Quando si parla di mobilità sostenibile sono diversi i temi che vanno affrontati, sia in tema di opportunità che di difficoltà, ma rimane un dato oggettivo: il processo è irreversibile e bisogna adoperarsi per renderlo il più veloce possibile.

Da questo spunto si è partiti per affrontare ogni sfaccettatura del tema affrontato alla due giorni del 13 e 14 ottobre della “Conferenza internazionale della mobilità sostenibile: uno sguardo europeo” di Firenze ExpoMove 2021-2022.

Sostenibilità sociale: il costo della riconversione industriale

Nel post pandemia, afferma Anna Donati, responsabile mobilità Kyoto club, “si è osservato un cambiamento, che ha determinato l’aumento dell’utilizzo delle biciclette, ma rimane una crisi del mezzo pubblico e il fatto di dover orientare tutti i mezzi, quali scooter, bus, bici ed auto elettriche verso l’elettrificazione e lo sharing, poiché l’automobile sta per lo più in sosta ad ingombrare le città”. “Ma in questo passaggio, continua Donati, non si deve temere che meno auto significherà meno lavoro, perché attraverso l’innovazione si può riconvertire la produzione senza traumi. Certo, bisogna fare un piano industriale che parta da ciò che esiste e capire le opportunità di una riconversione della produzione, per questo abbiamo aperto un tavolo anche con i sindacati”. 

 Gianmarco Giorda ANFIA
L’intervento in video di Gianmarco Giorda, direttore generale Anfia

Sul tema della sostenibilità sociale di una riconversione industriale verso l’elettrico è intervenuto anche Gianmarco Giorda, direttore generale Anfia, che rappresenta 250mila lavoratori in Italia. Ovviamente Anfia è favorevole all’elettrificazione, però sottolinea la necessità di gestire la transizione in modo efficace con le istituzioni, perché: “160mila persone sono impiegate nella componentistica e 60mila nella componentistica tradizionale e vanno tutelate. Produrre pistoni o marmitte non è la stessa cosa di produrre inverter, quindi occorre un piano che venga gestito bene per rivedere processi e competenze delle persone e trovare un equilibrio tra tutti in questo processo già tracciato”.

I passi avanti dell’automotive

Indiscutibilmente, il mondo dell’auto in Italia è tra i settori che inquina maggiormente, a causa di un parco circolante particolarmente vecchio, ma è anche il settore che ha fatto più passi in avanti. Michele Crisci, presidente Unrae e ad di Volvo Italia afferma: “Il motore endotermico non è efficiente, come non lo sono i riscaldamenti né gli allevamenti intensivi, ma il mondo dell’auto ha preso decisioni chiare: essere fattore trainante verso la sostenibilità. Certamente, le istituzioni devono aiutare ad accelerare la transizione e ognuno deve fare il suo dovere e penso che i produttori di auto stiano facendo il proprio dovere con le ibride, le auto elettriche e in futuro con l’idrogeno”. 

Indiscutibilmente, l’auto elettrica è più efficiente dell’auto endotermica, anche se ancora viene alimentata con energia convenzionale e non totalmente proveniente da rinnovabili. A parte gli interventi nel prossimo futuro, “ad oggi, bisogna necessariamente pulire il parco circolante, continua Crisci, il 27% di 40milioni di auto sono euro4. Sicuramente la fiscalità sull’auto deve aiutare, come devono aiutare gli incentivi e le infrastrutture, ma questo si sarebbe dovuto fare ieri, invece ne stiamo ancora parlando. Infine, trasporto pubblico e privato non sono nemici, ma devono invece essere integrati e sostenibili economicamente”.

Il riciclo delle batterie a fine vita

A che punto siamo in Italia con lo smaltimento delle batterie al litio e del riciclo dei prodotti a fine vita? Lo ha spiegato Michele Zilla di Cobat: “In Italia, siamo stati i primi, insieme al Cnr, a depositare un brevetto che si basa su un processo idrometallurgico, ossia sull’impiego di soluzioni acide per recuperare i minerali presenti nelle batterie. Il trattamento con sostanze acide, infatti, massimizza il recupero del litio e consente di dare nuova vita alle batterie esauste. Bisogna però che si crei un dialogo tra l’ingegnere che costruisce la macchina e chi la deve smaltire. Bisogna fare uno sforzo ed in questo senso l’eco-design può aiutare tantissimo”. Zilla sottolinea anche il ruolo importante di avere delle batterie che vadano verso l’omologazione: meglio si conosce il prodotto più è semplice riciclarlo. Inoltre, gli impianti di smaltimento dovrebbero essere collocati in prossimità del luogo di produzione del bene. 

I sistemi Cobat fanno parte di Eucobat a livello europeo, così che il tema del riciclo delle batterie al litio possa essere affrontato anche qui e si trovino delle soluzioni a livello di filiera, perché come conclude Zilla: ”C’è una curva di cambiamento, il riciclo esiste di tutto, ma ci sono impianti limitati e parcellizzati per riciclare il litio, non esiste quindi un problema di smaltimento in sé delle batterie, quanto piuttosto di costi che sono ancora troppo elevati, perciò bisogna costruire una filiera efficiente”.

Il problema della capillarità dell’infrastruttura e delle autorizzazioni

“Non si può sviluppare la mobilità elettrica, senza avere una infrastruttura di ricarica capillarmente diffusa sul territorio, ma questo porta con sé altri due problemi: il fatto che debba essere diffusa, ma non invasiva, e che per poterle installare occorrano delle autorizzazioni che si fa fatica ad ottenere, motivo principale per cui l’Italia è indietro su questo”. Queste le parole di Fabrizio Iaccarino del Consiglio generale di Elettricità Futura e responsabile Affari istituzionali di Enel.

