140.000 addetti e un fatturato che nel 2021 ha superato i 23 miliardi di euro. Sono i numeri delle industrie della gomma, dei cavi elettrici e delle industrie trasformatrici di materie plastiche divulgati il 23 giugno alla prima assemblea pubblica a un anno dall’insediamento dei nuovi vertici di federazione Gomma Plastica, l’organizzazione di categoria in ambito confindustriale, che rappresenta gli interessi dei citati comparti.
Il Centro studi di Confindustria ha evidenziato i temi di maggiore importanza per le imprese e le filiere industriali italiane, facendo luce sulle criticità che stanno attraversando in termini di costi dell’energia, carenza di materie prime e problemi logistici, che sono conseguenza della crisi geopolitica in Ucraina, dopo due anni di pandemia.
Gomma e plastica: +105% energia e materie prime
I settori della gomma e della plastica continuano a svolgere un ruolo di primo piano, non solo nelle filiere industriali strategiche del nostro Paese, ma anche in quelle internazionali. Lo conferma nella nota stampa il presidente di federazione Gomma Plastica, Marco Do: “È evidente che il quadro della situazione presentato dal Centro Studi Confindustria ci preoccupa molto: settori importanti e solidi come i nostri si trovano ad affrontare una situazione che non vedevamo da decenni e che può portare a conseguenze pesanti sulla marginalità dei due comparti”.
Dalle rilevazioni emergono infatti forti preoccupazioni sui costi dell’energia e su quelli delle materie prime. È più che raddoppiata l’incidenza di questi costi sul totale di quelli di produzione nei settori della gomma e della plastica (+105%).
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Produzione della gomma in frenata
La produzione dell’industria italiana della gomma è aumentata del 19% nel 2021 riportandosi quasi ai livelli del 2019, ma è in frenata nel 1° trimestre 2022 (-2%). Lo evidenzia nella nota il presidente di Assogomma, Livio Beghini, sottolineando che il conflitto in Ucraina “oltre a produrre generali effetti depressivi, per la nostra industria assume una connotazione particolare visto che importiamo da quelle aree circa il 40% di alcune materie prime strategiche come il carbon black e il cord metallico. Quest’ultimo da giugno è addirittura sottoposto a divieto all’importazione in UE. Le difficoltà di adeguare le nostre condizioni economiche agli aumenti dei costi, unitamente alla non disponibilità di materiali, potrebbero tradursi in prospettiva in fermi produttivi”.
Da parte sua, il presidente di Unionplast, Marco Bergaglio, rilancia su i rincari di energia e materie prime che “hanno proiettato una lunga ombra sulle prospettive di ripresa del comparto, a cui si aggiunge la temutissima partenza nel 2023 della Plastic Tax, con tutti i dubbi mai risolti che si porta dietro; tassa che non comporterà nessun investimento per il settore in particolare per l’economia circolare, creando al contrario una ulteriore contrazione del mercato e un trasferimento del costo sul consumatore finale. Le misure alternative esistono”.
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