- Alle attuali condizioni, la domanda di elettricità crescerà del 7% entro il 2050 e del 18% al 2100 per il raffrescamento degli ambienti e le altre misure di adattamento al riscaldamento globale.
- Per evitare tutto questo, è necessario ridurre notevolmente la quantità di gas climalteranti nell’atmosfera.
A causa degli elevati consumi energetici, l’adattamento ai cambiamenti climatici sarà più costoso di quanto si pensasse. Inoltre, comporterà l’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera. È l’allarme lanciato da un gruppo internazionale di ricercatrici e ricercatori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, della Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, di RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment e di LSHTM – London School of Hygiene & Tropical Medicine.
Puntare sulle rinnovabili è la via più sensata per soddisfare l’aumento della domanda di elettricità
La domanda di elettricità crescerà del 7 per cento entro il 2050 e del 18 per cento al 2100, sia per il condizionamento sia per il pompaggio dell’acqua e la desalinizzazione, azioni che in un mondo sempre più caldo e arido si renderanno indispensabili. Se si farà ricorso ai combustibili fossili, sarà necessario avvalersi di circa 30-35 nuovi grandi impianti a gas e 10-15 nuovi grandi impianti a carbone e petrolio ogni anno da qui al 2050, secondo le stime dei ricercatori.
Questo comporterà l’emissione di una notevole quantità di polveri sottili nell’atmosfera, estremamente pericolose per la salute umana. Il che si potrebbe tradurre in maggiori costi sanitari. Nello scenario attuale, le emissioni di gas serra dovute all’adattamento arriveranno a rappresentare circa il 7 per cento delle emissioni globali dal 2020 al 2100. Al contrario, la scelta di fonti di energia rinnovabili non alimenterebbe questo circolo vizioso.
Servono audaci politiche di mitigazione
“Il nostro studio dimostra come l’assenza di politiche di mitigazione stringenti possa ridurre l’efficacia delle politiche di adattamento, incrementandone i costi”, spiega Francesco Pietro Colelli, primo autore dello studio, pubblicato il 24 agosto sulla rivista Nature communications. Le spese globali per la fornitura di elettricità – comprensive dei costi di generazione, reti e combustibili – saliranno del 21 per cento da qui a fine secolo. I consumatori vedranno aumentare il prezzo dell’elettricità dal 2 al 6 per cento, a seconda della regione considerata.
Politiche di mitigazione ambiziose possono però abbattere l’incremento dei costi del sistema energetico indotti dall’adattamento, dimezzando il consumo energetico nello scenario a emissioni moderate (con un aumento della temperatura di 2,5 °C) e di oltre il 70 per cento in quello a basse emissioni (mantenendo l’aumento delle temperature ben al di sotto di 2 °C).
“Doversi adattare a cambiamenti climatici più estremi significa potenziare gli sforzi di mitigazione futuri. Questo non significa che non dobbiamo adattarci, ma che dobbiamo capire come farlo con emissioni ridotte. In questa fase del nostro sviluppo economico, c’è bisogno sia di politiche di mitigazione sia di politiche di adattamento, perché gli effetti della crisi climatica sono già evidenti. Dipendono le une dalle altre: vanno entrambe adottate con rapidità”, prosegue Colelli.
L’Italia è fra i paesi europei che soffriranno maggiormente il caldo
Questi scenari non tengono conto dell’aumento del prezzo del gas. “Ciò che sappiamo è che Paesi come il Canada e l’Europa settentrionale vivranno inverni più caldi, con una conseguente riduzione dei consumi di gas. Nei paesi dell’Europa meridionale, invece, aumenteranno le ondate di calore. Nazioni come Spagna, Italia e Grecia, quindi, vedranno crescere i consumi elettrici dovuti alla necessità di raffrescare gli ambienti”, conclude il ricercatore.
Gli abitanti di Sudest Asiatico, Indonesia e Africa subsahariana sperimenteranno, entro la fine del secolo, oltre 100 giorni in più con temperature medie sopra i 27,5 °C. Con politiche di mitigazione stringenti, in grado di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 °C, il numero dei giorni risulterebbe tre volte inferiore.
Leggi anche: Cambiamenti climatici. A disposizione tecnologie e investimenti, ma bisogna accelerare
Qual è il ruolo del prezzo del carbonio
Le analisi di Colelli e del suo team fanno riferimento al prezzo del carbonio come a una delle principali politiche di mitigazione. Tenendo conto delle emissioni aggiuntive che derivano dall’adattamento, l’aumento del prezzo globale del carbonio dovrà essere compreso fra il 5 e il 30 per cento, se si vogliono soddisfare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima. La palla ora passa nelle mani dei singoli governi. Non a caso, Enrica De Cian, coautrice dello studio e leader del progetto europeo ERC ENERGYA, è tra i firmatari e le firmatarie di una lettera aperta alla politica italiana, sottoscritta da oltre 800 scienziati e accademici.
“Il clima è cambiato e non possiamo tornare alle condizioni passate”, avverte De Cian. “Possiamo cercare di rallentare i mutamenti e contenere il sempre più frequente alternarsi di eventi estremi. Non è più possibile rispondere in emergenza: è davvero fondamentale agire in modo preventivo e gli scienziati si mettono a disposizione della politica per informare al meglio le loro decisioni”.
Decisioni che devono assolutamente riguardare il rapporto fra mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. “Quest’ultimo, che spesso viene implementato individualmente dalle persone, può creare ulteriori rischi a livello di sistema generale. Il progetto ENERGYA studia le implicazioni ambientali, sociali e macroeconomiche di scelte di adattamento a livello individuale”. Dimostrando che anche le azioni di ognuno di noi possono fare la differenza.
Per ricevere quotidianamente i nostri aggiornamenti su energia e transizione ecologica, basta iscriversi alla nostra newsletter gratuita
e riproduzione totale o parziale in qualunque formato degli articoli presenti sul sito.