Lo strapotere russo in ambito energetico è intrinsecamente dovuto al possesso delle risorse ma estrinsecamente al valore che gli acquirenti attribuiscono ad esse. In termini pratici, questo concetto si traduce in un fallimento nelle previsioni strategiche dei paesi europei nei confronti della Russia e una conseguente scarsa diversificazione nell’approvvigionamento delle risorse. Tra poco più di un mese si entrerà nel quarto anno di conflitto e alcuni paesi europei non sono ancora stati in grado di diversificare la fonte delle proprie risorse energetiche; l’Italia non è tra questi essendo stata tra le prime insieme alla Germania a diversificare chiudendo i rubinetti russi. Se strategicamente il Cremlino è stato intelligente a creare in Europa il proprio “feudo energetico”, non è stato altrettanto capace di diversificare il proprio mercato in altre regioni.
Tre anni di conflitto tra guerra in Ucraina e gas russo
In questi tre anni di guerra diversi i capovolgimenti di fronte anche dal punto di vista della propaganda. Da un lato la Russia convinta di aver più leva, di quella che ha effettivamente poi avuto, ha minacciato gli stati europei di sospendere i rifornimenti di gas se avessero continuato a foraggiare l’Ucraina; dall’altro i prezzi del gas sono effettivamente aumentati rivelando una debolezza strutturale concreta nella catena d’approvvigionamento delle risorse.
Il tempo del conflitto ha reso partecipi gli Stati europei di un cortocircuito strategico-gestionale che li ha visti direttamente finanziare e armare l’Ucraina e indirettamente rimpinguare le casse russe con i soldi del gas. Se da un lato quindi la TV russa a Natale 2022 faceva ironia sul fatto che le famiglie europee, senza il loro gas, avrebbero passato le festività al gelo, dall’altro a inizio 2025 il vento sembra cambiato.
Il gas russo, per quanto conveniente, sia a livello di prezzo che a livello infrastrutturale, è una risorsa non più indispensabile per quasi tutti i paesi europei (fatta eccezione per Slovacchia e Ungheria) che a partire dal 2022 sono stati capaci di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento.
Senza gli introiti del suo principale export la Russia è destinata ad una crisi finanziaria annunciata; la macchina della guerra assorbe un’enorme quantità di denaro, e le risorse non garantiscono benessere se bloccate nei giacimenti. La moneta russa subirà un lento declino, momentaneamente rallentato dalle politiche di controllo sui capitali; esso sarà tuttavia inesorabile nonostante la diminuzione di transazioni con l’estero causata da questa sorta di embargo che vige tra Russia e occidente, faccia rallentare l’andamento dell’inflazione.
Quale sarà la situazione del gas russo nel 2025?
Come mostra il grafico qui di sotto, il colosso statale russo dell’energia Gazprom è in caduta libera. Ne la Cina ne altri hanno la necessità e la possibilità di assorbire le quote lasciate dall’Europa. Nonostante il mercato asiatico sia effettivamente cresciuto, è ben lontano dall’essere comparabile a quello europeo. Il 1° gennaio 2025 inoltre sono stati anche chiusi i rubinetti dei gasdotti russi passanti per l’Ucraina, il presidente Zelensky ha tenuto fede alla parola data ed ha lasciato gli impianti aperti fino alla scadenza del contratto. Qual è il futuro del gas russo quindi?
Chi pensa sia una domanda da un milione di dollari si sbaglia; le nazioni europee si sono quasi tutte riassestate, scongiurando l’alba di una crisi energetica; non hanno intenzione di finanziare l’assurda aggressione ucraina del Cremlino attraverso l’acquisto di idrocarburi e anzi, si è quasi azzerato in toto l’acquisto di altre forme di combustibile fossile tra cui principalmente il carbone.
La Cina, che avrebbe potuto svolgere un ruolo cruciale a favore della Russia, sta invece continuando a prendere le distanze da quella che reputa una situazione sfavorevole. A livello economico i principali partner cinesi sono gli occidentali, ricevere sanzioni o incrinare i rapporti con l’Europa per aiutare un paese storicamente (più o meno) vicino a combattere una guerra dalla quale non trarrebbe nulla non è per Pechino un investimento profittevole, considerando poi che il vero colpo di fioretto la Cina lo proverà probabilmente su Taiwan. Un esempio lampante di questa postura cinese è avvenuto proprio lunedì 13 gennaio, quando come riportato da Bloomberg a tre petroliere russe trasportanti oltre due milioni di barili di petrolio è stato negato l’accesso in acque cinesi per scaricare il proprio carico in seguito alle nuove e recenti sanzioni statunitensi.
India come intermediario tra Russia ed Europa?
Si, ma non basta
Se quindi, nonostante il crollo, Gazprom ha visto aumentare il proprio export in Asia. A seguito di nuove sanzioni questo trend potrebbe già essere in diminuzione. Alcune nazioni tra cui principalmente l’India, hanno trovato un così chiamato “loophole” nel sistema.
Ad alcuni lettori sarà capitato di leggere che l’India ha infatti approfittato delle sanzioni occidentali contro la Russia volti ad acquistare gas e petrolio russi a prezzi scontati per poi rivenderli in Europa; tutto vero, ma la notizia è molto meno sensazionalistica di come molti la vogliono far passare.
Dopo aver acquistato il petrolio o il gas non raffinato (e conseguentemente non pesantemente sanzionato) l’India lo tratta all’interno del proprio paese utilizzando le proprie raffinerie, rivendendo quindi i prodotti derivati, come diesel e carburante, ai mercati europei, aggirando in parte il divieto di importazione diretta di energia russa imposto dalle sanzioni.
Alcuni fattori chiave quali la neutralità politica indiana, nonostante sia anch’essa un membro dei BRICS, e le modalità di transazione, rendono questo tipo d’operazione possibile.
Il pagamento avviene generalmente in rupie, convertite poi in rubli non attraverso infrastrutture occidentali come lo SWIFT ma su altri portali quali il cinese CIPS o il russo SPFS; successivamente i pagamenti derivanti dalla vendita del prodotto lavorato in occidente avvengono generalmente attraverso lo SWIFT in dollari. Questo meccanismo ha trasformato l’India in un intermediario energetico strategico che beneficia economicamente della crisi; tuttavia come si può notare dal grafico di cui sopra, grazie alla diversificazione occidentale in materia di approvvigionamento la crescita asiatica, di cui anche questo meccanismo fa parte, va solo in piccola parte a tamponare l’enorme emorragia lasciata nelle tasche russe dall’occidente. Che futuro aspettarsi per il gas russo nel 2025 quindi? Un futuro che vedrà la stabilizzazione del mercato asiatico e, qual ora la situazione geopolitica non dovesse drasticamente migliorare a favore dell’Ucraina, vedrà una Russia sempre più isolata non solo a causa dell’abbandono dei partner occidentali, ma anche dall’accidia e dall’insofferenza che, quelli che avrebbero dovuto essere i suoi partners, i BRICS, hanno dimostrato e stanno continuando a dimostrare nei suoi confronti.
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