Cambiamentoclimatico

Un sondaggio internazionale dell’ente di certificazione DNV GL, con la collaborazione di Gfk Eurisko, fotografa una sommaria impreparazione delle imprese di fronte al tema dei cambiamenti climatici.
“Le aziende – ha commentato l’AD di DNV GL Luca Crisciottihanno già evidenza degli impatti generati dai cambiamenti climatici sulle proprie operazioni o riconoscono che vi sia un alto rischio di conseguenze imminenti. Nonostante ciò, si registra una mancanza di proattività, con solo una minoranza di imprese che sta portando avanti iniziative che mirano all’adattamento o ad aumentare la resilienza”.

Perché le imprese sottovalutano il problema clima

La domanda che arriva a porsi l’AD è: “Stanno esse sottovalutando quanto possano essere dirompenti gli impatti e quanto sia urgente affrontare questo problema?
Lo studio ha coinvolto più di 1.200 professionisti da Europa, Asia e America e la maggior parte delle imprese ha riconosciuto almeno un rischio che il clima potrebbe presentare, con un effetto diretto o indiretto, per la propria attività. Nonostante ciò, spiega una nota, solo il 25% del campione interpellato ha già adottato “misure di adattamento o di resilienza”. Meglio le grandi aziende, il 40% delle quali si è mossa in questo senso.
Una percentuale esigua – ha sottolineato Crisciotti – rispetto alla gravità delle minacce che le imprese si trovano ad affrontare. Sembra, inoltre, esserci confusione tra azioni di adattamento ai cambiamenti climatici e azioni di mitigazione, dato che più del 43% delle imprese coinvolte menziona iniziative che rientrano nella definizione più ampia di resilienza climatica”.
Gli sforzi di mitigazione, ha aggiunto, “sono cruciali per ridurre le emissioni di gas serra, ma da soli non consentiranno a un’azienda di adattarsi ai cambiamenti climatici o di sviluppare resilienza. C’è, dunque, un enorme potenziale per accrescere la preparazione delle aziende nella gestione degli effetti dei cambiamenti climatici”.

Spaventano caldo e calamità atmosferiche

Principalmente, le preoccupazioni sono legate agli aumenti di temperatura e le ondate di calore, per il 55%, alle tempeste (44%) e alle alluvioni (38%). Eventi a cui le realtà sono più o meno sensibili a seconda della propria posizione geografica.
Per esempio, in America Centrale e Meridionale e in Europa, 6 aziende su 10 hanno indicato il caldo eccessivo come prima minaccia, mentre 6 su 10 in Nord America vedono nelle tempeste una potenziale avversità.
Sul piano della consapevolezza almeno, la situazione non è delle peggiori. Un’azienda su quattro dichiara di aver già risentito dell’effetto dei cambiamenti climatici in una propria area della filiera, mentre solo una su otto crede che ciò succederà tra più di 10 anni.

I fattori che portano all’adozione di misure contro i cambiamenti

I fattori che condurrebbero le imprese ad agire sono esterni, vedi leggi e regolamenti, per il 50% degli intervistati, e le esigenze e richieste da parte dei clienti, per il 43% (le due ragioni più riscontrate). La salvaguardia dell’azienda, le preoccupazioni dell’opinione pubblica, la responsabilità sociale, nonché la volontà di garantire la continuità operativa vengono subito dopo.
L’analisi dell’ente di certificazione ha poi raggruppato le aziende più virtuose, definite “leader”, per le quali invece la spinta verso le azioni di adattamento o di resilienza è dettata in primis dal garantire la continuità operativa (55%) e da leggi e regolamenti (53%). Infine, la metà di questo gruppo ritiene che attivare politiche sull’aspetto climatico possa portare anche un vantaggio competitivo e creazione di valore.
Il nostro suggerimento – ha concluso Crisciotti – è quello di iniziare da un assessment dei rischi e delle vulnerabilità e dalla definizione di un approccio strategico per affrontare i cambiamenti climatici“.


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