Sempre a proposito dell’infrastruttura di ricarica, un altro tema è la velocità di ricarica, che differisce da una colonnina ad un’altra. “Bisogna sicuramente incentivare la ricarica veloce, afferma Iaccarino, ma tenere presente che l’auto elettrica non ha la stessa valenza dell’auto tradizionale e va comunque utilizzata meno in città. Perciò bisogna rivedere un pò tutto e fare un ragionamento a 360 gradi, coerente con ambiente e città. Anche l’infrastruttura della rete stradale è da costruire e ha lo stesso problema autorizzativo di quella urbana, inoltre non si comprano ancora i bus elettrici perché costano tanto, ma è necessario incentivarne l’utilizzo. Serve una chiara traiettoria da dare al mondo industriale che così potrebbe aiutare questo settore”.

A Firenze la raccolta dei rifiuti è elettrica

L’azienda Gorent – Go green di cui è presidente Furio Fabbri è la prima azienda ad acquistare camion totalmente elettrici da Renault, che noleggia per la raccolta rifiuti. “Con nostra grande sorpresa, dice Fabbri, questo settore è stato quello più semplice in cui mettere a terra il progetto della mobilità elettrica: i percorsi sono dentro la città di Firenze, i camion non fanno rumore, non inquinano. Sono i primi pesanti elettrici che fanno un turno di lavoro e alla fine hanno, pur andando in discariche anche lontane,  ancora il 30-40% di capacità a livello di batteria”. 

“Per quanto riguarda la loro ricarica, continua Fabbri, era impensabile mettere delle colonnine, perciò abbiamo ideato un villaggio della sostenibilità, dove produrremo 10 MW di energia sostenibile, con tecnologia svizzera, copiando il sistema aeronautico. Andiamo sostanzialmente a fare il biberonaggio, cioè controlliamo i camion da remoto mentre sono in giro a lavorare e vediamo quando il mezzo sta entrando in una fascia critica. A quel punto, parte un mezzo speciale a idrogeno che gli dà carica e così il camion finisce il suo giro. In caso contrario, sarebbe impensabile che il camion torni a ricaricarsi in deposito. Quindi, concludendo, bisogna pensare alle soluzioni e non ai problemi, se si entra nell’ottica di voler risolvere i problemi si fa”. 

Il tema della formazione

Un tema fondamentale se si vuole passare all’auto elettrica, è quello della formazione di chi dovrà lavorare nel settore. 

Francesco Naso, segretario generale Motus-e mette in rilievo come la riconversione non può essere veloce, poiché: “Per formare un ragazzo che lavorerà nella mobilità elettrica ci vogliono almeno cinque anni e noi siamo parecchio indietro su questo. Noi abbiamo creato una rete di Its ma è una goccia nel mare, in quanto manca anche chi forma, non ci sono persone così formate che siano in grado a loro volta di formare, perché molti sono andati all’estero. Quindi, non ci sono competenze o sono poche e bisogna attrarre talenti nelle imprese, nonché insegnanti, formatori e ricercatori”.

Naso, in merito alla questione del parco circolante vecchio e inquinante, avanza la proposta di rivedere completamente il bollo auto: aumentandolo gradualmente per i mezzi più inquinanti e usare queste risorse per aiutare coloro che non si possono permettere di passare a mezzi più puliti. 

Continua Naso: ”Le politiche nel settore, vanno fatte con piani a dieci anni, che riguardano tutti gli aspetti, tra cui le colonnine. In ambito urbano, siamo indietro sulle autorizzazioni e stiamo facendo degli accordi con i distributori di elettricità in modo da evitare colonnine appese, non collegate alla rete. La crescita delle infrastrutture di ricarica deve avvenire in modo armonico”, conclude.

Su questo, Enrico Pagliari, coordinatore rete elettrica di Aci, sostiene che appunto la sostenibilità debba essere anche normativa, perché ci si incarta e non si va avanti. Invece, bisogna fare una cosa che in Italia si fa poco, ovvero pianificare la nostra mobilità in un’ottica sostenibile.

La posizione degli ambientalisti

Infine, Legambiente e Fondazione Symbola concordano sul fatto che si debba accompagnare il cambiamento e che lo Stato deve aiutare la riconversione, ormai ineluttabile. Tra l’altro, il presidente della Fondazione, Ermete Realacci, si dice positivamente sorpreso del risultato di un rapporto che presenteranno la settimana prossima, dal quale emerge che la produzione di veicoli elettrici nel 2020 è stata del 17%. Dunque, la strada oramai è tracciata. 

Stefano Ciafani Legambiente
Stefano Ciafani Legambiente

Il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, afferma che, la mobilità elettrica è un’onda crescente e inarrestabile da cavalcare, in quanto costituisce un’opportunità, e se non lo faremo noi, lo farà comunque qualcun altro. Inoltre: “Le rottamazioni vanno orientate verso le auto elettriche o realmente ibride e bisogna infrastrutturare le città, dice, composte per lo più da condomini. Sul riciclo delle batterie al piombo siamo stati un’eccellenza, perciò si può fare anche per quelle al litio. Aggiungo poi, che le merci viaggiano ancora per l’80% su gomma in Italia, mentre se si permettesse alle ferrovie per le merci di entrare nei porti, tutti i container potrebbero uscire da qui su rotaia”, conclude.


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Professionista delle Relazioni Esterne, Comunicazione e Ufficio Stampa, si occupa di energia e sostenibilità con un occhio di riguardo alla moda sostenibile e ai progetti energetici di cooperazione allo sviluppo. Possiede una solida conoscenza del mondo consumerista a tutto tondo, del quale si è occupata negli ultimi anni.