Adottare una visione olistica nella valutazione dell’impatto ambientale delle diverse tipologie di alimentazione per i motori delle automobili, analizzando l’intero ciclo di vita delle vetture. E’ questo l’elemento chiave per comprendere in modo efficace le diverse performance in termini di emissioni di CO2 secondo quanto afferma uno studio realizzato dall’Istituto Motori del CNR che ha preso in considerazione dati contenuti in una serie di ricerche pubblicate sull’argomento, valutate dai ricercatori come rigorose e autorevoli. Si tratta di un modus operandi che considera l’auto nella sua totalità: dalla produzione fino allo smaltimento delle componenti una volta che la vettura arriva al fine vita. “Abbiamo voluto puntualizzare il fatto che al momento bisogna essere cauti nel valutare quale sia il sistema di propulsione più efficiente (motori elettrici, diesel, metano etc). Se infatti si guarda al ciclo di vita dell’auto nella sua interezza vediamo che esistono vari studi tra loro contrastanti, che spesso non rilevano delle differenze eclatanti tra l’una o l’altra tipologia di motori”, ha spiegato a Canale Energia Carlo Beatrice, primo ricercatore dell’Istituto Motori del CNR.
Qual è stato il vostro approccio metodologico e quale obiettivo di indagine vi siete posti?
Lo studio è stato commissionato dall’Unrae–Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri all’inizio del 2018. Si tratta di un’analisi critica sulla questione delle emissioni che prende in considerazione sia degli aspetti legati agli inquinanti tossici sia aspetti legati agli inquinanti climalteranti. Noi avevamo a disposizione informazioni che già circolavano nei congressi e altre che provenivano dalla letteratura scientifica in merito alle emissioni climalteranti generate nel corso dell’intero ciclo di vita dei veicoli, dati differenziati in base alle varie tipologie di motorizzazione (elettrico diesel, ibrido, benzina etc). Il nostro focus operativo è stato quello di sottolineare come i dati e le posizioni non siano univoche quando si parla di impatto ambientale dei diversi tipi di motori. In questo senso riteniamo che sia necessario fare un passo in più ampliando la visione e valutando l’impatto ambientale anche di tutta una serie di voci non connesse direttamente alle emissioni su strada.
Riteniamo che sia necessario fare un passo in più ampliando la visione e valutando l’impatto ambientale anche di tutta una serie di voci non connesse direttamente alle emissioni su strada
In merito al vettore elettrico qual è la visione emersa dalla ricerca?
Faccio una premessa. Sono abbastanza convinto che tra circa 10-15 anni il problema principale che dovremo gestire in maniera sempre più impellente sarà quello della riduzione delle emissioni di CO2, senza distinzioni tra le emissioni in area urbana o nelle zone industriali. In quest’ottica il problema della CO2 sarà complessivo, quindi la valutazione delle motorizzazioni dovrà essere il più possibile globale. Le valutazione dei processi produttivi assume quindi un ruolo rilevante accanto a quella dei motori su strada. È ovvio che i motori elettrici sono totalmente migliorativi se si valuta l’impatto di emissioni su strada (quasi nullo) e che per la mobilità urbana, che sfrutta per lo più veicoli di piccola taglia con basse potenze (moto, scooter e city-car), la strada da seguire sia quella. Tuttavia se guardiamo i valori medi legati alle emissioni dei diversi motori con uno sguardo all’intero ciclo di vita le differenze non appaiono così stratosferiche. È una situazione complessa in cui vanno considerati molteplici fattori, tra cui ad esempio l’evoluzione dei carburanti tradizionali verso formule sempre più green.
Quali voci bisogna considerare nel momento in cui si dice di valutare l’intero ciclo di vita della vettura?
Sicuramente le macro-voci sono l’approvvigionamento delle materie prime, le emissioni di CO2 generate nelle fabbriche per produrre i componenti delle vetture, ma anche le emissioni delle fabbriche in cui si effettua l’assemblaggio dei componenti, lo smaltimento e il riciclo delle materie riciclabili. In sostanza si tratta delle emissioni dell’intero processo: dall’approvvigionamento delle risorse fino allo smaltimento e riciclo delle stesse a fine vita del veicolo.
Quali sono le voci più rilevanti a livello di emissioni nell’intero ciclo?
Su questo ciclo una buona fetta delle emissioni è legata al manufacturing dei veicoli ed è imputabile in particolare alla produzione della batterie. Ciò dipende naturalmente da diverse fattori: chi realizza la batteria, il Paese in cui viene costruita etc. La maggior parte della produzione delle batterie avviene in Cina dove utilizzano carbone come fonte energetica per le centrali e questo elemento deve essere preso in considerazione quando si valuta l’impatto ambientale del veicolo.
Da un confronto tra motori elettrici e convenzionali cosa emerge?
Nel caso delle motorizzazioni convenzionali non è presente la batteria del motore elettrico, ma ovviamente ci sono altri metalli nobili che sono presenti nei sistemi di post trattamento dei gas di scarico. Possiamo dire che l’impatto complessivo sul manufacturing di un motore convenzionale è circa la metà di quello di un motore elettrico a parità di modello di vettura. Naturalmente anche in questo caso i dati non sono univoci.
In generale la mia opinione è che per ridurre l’inquinamento legato al comparto auto in tempi compatibili con gli obiettivi della COP21 bisogna, rinnovare il parco circolante indifferentemente dal tipo di motorizzazione, ma al tempo stesso ridurre il numero complessivo dei veicoli circolanti, potenziando altresì il trasporto pubblico e incentivando politiche di co-utilizzo dei veicoli ad uso personale (car-sharing).
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