Divide et impera: l’energia armata nell’era di Trump

Al Centro Studi Americani un convegno sulle sfide energetiche di UE e Italia nel nuovo scenario

Panoramica

A poco più di un mese dall’insediamento del nuovo Presidente americano, le dinamiche internazionali innescate sono state al centro del convegno ‘La Nuova Amministrazione Trump: Geopolitica dell’energia tra USA, Europa, Italia’, organizzato da WEC Italia il 26 febbraio scorso.

La sala del Centro Studi Americani a Roma è gremita per l’occasione: il titolo è forte, il personaggio troppo vistoso per essere ignorato. Nel suo keynote speech, l’ambasciatore Giampiero Massolo offre un’analisi lucida del panorama globale, preludio necessario al dibattito sulle questioni energetiche.

E’ in atto un tentativo per superare l’ordine mondiale liberale, già in crisi, per instaurarne uno nuovo, a immagine e somiglianza di un solo individuo: Trump. Si assiste all’instaurarsi di un paradigma basato sulla legge del più forte, che “prende quello che può e il più debole soffre quello che deve”, per dirla con le parole di Massolo. Per l’emisfero occidentale si prospetta la formazione di una costituzione imperiale, con l’Europa relegata al ruolo di periferia, possibilmente divisa. Tale ordine si dimostra disposto a considerare le esigenze delle altre potenze – come Cina e Russia – riconoscendone la forza, ma riservandosi di limitarne l’influenza in caso di interessi imperiali contrastanti.

In questa fase, l’esercizio del potere riguarda le crisi internazionali aperte, riguarda l’America, ma riguarda da vicino l’Europa. Per l’Ucraina, Trump vuole due cose: la prima è il cessate il fuoco immediato, la seconda staccare l’Ucraina dalla Russia. Il gioco è rischioso e gli esiti ancora aperti. Ma il punto di approdo è centrale: se cioè l’Ucraina sarà un Paese neutrale o se sarà un Paese occidentale. Una differenza non di poco conto, perché da questo discende il ruolo dell’Europa e quanto l’Europa dovrebbe garantire. Un’Ucraina occidentale in qualche modo contro la Russia, o un’Ucraina neutrale a garanzia della Russia?

Tutto ciò si riflette anche su quella che è la politica energetica che ci aspetta – in parte già in atto – sul fronte della sicurezza domestica. Non più una rivoluzione climatica, ma una rivoluzione dove la produzione energetica e lo stoccaggio diventano fattori di sicurezza nazionale. Non si tratta più di una politica energetica “per”, ma di una politica energetica “contro”, che viene usata come strumento di potenza: lo squarcio era già avvenuto tre anni fa, ma le dinamiche in atto rischiano di acuire ancor più la possibilità di un mercato energetico “weaponized”.

Il Trilemma energetico

Cosa hanno sul piatto gli europei per rispondere agli americani, in un momento in cui gli Stati Uniti sono il primo fornitore di GNL verso l’Europa? E la possibile conclusione del conflitto in Ucraina per mano di Trump non potrebbe rimettere il gas russo in una nuova competizione con il GNL americano?

E’ una delle tante contraddizioni emerse durante il dibattito. Una domanda rimasta senza risposta. Anzi! I vertici del Trilemma citato in aula, anziché restringere il campo per proporre soluzioni, sembrano piuttosto rimandare a ulteriori questioni da risolvere sul terreno politico, prima che energetico.

Lapo Pistelli Foto Ilaria C. Restifo
Lapo Pistelli_Foto Ilaria C. Restifo

“Poiché in questo momento Trump sta ri-regolando i conti a livello di rapporto tra stato-nazione verso stato-nazione. Se tre anni fa l’energia veniva usata come arma in un contesto di relazioni più o meno stabili tra blocchi, oggi si torna al livello principale del rapporto fra stati, di cui dunque l’energia diventa una derivata. E allora, a me interessa capire come regolerà, magari nel prossimo anno, il rapporto con l’Iran, il rapporto con la Russia. E’ un comeback per far tacere le armi entro Pasqua o è un comeback energetico? È compatibile il comeback energetico russo con l’Energy Dominance americana? La strozzatura con la Cina è per bloccare chi oggi è dominante sulle supply chains della transizione energetica?”, si domanda Lapo Pistelli, direttore public affairs di Eni.

E’ stato ricordato che già tre anni fa gli operatori energetici avevano cominciato a fare dibattiti sul tema di quello che loro stessi avevano chiamato “Trilemma”, inizialmente usato solo come argomento per esperti e poi ampiamente usato anche nel mondo giornalistico. Ma cos’è questo Trilemma? In pratica, riuscire a conciliare tre aspetti apparentemente inconciliabili: transizione energetica, sicurezza energetica e sostenibilità economico-sociale della transizione green.

“Abbiamo prima vissuto un periodo, quello tra il 2015 e il 2020, basato sul Laudato Sì, gli Accordi di Parigi, il Green Deal – dove tutta l’attenzione era su un solo vertice del triangolo: la transizione verso il net-zero, la forzatura di nuovi mercati, nuovi vettori, nuove fonti, nuovi strumenti di consumo dell’energia. Poi abbiamo scoperto la sicurezza energetica, e l’abbiamo scoperta a valle della dell’invasione russa sull’Ucraina. Poi, recentemente, abbiamo scoperto il tema della sostenibilità economica dell’energia: il caro bollette, sia per chi fa impresa sia per le famiglie. Questo trilemma è un trilemma che non scopre Trump con il 20 gennaio, c’era già”, ha aggiunto Lapo Pistelli durante il suo intervento.

