Dopo la Precop26, dove si è raggiunto un accordo unanime per aumentare gli impegni sulla decarbonizzazione, prevedendo regole più stringenti e aiuti ai Paesi poveri, sarà però alla Cop26 di Glasgow, in programma dal 31 ottobre al 12 novembre prossimo, che si definirà come ogni Paese intenderà agire concretamente. Qui infatti, i Paesi dovranno mettere sul tavolo proposte concrete che incideranno sulle loro economie.
Per avere una visione di scenario, ma anche con un focus sul Regno Unito, che ospiterà l’evento, Canale Energia ha intervistato l’ambasciatrice britannica in Italia, Jill Morris CMG.
L’Inghilterra, a partire dal 2000, ha decarbonizzato più velocemente di ogni altro Paese nel G20, è stata la prima grande economia a fare una legge sul raggiungimento di emissioni nette zero di carbonio entro il 2050 ed è il più grande produttore di energia eolica offshore del mondo. Quindi, possiamo dire che siete sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi climatici al 2050 e che continuerete su questa via a prescindere dalla Brexit? Quali saranno le conseguenze di Brexit sull’ambiente?
Il Regno Unito sta decarbonizzando rapidamente la propria economia. Negli ultimi trent’anni l’economia britannica è cresciuta del 78% assistendo ad un taglio delle emissioni del 44% e addirittura si stima che la crescita degli scambi globali di prodotti e servizi a basse emissioni sarà tra i 2,8 e i 5,1 trilioni di sterline nel 2050. A supporto di queste ambiziose prospettive, il Primo ministro Johnson ha inoltre lanciato il programma “Ten point plan for a green industrial revolution”, che mobilita 12 miliardi di fondi di interventi governativi. È quindi evidente che la rivoluzione verde non è solo la cosa giusta da fare da un punto di vista etico e ambientale, ma anche la più sostenibile da un punto di vista sociale ed economico.
L’impegno del Regno Unito a raggiungere gli obiettivi climatici prescinde dalla decisione di uscire dall’Unione Europea e anzi, la collaborazione con il continente europeo si intensifica. Un esempio lampante è la partnership con l’Italia che quest’anno grazie a G7, G20 e COP26 si e’ intensificata.
A livello nazionale, spesso capita che nonostante gli impegni dei governi verso politiche energetiche più virtuose, invece, alcune scelte ricadano sulle fonti energetiche tradizionali (ad esempio, si concedono le autorizzazioni per delle centrali a gas o a carbone). È una contraddizione che vivono quasi tutti i Paesi, ma il popolo inglese come reagisce a queste scelte? Sono forti i movimenti green che vi si oppongono?
Il Primo ministro ha annunciato che, dal 31 marzo 2021, il Governo britannico non fornirà più alcun sostegno finanziario alla produzione di energia da combustibili fossili all’estero. Esistono delle esenzioni, seppur limitate, per poche attività volte a migliorare salute e sicurezza. Queste fanno parte di piani più ampi di transizione ad energia pulita, che supportano lo smantellamento del nucleare o che sono associate a risposte umanitarie.
Nel 2012, il 40% della nostra elettricità proveniva dal carbone, mentre ora è meno del 2%. Entro il 2024, avremo completamente eliminato l’energia da carbone. Con le nostre presidenze del G7 e della COP26, quest’anno abbiamo l’opportunità di dare un contributo significativo e di portata globale alla riduzione dei combustibili fossili e alla transizione ad energie pulite. Questa è un’assoluta priorità per il mio governo.
Quali sono gli accordi futuri sul clima tra Bruxelles e Londra? Ad esempio, se Londra non riuscisse a tenere il passo con i livelli di protezione ambientale dell’Unione, quali sarebbero le conseguenze?
Gli impegni comuni e condivisi a livello europeo sono importanti più che mai per intraprendere insieme un cammino verso una ripresa sostenibile e per ripensare le nostre società ed economie. I problemi globali richiedono approcci condivisi e soluzioni di concerto. Il Regno Unito è impegnato a realizzare un futuro a zero emissioni nette e condivide le stesse ambizioni dell’Unione Europea di neutralità climatica entro il 2050.
Abbiamo inoltre stabilito il più alto livello di riduzione di emissioni entro il 2030, rispetto a qualsiasi altra grande economia mondiale, per poi annunciare lo stop alle vendite di tutte le nuove auto a benzina e diesel nel Regno Unito entro il 2030, diventando quindi il paese del G7 con il piano più veloce di decarbonizzazione del settore automobilistico.
Come si può favorire la partecipazione dei giovani nei processi decisionali per mettere in atto azioni concrete per il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, dal punto di vista delle diverse dimensioni: locale, nazionale e multilaterale?
La partecipazione dei giovani di tutto il mondo, specialmente dai Paesi più vulnerabili, è fondamentale per raggiungere una transizione sostenibile che sia durevole e che tuteli gli interessi delle generazioni future. A fine settembre, Milano ha ospitato 400 giovani e ritengo che sia uno straordinario esempio di dialogo intergenerazionale. È infatti indispensabile che i giovani siedano ai tavoli negoziali per il raggiungimento degli obiettivi climatici, in quanto spesso sono fonte di ispirazione. Anche durante gli eventi “The Road to Cop26” da noi ospitati a Villa Necchi Campiglio (Milano), abbiamo voluto creare uno spazio di riflessione e dibattito, dedicato all’inclusione, organizzato interamente da giovani e per i giovani.
Infine, dall’appuntamento scozzese di Glasgow, cosa vi aspettate che emerga sui temi quali energia e ambiente?
I nostri eventi “The Road to COP26” a margine della PreCop a Milano, sono stati senza dubbio un trampolino per il vertice di Glasgow, poiché anticipano già in modo puntuale le tematiche che verranno discusse a novembre: assicurare emissioni zero nette a livello globale entro la metà del secolo e contenere l’aumento delle temperature a 1,5 gradi; adattarsi per proteggere le comunità e gli habitat naturali; mobilitare i finanziamenti e, infine, lavorare insieme per raggiungere tali obiettivi.
E proprio questo abbiamo fatto con i nostri partner italiani, con particolare attenzione alla finanza verde, aviazione sostenibile, protezione della biodiversità, geopolitica energetica e promozione di modelli di moda sostenibile.
Come ha detto il presidente della Cop26, Alok Sharma:“Parigi ha promesso, Glasgow deve mantenere le promesse”.
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