Nelle analisi delle valutazioni energetiche del post pandemia e del periodo in cui la guerra in Ucraina è nel suo momento culminante, rivestono un ruolo non secondario le notizie quotidiane sul fronte dell’emergenza energetica per l’approvvigionamento. Cosa vuol dire? E soprattutto basterà tenere i condizionatori spenti per risparmiare il gas? Andiamo a vedere cosa significa per il sistema Paese Italia e per le nostre case cambiare fonte energetica.
Cosa accadrebbe se troviamo altre fonti di approvvigionamento che siano fossili o rinnovabili
Se le sanzioni dovessero intaccare le forniture energetiche provenienti dalla Russia, come faremo nei prossimi mesi o anni a sostituire i circa 30 miliardi di metri cubi di gas naturale che ogni anno provengono dalla Russia.
Pensare a forniture alternative da altri paesi o all’utilizzo di altre fonti di energia che spaziano dalle fossili alle rinnovabili presenta delle criticità.
Nel caso delle fossili anche se guardiamo alle forniture dai paesi già partner dell’Italia come l’Algeria, non è possibile aumentarle se non in un lasso temporale che varia tra i 18 e i 24 mesi. Le forniture di GNL, che dovrebbero provenire da paesi che nell’arco di 12 mesi potrebbero inviarci i carichi di gas liquefatto via nave, senza adeguate infrastrutture (rigassificatori, o anche attraverso l’utilizzo di navi di rigassificazione) non sono utilizzabili.
Per quanto riguarda le rinnovabili i tempi di realizzazione degli impianti per la produzione di energia, se volessimo partire in grande velocità con più di 10 GW di installazioni annue (oggi stiamo a circa 1 GW/anno) dovrebbero prevedere una conversione dei sistemi di produzione di calore, penso al riscaldamento residenziale, con un’identica se non superiore velocità d’implementazione di apparecchiature in grado di utilizzare l’energia prodotta dalle rinnovabili in sostituzione del gas naturale.
Come sapere cosa accadrà nei prossimi mesi
Spegnere il condizionatore non è cosa da poco; ma, rispetto allo spegnimento delle caldaie, che potrebbe essere richiesto nei mesi del prossimo inverno, lo spegnimento estivo è assolutamente irrilevante in termini di sacrificio energetico che verrebbe chiesto agli italiani.
Il motivo è semplice: si usa poco gas per accendere i climatizzatori, mentre se ne impiega molto per il riscaldamento invernale.
Il motivo è semplice si usa poco gas per accendere i climatizzatori, mentre se ne impiega molto per il riscaldamento invernale.
Ciò implica che, per effettuare un ragionamento basato su dati concreti, dovremmo analizzare quanto gas disponiamo e consumiamo nei mesi invernali e quanto nei mesi estivi per produrre l’energia elettrica a noi necessaria alle nostre case.
In questo modo potremmo valutare come possiamo incrementare gli stoccaggi da qui a sei mesi per garantire i riscaldamenti e l’attività industriale.
Quali combustibili impieghiamo per riscaldare le nostre abitazioni
Se l’analisi la conduciamo partendo dal dato reale del consumo di gas registrato in Italia nel 2021 dal Mise, stiamo parlando di 76 Miliardi di metri cubi di gas naturale. Ci rendiamo conto che di questi, circa 31 miliardi sono stati consumati da 17,5 milioni di famiglie all’interno delle proprie abitazioni nel 2019, di cui circa 24 miliardi sono serviti ad alimentare gli impianti per il riscaldamento domestico.
In tep si tratta di circa 21 Mtep.
Chiaramente non c’è solo il gas per alimentare gli impianti adibiti a riscaldamento, acqua calda sanitaria e cottura cibi; ma rappresenta il principale vettore energetico utilizzato per il riscaldamento (59,5% dell’energia fornita), tipicamente impiegato nelle caldaie tradizionali.
Seguono le biomasse solide, che rappresentano il 28% del totale (principalmente legname e cippato) e i prodotti petroliferi (8%), come ad esempio le caldaie a gasolio, ancora oggi ampiamente utilizzate in alcune grandi città e nelle aree montane non metanizzate.
La cogenerazione pesa per quasi il 4%, mentre sono marginali le soluzioni elettriche come le pompe di calore e i boiler elettrici o il solare termico (1% del totale).
Cosa fare per ridurre del 50% le importazioni di gas
Da questi dati vediamo come per ridurre di un valore pari al 50% l’utilizzo del gas naturale in ambiente domestico da qui al 2024, stiamo parlando di circa 12 miliardi di metri cubi di gas naturale a favore di vettori provenienti dalla produzione rinnovabile (energia elettrica/biometano, energia solare). Dovremmo in due anni sostituire o innovare almeno il 50% degli impianti termici presenti in 17,5 milioni di case. Si tratterebbe di intervenire su circa 9 milioni di case all’anno.
Inoltre dovremmo incrementare la produzione di energia elettrica proveniente da fonte rinnovabile almeno di un valore pari a circa 40 TWh/anno. Queste immesse in impianti a pompa di calore, considerando un coefficiente di prestazione medio pari a 3, genererebbero 120 TWh/anno di energia termica pari a circa 10 Mtep/anno di conversione.
Numeri che vanno oltre la pura fantasia anche nelle migliori produzioni hollywoodiane.
Quali sarebbero i potenziali veri di riconversione del settore residenziale in ambito del servizio di riscaldamento rispetto il nostro Paese?
Uno studio qualificato, risalente a marzo 2022, e realizzato da Elemens ha fornito un potenziale teorico di immobili che potrebbero riconvertire il sistema di riscaldamento verso l’utilizzo del vettore elettrico, attraverso pompa di calore.
Al 2030 pari a circa 5 Mtep di conversione, cioè circa un quarto del calore che oggi viene prodotto dal gas naturale.
Chiaramente stiamo parlando di un servizio unico, anche se il principale nel settore residenziale. Abbiamo tralasciato come l’utilizzo dei restanti 50 miliardi di metri cubi di gas naturale che ogni anno consumiamo in Italia provenga per il 40 % proviene dalla Russia.
In conclusione, l’accantonamento dei gas proveniente dalla Russia avrà verosimilmente tempi di realizzazione che non saranno di 2 o di 5 anni, a meno che non riusciamo a realizzare le infrastrutture necessarie a sostituire il gas russo con quello proveniente da altri paesi, cosa che vedo nel breve termine molto improbabile. Mentre la transizione del paese dalle fossili alle rinnovabili avrà una velocità verosimilmente ancora troppo lenta per fa sì che la transizione, inserendo anche le operazioni fondamentali di efficientismo energetico in ogni ambito – civile, trasporti, industria- possa avvenire in meno di 10 anni.
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