La crisi climatica rispetto alla crisi pandemica è più lenta, ma altrettanto minacciosa, per questo non va vista come qualcosa di lontano e meno urgente.
Le temperature globali raggiungono nuovi record, come quelli rilevati, ad esempio, al Polo Nord dove si osservano anomalie di +20°C rispetto alle medie climatiche del Circolo polare artico. Il pianeta, se non si interverrà tempestivamente, andrà incontro ad un aumento di almeno 3°C di temperatura entro la fine del secolo, con le conseguenze che ne deriveranno, ecco perché è stato fatto l’Accordo di Parigi, affinché gli stati implementino e pianifichino adeguate misure e investimenti in una direzione verde.
Le proiezioni climatiche fanno notare anche per l’Italia un incremento della temperatura fino a 2°C per il periodo 2021-2050, con il conseguente acuirsi di fenomeni climatici estremi e il rischio che corre la maggior parte dei settori dell’economia italiana: la perdita di Pil pro-capite sarebbe superiore al 2,5% nel 2050 e tra il 7-8% entro fine secolo, considerando lo scenario climatico più pessimistico.
I dati del rapporto del Snpa
Tutti dati indicati nel “Rapporto sugli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici” di Ispra e Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, svolto con il contributo delle Arpa regionali, che si è posto come principale obiettivo quello di individuare e mettere a sistema per la prima volta in Italia, gli indicatori disponibili a livello nazionale e regionale nell’ambito del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente.
Il set di indicatori definito delinea un primo quadro sui fenomeni connessi ai cambiamenti climatici sul territorio italiano e rappresenta un sistema che può essere aggiornato man mano anche in funzione di nuove acquisizioni di dati in materia di cambiamenti climatici.
I cambiamenti climatici in Italia
Il rapporto evidenzia i cambiamenti già in corso sul nostro territorio e, nello specifico sulle nostre risorse naturali, come ad esempio: una tendenza alla fusione e perdita costante di massa dei 6 corpi glaciali italiani; il permafrost ad alta quota nelle Alpi occidentali si sta degradando a un tasso di 0.15°C ogni 10 anni in Piemonte e Valle d’Aosta; la temperatura superficiale del mare mostra incrementi ovunque, in prossimità della costa pugliese e lucana si riscontrano i valori maggiori, che superano il valore di 0.08°C/anno e inoltre, la variazione del livello del mare che si innalza ogni anno di più seppur di millimetri. Infine, la siccità in agricoltura in Italia è aumentata enormemente negli ultimi 60 anni, così come il deficit traspirativo della vegetazione.
Ispra, nel suo rapporto, tiene a sottolineare come questi campanelli d’allarme avranno necessariamente ripercussioni sulla nostra economia.
Sviluppi futuri
Inutile ribadire che la crisi climatica sia qui ed ora, per questo le iniziative di contrasto al fenomeno per migliorare ed aiutare gli ecosistemi devono mettere in campo comportamenti, ma anche investimenti nel prossimo futuro.
L’Italia per far fronte ai cambiamenti climatici ha una sua Strategia e Piano di adattamento a livello nazionale, all’interno della quale ha individuato obiettivi ed aree di maggior criticità da monitorare attraverso gli indicatori.
Attraverso quelli utilizzati dal Snpa, dal rapporto emerge un quadro chiaro sullo stato di salute dei ghiacciai, mari ed ecosistemi naturali italiani, che sta peggiorando lentamente.
Sottolinea anche che, il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente ha il ruolo di svelare gli impatti dei cambiamenti climatici, per mezzo del monitoraggio in-situ, della comprensione dei fenomeni osservati e loro evoluzione e della stretta collaborazione con il mondo della ricerca per fare delle previsioni, ma anche grazie al contributo dei cittadini, secondo il paradigma della “Citizen science”.
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