petrolio Russia Ucraina

Alcune delle ripercussioni del possibile fermo al petrolio russo da parte dell’Unione Europea, è che il petrolio potrebbe arrivare a sfiorare anche i 185 dollari al barile. Questo se l’Unione Europea mettesse al bando immediatamente il petrolio russo. Accelera dunque la riduzione del consumo di greggio e la ricerca di nuove forniture energetiche anche nel settore delle rinnovabili.

Le conseguenze di uno stop immediato alle forniture di petrolio russo

Attualmente, il più grande giacimento petrolifero della Libia, Sharara, è stato chiuso per motivi politici e la Cina sta registrando significative riduzioni nella lavorazione del petrolio nelle sue raffinerie. Nell’area dello Shandong, la capacità utilizzata è diminuita al 50%.

L’elevato prezzo del greggio fa emergere tutta la preoccupazione del mercato per il calo dell’offerta dalla Russia, più che per gli eventuali problemi di approvvigionamento dalla Cina, anche se, nel lungo periodo i problemi della domanda cinese potrebbero assumere maggiore rilevanza.
Secondo l’analisi di Xtb, i Paesi sviluppati sarebbero comunque in grado di resistere a degli aumenti di prezzo compresi tra i 200 e 220 dollari al barile.

Il ruolo del gas liquefatto

Durante il 2021, l’Italia ha importato circa 29 miliardi di metri cubi di gas naturale dalla Russia.
Per diversificare e rendersi sempre meno dipendente dal Paese, l’Italia ha siglato un accordo con l’Algeria, che diventerà il principale fornitore di gas. Oltre all’Algeria, è stato raggiunto un accordo con il Congo per la fornitura di gas in forma liquida, trasportato via nave, che andrà convertito in forma gassosa prima di essere immesso in rete.

L’incognita del gas russo

Il mercato paventa l’ipotesi che la Russia possa fermare i trasferimenti di gas verso i Paesi dell’UE, qualora non venissero pagati in rubli. In aggiunta, gli incrementi dei prezzi del gas sul mercato americano hanno toccato il loro massimo negli ultimi 14 anni.

Gli Stati Uniti, in seguito alle esportazioni di gas verso i Paesi europei, si ritrovano con delle scorte inferiori alla media quinquennale. Se si verificasse un’interruzione delle forniture dalla Russia verso i Paesi europei, i prezzi del gas negli Stati Uniti potrebbero salire ai livelli del 2008, quando erano ancora importatori netti di gas.

“Le scorte di gas in Europa stanno aumentando, tuttavia nel caso in cui la Russia decidesse di fermare le esportazioni di gas, la domanda di gas statunitense potrebbe aumentare in modo significativo, il che aumenterebbe i prezzi”, ha sottolineato Walid Koudmani, chef market analyst di Xtb. “Tenendo conto dei costi di trasporto, liquefazione e rigassificazione, il prezzo in Europa è ancora molto interessante per i produttori statunitensi, visti i recenti aumenti locali dei prezzi negli Stati Uniti”.

Marco Casario, macrotrader e macroinvestor ha aggiunto: “Parlando del settore energetico, credo che la cosa più incisiva da fare sia partire dalle sue performance: nel 2021 ha fatto un +46% e da inizio 2022 ha già fatto il +41,5%. Questi numeri parlano da soli”.

“Le motivazioni che hanno portato agli aumenti di petrolio e gas sono molteplici e partono: dalle interruzioni e poi accelerazioni della domanda/offerta durante la pandemia, da un’Opec che non riesce a mantenere la produzione ai numeri che ha stabilito, dal conflitto Russia/Ucraina, passando per la transizione alle energie rinnovabili. Insomma, un cocktail esplosivo che si è trasformato in una bull run violenta”, ha concluso.


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