Il giorno della marmotta. O forse no

Vero è che questi tre corni del trilemma non sono nati improvvisamente il 20 gennaio scorso e che sono emersi gradualmente negli ultimi 10 anni. Diciamo pure, forse, per un’accelerazione regolatoria che avrebbe potuto essere gestita meglio se, prima ancora del 2015, si fosse riusciti ad anticipare i tempi.

Ma a cosa ha portato questa consapevolezza oggi? Che l’UE si trova ad un bivio strategico. Numerosi gli elementi che delineano un quadro quanto mai controverso e interconnesso, con al centro un problema urgente da risolvere. Anzi due: sicurezza energetica e competitività. In particolare, la competitività è contemplata nel Clean Industrial Deal presentato proprio il 26 febbraio dalla Commissione UE. Ma c’è anche chi, tra i relatori, è scettico sul documento poiché non affronta l’urgenza della situazione attuale.

Intervento Di Chicco Testa Foto Ilaria C. Restifo
Intervento di Chicco Testa. Foto Ilaria C. Restifo

Chicco Testa, presidente di Assoambiente commenta partendo dal Clean Industrial Deal. “Se avessimo 50 anni davanti, andrebbe bene: con calma, passo dopo basso, cercando di tenere insieme il Green Deal e la competitività. Ma così non si va da nessuna parte! Faccio un esempio. L’ETS è una tassa messa sulle emissioni di CO2 in un periodo in cui il gas non costava niente. Un tentativo di correggere il prezzo del gas perché potesse incorporare le esternalità ambientali. Oggi il gas costa tre volte quello che costava quando è stato messo l’ETS. È cresciuto da solo, non c’è bisogno di avere una tassa. Si potrebbe diminuire in Italia il 25% del prezzo dell’energia elettrica (…) semplicemente sospendendo per qualche anno, in attesa di vedere cosa succede. C’è traccia di questa roba? No, non c’è. Si chiede agli stati nazionali di ridurre l’imposizione fiscale, ma l’imposizione fiscale più grossa è quella che mette l’Europa”.

Vediamo alcuni degli elementi più significativi emersi durante il dibattito, alcuni con una prospettiva condivisa, altri con una prospettiva più individuale.

  • La transizione verde è già rallentata: la storia delle ultime COP è una storia di rallentamenti e di sostituzioni progressive dei traguardi.
  • Colossi come BP e Shell, campioni fino a ieri della sostenibilità, hanno deciso di tornare a puntare sugli idrocarburi, effettuando investimenti mirati.
  • Gli operatori energetici seguono strategie di investimento più lunghe dei mandati politici, soprattutto se mirate a produzione e infrastrutture. Un ambiente politico turbolento non favorisce investimenti.
  • La “Energy Dominance” non è un concetto nuovo, era già emersa al tempo di Barak Obama. La sua nuova faccia è lo slogan trumpiano – tutto al maschile, aggiungiamo – “Drill baby Drill”.
  • Non mancano le contraddizioni: i primi due programmi finanziati dalla nuova Amministrazione, a discapito di altri programmi, sono geoingegneria e biocarburanti.
  • Continuano le contraddizioni: Trump vuole mettere le mani sull’Inflation Reduction Act bloccandone alcuni esborsi, sebbene l’IRA preveda incentivi per stimolare il “Buy American”, in linea con le sue politiche protezionistiche.
  • Il recente documento del Partito Popolare Europeo vuole vedere la fine del Green Deal.
  • La riduzione delle emissioni conseguita col Green Deal è stata vanificata dall’aumento delle emissioni globali, trainato dalla forte domanda di energia nel mondo.
  • Nonostante l’80% del fabbisogno energetico mondiale sia ancora coperto dai combustibili fossili, come 30 anni fa, il raddoppio della domanda energetica ha di fatto raddoppiato la quantità di fossili consumati.
  • Il 20% rimanente si divide tra biomasse tradizionali (10%) e un mix di innovazione, idroelettrico, nucleare e rinnovabili (10%).
  • Il 2024 ha segnato il picco massimo del consumo di carbone e il picco massimo del consumo di petrolio.
  • L’ETS, avviato quando i prezzi del gas erano molto bassi come tentativo per incorporare le esternalità ambientali, è percepito come un ostacolo all’abbattimento dei costi energetici.
  • L’inserimento del nucleare nella Tassonomia UE, seppur controverso, ha portato alcuni a considerarlo un’opzione a zero emissioni e una risposta alla sicurezza energetica.
  • L’Europa, come mercato di destinazione, alimenta la produzione estera, come dimostra l’egemonia cinese nelle tecnologie verdi.

Screenshot 20250227 231541 GalleryTra i temi sollevati, risulta centrale il ruolo della sicurezza energetica nell’agenda politica europea. Oltre alla sicurezza, viene anche fuori con vigore che l’UE deve sfruttare la propria forza commerciale: un mercato di 500 milioni di consumatori è un partner energetico chiave per gli Stati Uniti. Ma solo agendo unita, l’Europa potrà mantenere la propria influenza a livello globale.


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Consulente e ricercatrice freelance in ambito energetico e ambientale, ha vissuto a lungo in Europa e lavorato sui mercati delle commodity energetiche. Si è occupata di campagne di advocacy sulle emissioni climalteranti dell'industria O&G. E' appassionata di questioni legate a energia, ambiente e sostenibilità.