Caro energia e crisi climatica, qual è l’impatto sui comprensori sciistici

Tra le conseguenze del caro energia, c’è un aumento esponenziale dei costi di gestione delle stazioni sciistiche.

  • Per i gestori delle stazioni sciistiche, le spese per l’elettricità sono almeno cinque volte più alte rispetto al 2019. Lo rivela Massimo Fossati, presidente di Anef Ski Lombardia.
  • In alcuni casi, questo si tradurrà nell’aumento dei prezzi degli skipass.
  • Gli sport invernali devono confrontarsi anche con temperature sempre più elevate e precipitazioni sempre più scarse.
comprensori sciistici
Le seggiovie richiedono energia per funzionare, così come i cannoni sparaneve © Pixabay

Con l’avvicinarsi dei mesi più freddi, siamo tutti preoccupati dai costi che deriveranno dalla necessità di riscaldare gli ambienti, dato l’incremento dei prezzi dell’energia che ha seguito la crisi geopolitica nell’Est Europa. Per molti appassionati, però, l’inverno coincide anche con un altro momento cruciale: l’apertura della maggior parte dei comprensori sciistici. Dopo le chiusure dovute alla pandemia nel 2020 e la ripresa nel 2021, la stagione 2022-2023 si prospetta nuovamente complicata, proprio perché le attività praticate nei comprensori sciistici sono molto energivore.

L’intera filiera del turismo montano è a rischio

“Tra le conseguenze del caro energia, c’è un aumento esponenziale dei costi di gestione delle nostre stazioni”, avverte Massimo Fossati, presidente del consorzio di aziende funiviarie Anef Ski Lombardia e vicepresidente Anef nazionale. “Rispetto al 2019, le spese per l’elettricità sono aumentate di oltre cinque volte. Per forza di cose, questo si ripercuoterà sui prezzi del servizio che offriamo; andrà però a erodere anche i nostri margini. Posso capire chi sta valutando di rinunciare all’avvio della stagione”.

Anef Lombardia sta dialogando con il suo referente nazionale, oltre che con la Regione, per capire come mitigare i danni di una situazione tanto complessa. “Noi siamo a capo della filiera del turismo montano, specialmente quello invernale. Se la gestione degli impianti di risalita dovesse effettivamente diventare insostenibile, ne risentirebbe tutta la filiera”.

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Com’è la situazione sulle Dolomiti

Anche la posizione di Dolomiti Superski – 15 comprensori, 450 impianti di risalita, 1.200 km di piste, 1 skipass – è quella di una certa preoccupazione. Non solo gli impianti di risalita, ma anche quelli di innevamento necessitano di energia elettrica per poter funzionare. “È ovvio che un rincaro massiccio come lo abbiamo subito fino adesso ha un’enorme ripercussione sulla struttura dei costi delle società funiviarie. E purtroppo, da quello che si capisce, non è ancora finita. Purtroppo, l’insicurezza è molto grande ed è quasi impossibile prevedere con certezza cosa succederà tra oggi e l’inizio della stagione sciistica, che per noi prenderà il via il 26 novembre prossimo”, dicono i gestori.

“Sono al vaglio alcune misure che possano aiutare a contenere le spese per l’energia, ma è difficile in questo campo e Dolomiti Superski, ad oggi, si impegna a garantire il livello di qualità al quale i suoi clienti sono abituati. Ad oggi non sono previste chiusure anticipate, non aperture, meno piste e meno impianti aperti. I prezzi degli skipass sono invece stati ritoccati al rialzo, mediamente del 10 per cento per i giornalieri e plurigiornalieri, mentre gli stagionali sono stati maggiorati del 2,4 per cento. Non sapendo cosa ci aspetta nei prossimi mesi, ci siamo riservati la possibilità di ritoccare ulteriormente i prezzi, nel solo caso che la situazione degeneri e si renda necessario per garantire la sopravvivenza delle società funiviarie associate, che sono aziende che sottostanno alle leggi dell’economia”.

