“Il rischio informatico e il cambiamento climatico sono le due sfide più impegnative che le aziende dovranno affrontare nel nuovo decennio”. Ad affermarlo è in una nota Joachim Müller, Ceo di di Allianz Versicherungs-Ag, commentando i dati emersi dall’Allianz Risk Barometer 2020. “Naturalmente ci sono molte altre tipologie di danni e problematiche da affrontare – aggiunge – tuttavia, se i consigli di amministrazione e i risk manager non affrontano i rischi informatici e quelli derivanti dal cambiamento climatico, il loro impatto sulle performance operative, sui risultati finanziari e sulla reputazione delle loro aziende presso i principali stakeholder potrebbe risultare critico. Nell’era della digitalizzazione e del riscaldamento globale, la preparazione e la pianificazione di tali rischi è, quindi, sia una questione di vantaggio competitivo che di resilienza aziendale“.
Interruzione di attività
Tra le questioni chiave che le aziende devono valutare c’è quella dell’interruzione di attività, al secondo posto in classifica, che però si evolve per le tipologie di cause. Si va da incendi, esplosioni o catastrofi naturali a incidenti che riguardano le supply chain digitali o addirittura al terrorismo. “Le supply chain e le piattaforme digitali consentono oggi la piena trasparenza e la tracciabilità delle merci, ma un incendio in un data center, un guasto tecnico o l’attacco di un hacker potrebbero portare a grandi perdite per aziende che si affidano allo stesso sistema e che non possono tornare a processi manuali“, afferma in nota Raymond Hogendoorn, Global Head of Property and Engineering Claims della compagnia di assicurazioni.
Climate change e aumento della complessità del rischio
In settima posizione tra i rischi percepiti come più urgenti c’è il cambiamento climatico che aumenta la complessità delle criticità da cui le imprese devono difendersi, un dato che è entrato per la prima volta in classifica nell’Alliance risk barometer del 2018 (cfr e7 del 23 gennaio 2019 pag 11). Il riscaldamento globale è, inoltre, tra i primi tre rischi percepiti nella regione Asia-Pacifico secondo gli intervistati in Australia, Hong Kong, India e Indonesia. “L’aumento delle perdite – sottolinea una nota del gruppo – è il rischio che le aziende temono maggiormente (49% delle risposte). La crescita del livello dei mari, l’aumento della siccità, le tempeste sempre più violente e le inondazioni massicce rappresentano, infatti, una minaccia per le fabbriche e le altre risorse aziendali, nonché per i collegamenti e le infrastrutture di trasporto e di energia che legano tra loro le supply chain”.
A preoccupare le imprese sono inoltre, nel 37% dei casi, gli impatti operativi legati a esempio ai potenziali cambiamenti sulle normative. Altro tema chiave è poi il rischio di un maggior numero di controversie contro i colossi del carbone, nei confronti dei quali sono già stati presentati molti ricorsi negli Stati Uniti e in altri 30 paesi di tutto il mondo.
I 5 maggiori rischi in ambito energetico
Tra i maggiori rischi percepiti nel settore energetico e in quello delle utility ci sono, nello specifico, interruzione di attività, rischi informatici, incendi, catastrofi naturali, cambiamenti legislativi.
Cittadini e ambiente, lo studio della Nielsen
Fin qui il punto di vista specifico delle aziende. Tuttavia le problematiche ambientali e i rischi connessi a quest’ambito sono una questione che desta molta preoccupazione anche nei cittadini. Il 59% dei nostri connazionali infatti li valuta più impellenti, addirittura più delle difficoltà economiche, indicate come “molto preoccupanti” solo dal 53%. A dirlo è l’indagine condotta da Nielsen, in collaborazione con Novamont, secondo cui l’88% del campione sostiene che la difesa dell’ambiente è uno dei valori più importanti nell’attuale società.
Altro tema chiave percepito dai consumatori è quello del packaging. Il 62% è convinto che le aziende produttrici siano le principali responsabili dell’utilizzo della plastica come componente degli imballaggi nel comparto alimentare, mentre solo 15% attribuisce responsabilità ai commercianti. Il 22% ritiene tuttavia che lo Stato debba fare di più per ridurre l’utilizzo di questo materiale.
Secondo il 47% dei consumatori sono invece le aziende produttrici a doversi impegnare per ridurre l’impiego della plastica negli imballaggi. Il 18% dei consumatori riconosce anche le proprie responsabilità.
Dall’indagine emerge, inoltre, come gli italiani siano consapevoli della pericolosità della gomma, che quasi al pari della plastica, è considerata responsabile dell’inquinamento dei mari. Infine il 54% degli intervistati si mostra favorevole all’introduzione della plastic tax come imposta alle imprese che producono confezioni monouso di plastica.
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