Ammonta a circa 260 milioni di euro il valore della produzione raggiunto nel 2016 dalla bioeconomia italiana, un dato in moderata crescita e in linea con un quadro di ripresa dell’economia nazionale. E’ quanto emerso dal 4° Rapporto sulla Bioeconomia in Europa presentato oggi a Palermo dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo e dal Cluster della chimica verde Spring e da Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che fa parte di Federchimica, in collaborazione con l’Università degli studi di Palermo.
“Lo studio – commenta Stefania Trenti, Responsabile Industry Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo – conferma la rilevanza della bioeconomia nel nostro Paese, con un trend di crescita che ha riguardato soprattutto le componenti più innovative e i mercati esteri”.
Il quadro diviso in base a diretti settori
Se entriamo più in dettaglio e analizziamo i singoli settori emerge come le migliori performance siano quelle registrate dall’industria alimentare delle bevande e del tabacco che copre più del 51% della bioeconomia con un valore di 132 miliardi di euro (+ 2 mld rispetto al 2015). Questi numeri salgono ancora di più se dal territorio nazionale ci trasferiamo sui mercati esteri dove le esportazioni alimentari e di bevande sono posizionate su valori ai massimi storici: 23,8 milardi esportati nel comparto alimentare e e 7,6 in quello della bevande. Un trend in linea con la forza del made in Italy all’estero.
Agricoltura, silvicoltura e pesca
In seconda posizione troviamo invece l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca. In questo caso si parla di un 21,5% con un valore di output pari a 56 miliardi di euro nel 2016, in ridimensionamento rispetto al 2015 (in particolare legato al crollo della produzione olivicola). Nonostante i risultati negativi in termini di produzione, il settore ha visto nello stesso periodo crescere l’occupazione e gli investimenti.
Farmaceutica e chimica bio-based
Se i settori più tradizionali della bioeconomia, come tessile legno e carta, hanno visto una crescita moderata, è risultata invece più dinamica l’evoluzione dei settori più tecnologici come farmaceutica, bioenergia e chimica bio-based. Numeri positivi sono in particolare quelli del settore farmaceutico che hanno superato i 20 miliardi, in crescita del 7% circa rispetto al 2015, il tutto con un un ritmo più sostenuto di quello osservato per il settore manifatturiero. Stesso discorso anche per l’evoluzione della componente bio-based dell’energia (biocarburanti e produzione di energia elettrica da fonti biologiche). Questo andamento positivo si inserisce in un contesto di sviluppo generalizzato di tutte le fonti rinnovabili (fotovoltaico, idrico, eolico, geotermico). In particolare a partire dal 2008 l’andamento delle bioenergie ha evidenziato una chiara accelerazione, arrivando a coprire nel 2016 quasi il 7% della produzione nazionale.
Depurazione
Un settore ad alto potenziale in un’ottica di bioeconomia è poi quello della l’attività di depurazione e la conseguente produzione di fanghi. Il recupero e il trattamento dei reflui (civili, industriali e zootecnici), attività di per sé fondamentale in ottica ambientale, possono, infatti, costituire una fonte importante di biomassa, ancora solo in parte valorizzata visto il significativo ricorso alla discarica. In quest’ottica le prospettive per la produzione di biometano da reflui sono molto promettenti grazie ai nuovi incentivi previsti dal decreto recentemente approvato.
“I fanghi – spiega in una nota Laura Campanini economista della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo – possono costituire una fonte importante di biomassa, attualmente solo in parte sfruttata, visto l’ampio ricorso alla discarica. Lo studio evidenzia la necessità di passare da una logica di smaltimento a una di valorizzazione delle risorse biocompatibili. Dai fanghi si possono ricavare energia (biogas e biometano), singoli nutrienti (fosforo in primis) e biomateriali (bioplastiche). L’assetto normativo e regolamentare è cruciale perché in grado di indirizzare le scelte degli operatori. Il recente decreto sul biometano darà un impulso importante alla filiera”.
Ma vediamo qualche numero: nel 2016 i fanghi di depurazione complessivamente utilizzati per trattamento biologico sono stati pari a poco meno di 850 mila tonnellate che, gestiti con la frazione umida dei rifiuti (FORSU), hanno prodotto circa 1,6 milioni di tonnellate di compost. Gli impianti integrati di digestione anaerobica e compostaggio abbinano il recupero di materia al recupero di energia, con la produzione di biogas. L’Italia figura al quarto posto al mondo per produzione di biogas dopo Germania, Cina e Stati Uniti con circa 1.900 impianti operativi – di cui 77 da fanghi di depurazione – per un totale di circa 1.400 MWel installati.
Bioeconomia marina
Quadro positivo anche per le attività legate allo sfruttamento delle risorse biologiche marine.L’Italia è infatti il terzo paese europeo (dopo Norvegia e Spagna) per valore aggiunto nel settore della pesca e acquacoltura, con una occupazione di circa 30.000 addetti.
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