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Nelle località sciistiche degli Appennini vince il turismo di prossimità © Pixabay

Quali sono le conseguenze della crisi geopolitica

La decisione del presidente russo di invadere l’Ucraina nel febbraio di quest’anno non ha avuto ripercussioni solo sulle forniture di gas dalla Russia verso l’Europa, ma anche sugli spostamenti delle persone. Quasi 14 milioni di rifugiati hanno lasciato l’Ucraina in cerca di sicurezza, mentre circa 7 milioni di abitanti sono sfollati all’interno del paese. Un’emergenza umanitaria che sta scuotendo l’intero continente. Si fugge dalla guerra, e non si viaggia per piacere. Per visitare posti nuovi e trascorrere del tempo libero con le proprie famiglie. Un fatto che ha dei pesanti risvolti sociali, prima ancora che economici. Per gli imprenditori del settore, si tratta comunque di qualcosa da tenere in considerazione.

“In Lombardia i flussi turistici sono abbastanza variegati. Le grandi stazioni che lavorano anche con i turisti provenienti dall’Est Europa risentiranno sicuramente dell’attuale situazione geopolitica. Ci sono poi altre stazioni che lavorano con gli sciatori locali e che, probabilmente, dovranno confrontarsi con una ridotta capacità di acquisto da parte della nostra clientela”, continua Massimo Fossati.

Una problematica, quella della perdita di potere d’acquisto da parte delle famiglie, che si riscontra in modo particolare sugli Appennini, dove le località sciistiche vivono di turismo di prossimità. Il compito dei consorzi sarà quello di provare a ribaltare la situazione a proprio favore valorizzando un’offerta che, per i clienti locali, può risultare indubbiamente più vantaggiosa. In Emilia, per esempio, il Cimone sta investendo cinque milioni per potenziare l’impianto di produzione della neve.

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Siccità e riscaldamento globale sono altri fenomeni da fronteggiare

Molti ricorderanno le immagini delle ultime Olimpiadi invernali di Pechino 2022, quando gli atleti più forti del mondo si sono esibiti nel salto con gli sci dal Big Air Shougang, l’enorme rampa costruita nei pressi di un’acciaieria in disuso. Sullo sfondo non c’erano montagne innevate, ma una sorta di paesaggio marziano che ha suscitato molti interrogativi riguardo al futuro degli sport invernali su un Pianeta sempre più caldo, e sempre più arido. Se nei comprensori di Dolomiti Superski la siccità non ha creato problemi, perché i bacini di raccolta idrica per l’innevamento delle piste hanno raccolto l’acqua lentamente sin dalla primavera e sono pronti a entrare in funzione, Massimo Fossati di Anef Lombardia esprime una certa preoccupazione. “Può sembrare strano, ma il vero problema non è l’aumento delle temperature, bensì la mancanza di precipitazioni. Purtroppo, noi impiantisti siamo abituati a fare i conti con i fenomeni legati al clima e ad attrezzarci per ridurne il più possibile l’impatto. La siccità di quest’anno, però, è stata di portata inedita”.

Sono ventuno le città che, a partire dal 1924, hanno ospitato i Giochi olimpici invernali. Se non riusciremo a ridurre le emissioni responsabili del riscaldamento globale, solo quattro risulteranno ancora idonee nel 2050 – nessuna delle quali in Italia. Ci sono interrogativi che non riguardano solo la sopravvivenza di attività come lo sci, ma anche il suo impatto sull’ambiente. La pratica dell’innevamento artificiale implica il consumo di grandi quantità di acqua ed energia. Fortunatamente, le innovazioni tecnologiche delle aziende che realizzano impianti, mezzi battipista e sistemi di innevamento stanno permettendo di diminuire i consumi e gli sprechi. L’acqua “presa in prestito” per produrre la neve viene poi naturalmente rilasciata in primavera, quando a valle il fabbisogno è maggiore. Solo puntando sull’economia circolare si potrà garantire la sopravvivenza dell’ecosistema montano.


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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.