La decisione di concedere due anni in più alle case automobilistiche per adeguarsi agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2, previsti per il 2025, avrebbe effetti avversi nello stimolare la domanda di auto elettriche. È questo il punto di vista di T&E che ritiene sì positive le misure del Piano della Commissione EU per l’elettrificazione, ma “al momento generiche”. Soprattutto per quanto riguarda gli schemi dei sussidi nazionali e il social leasing per i veicoli elettrici che, a giudizio della federazione europea, “verranno vanificate dall’indebolimento degli obiettivi di CO2 per il 2025”.
L’allentamento di questi obiettivi porterebbe le case automobilistiche a vendere fino a 880.000 auto elettriche in meno tra il 2025 e il 2027, rispetto agli obiettivi attuali. Non solo, “verrebbe inoltre a mancare il necessario stimolo a produrre modelli di veicoli elettrici più economici” afferma nella nota stampa T&E.
T&E: “Legislatori dovranno resistere a ogni pressione”
Come riferisce la federazione, auto, furgoni, camion e autobus sono responsabili del 22% delle emissioni di gas serra nell’UE. Se l’industria europea vorrà recuperare terreno sull’elettrificazione, in sede di revisione del regolamento i legislatori dovranno resistere “a ogni pressione per modificare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 previsti per il 2030 e il 2035”.
La Commissione EU ha dichiarato che sta valutando la possibilità di sostenere la produzione di batterie nell’UE, nonché di introdurre requisiti sul contenuto locale dei materiali. Si tratterebbe però di un intervento “tardivo e insufficiente”. T&E dà nota che lo scorso anno sono stati cancellati progetti di produzione di batterie con una capacità complessiva di almeno 100 GWh, “mentre i produttori europei faticano a competere con la concorrenza globale, i sussidi erogati in altre parti del mondo e la disparità di condizioni economiche e produttive”.
T&E ha accolto positivamente l’annuncio che il sostegno alla produzione di batterie sarà subordinato al trasferimento di tecnologie e competenze a beneficio dell’industria domestica, da parte degli investitori esteri: “Ma l’annuncio sui requisiti di contenuto europeo per le celle e i componenti delle batterie appare vago e privo di quella determinazione e urgenza indispensabili per affrontare la sfida”.
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Auto elettriche e ricarica, Motus-E: serve “grande processo di infrastrutturazione”
Anche se la rete di ricarica italiana segna nel 2024 un’espansione di oltre il 27%, e un aumento dei punti di ricarica negli ultimi due anni del 75%, l’Italia ha bisogno di un grande processo di infrastrutturazione a uso pubblico. In particolare, “c’è ancora un importante lavoro da fare per aumentare la capillarità in alcune aree, specialmente nel Mezzogiorno, dove la limitata penetrazione dei veicoli elettrici non agevola i grandi investimenti richiesti, in particolar modo per le colonnine ad alta potenza”. È questo il commento di Motus-E ai dati dell’ultima analisi: guardando alla distribuzione per macroaree, al nord si concentra il 57% dei punti di ricarica della Paese, al centro il 20% e al sud il 23%.
Lo stesso approccio andrebbe esteso anche alla semplificazione e omogenizzazione degli iter autorizzativi, la cui complessità si riflette in una quota del 16% di infrastrutture installate ma non ancora utilizzabili dagli utenti finali (valore in lieve calo rispetto al 18% del 2023). Questo perché non è stato finora possibile realizzare il collegamento alla rete da parte dei distributori locali dell’energia, oppure per altre “vischiosità burocratiche”. L’attualità smentisce “la narrazione di un’Italia arretrata dal punto di vista delle infrastrutture al servizio della mobilità elettrica”, afferma l’associazione, ma “occorre valorizzare i progressi compiuti con un maggior coordinamento pubblico-privato”. Anche attraverso l’atteso aggiornamento del Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica (Pnire).
L’auspicio di Motus-E è che in quest’ottica vengano estesi i termini per l’utilizzo dei fondi Pnrr ancora disponibili, “rivedendo i meccanismi di cofinanziamento per facilitarne l’impiego e supportare la crescita dell’infrastruttura nelle zone meno coperte”, facendo leva anche sul prezioso monitoraggio della Piattaforma unica nazionale gestita dal Gse.
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