uno dei maggiori consumatori di carne di squalo che, spesso, finisce anche nascosta nei piatti sotto falso nome”, chiarisce Giulia Prato, responsabile Mare del WWF Italia.
L’appello del WWF
La Commissione europea sta valutando la possibilità di varare un apposito regolamento per fermare il commercio di pinne di squalo nell’UE, come auspicato dai cittadini che hanno aderito all’iniziativa “Stop finning – stop the trade”. Si tratterebbe di un grande risultato che non corrisponderebbe però a un punto d’arrivo, quanto a un punto di partenza.
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“Gli squali non vengono catturati solo per le loro pinne: la gestione della pesca deve quindi andare oltre i divieti di finning (il taglio delle pinne che avviene prima di ributtare in mare l’animale ormai agonizzante) e la protezione delle singole specie. Inoltre, occorre tenere conto delle caratteristiche regionali e locali, nonché del coinvolgimento dei pescatori nella protezione degli animali”, conclude Simone Niedermüller.
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