“Le gigafactory asiatiche in UE ricevono aiuti di Stato, ma senza condizionalità di alcun tipo”. Lo afferma Transport & Environment (T&E) sulla base di un nuovo studio, secondo cui la Commissione Europea non avrebbe imposto “il rispetto di alcuna condizionalità ambientale o sociale” alla gigafactory di batterie di Catl in Ungheria e a quella di LG Energy Solution in Polonia. Stabilimenti che però avrebbero ricevuto complessivamente almeno 900 milioni di euro in sovvenzioni pubbliche dai governi dei due Paesi ospitanti. Nelle partnership sulle batterie, come quelle tra Volkswagen e Gotion in Germania e tra Catl e Stellantis in Spagna, sarebbe poi emersa l’assenza di trasferimento di competenze dalle aziende cinesi a quelle europee.
Gigafactory asiatiche in UE: risorse dal Fondo post-Covid
In base alle rivelazioni dello studio, le risorse economiche per finanziare le gigafactory in Ungheria e Polonia provengono per lo più dal Fondo europeo per la ripresa post-Covid: “Tuttavia, in entrambi gli impianti sono state riscontrate violazioni della Direttiva UE sulle emissioni industriali a causa del superamento dei limiti previsti in atmosfera per il Nmp, una sostanza chimica tossica utilizzata nella produzione di catodi”.
Negli stabilimenti ungheresi sono emerse preoccupazioni anche riguardo ai piani di gestione delleacque. Desta, inoltre, allarme la prospettiva di un aumento dei consumi di gas nel Paese, per soddisfare il fabbisogno energetico delle nuove gigafactory, a fronte di un apporto limitato dalle fonti rinnovabili: “Nell’industria europea delle batterie sono state, inoltre, segnalate diffusamente mancate tutele salariali e insufficiente garanzia dei diritti dei lavoratori” afferma nella nota stampa T&E.
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T&E: “Assenza di regole sul trasferimento tecnologico”
Lo studio avrebbe, inoltre, riscontrato l’assenza di regole sul trasferimento tecnologico nei casi degli impianti Volkswagen-Gotion in Germania e Catl-Stellantis in Spagna. Nell’impianto tedesco, sarebbe emerso un ruolo marginale del gruppo tedesco nella produzione di batterie. La partnership, a detta di molti degli esperti intervistati per lo studio, “si ridurrebbe a un mero accordo di fornitura di batterie Lfp (ossia litio-ferro-fosfato), senza comportare ulteriore vantaggio tecnologico e industriale per il gruppo tedesco”.
Nessun trasferimento a lungo termine di tecnologia e competenze neppure in Spagna, dove la joint venture tra Stellantis e il colosso cinese Catl per la produzione di batterie Lfp avrebbe beneficiato, secondo lo studio, di quasi 300 milioni di euro di aiuti pubblici. Il fattore principale, secondo tutti gli esperti intervistati per lo studio, è che “in Europa non esiste un quadro normativo coerente per affrontare la competizione delle aziende cinesi”. Né, parebbe, il quadro sugli aiuti di Stato (il principale schema di sussidi dell’UE), né altri fondi o regolamenti europei, “né le normative a livello nazionale prevedono condizioni di natura sociale, industriale o di altro tipo”, come, ad esempio, clausole su percentuali di beni, servizi o manodopera locale.
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90% delle batterie in Europa è fabbricato da produttori asiatici
T&E rivela che attualmente il 90% delle batterie per auto elettrichee dei sistemi di accumulo, in Europa, è fabbricato da produttori asiatici. Inoltre, il 40% dei progetti di gigafactory annunciati nel continente è cinese o sudcoreano. Una condizione che porterebbe l’Europa a “diventare un mero polo di assemblaggio, un ruolo di estrema fragilità rispetto alle crescenti sfide geopolitiche, economiche e di sicurezza”. Ma può sfruttare la forza del suo ampio mercato unico, che rappresenta un elemento cruciale per la strategia di crescita di numerose aziende asiatiche.
In conclusione, T&E chiede all’UE di presentare una strategia globale per le catene di approvvigionamento delle batterie il prossimo 5 marzo, nell’ambito del Piano d’azione dell’UE per il settore automobilistico: “Con oltre 650 GWh di capacità di batterie fornite da player sud coreani e cinesi, non si deve permettere alcuna corsa al ribasso all’interno dell’Unione. Servono regole chiare sugli investimenti diretti esteri, per garantire un trasferimento completo di tecnologie e competenze”.
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