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Da uno studio pubblicato su Nature Sustainability, rivista del gruppo Nature, a cui ha collaborato anche Ispra, emerge una situazione alquanto disastrosa sulla quantità di macro rifiuti galleggianti contenuti nei fiumi europei.

La quantità annuale ammonta a più di 600 milioni di rifiuti maggiori di 2,5 cm, di cui la maggior parte è composto da plastica, inclusa quella monouso, ancor più grave se si pensa che il 40% degli oggetti arriva al mare già frammentato, il che significa che molti oggetti di plastica iniziano a frammentarsi nei bacini dei fiumi prima di raggiungere l’oceano.

A dare il maggior contributo negativo della plastica gettata nei fiumi, che successivamente finisce negli oceani, sono le economie ad alto reddito. 

Lo studio

Il monitoraggio di 42 fiumi in 11 paesi in tutta Europa fornisce il più grande database di input di macrolitter galleggianti fluviali all’oceano. Più di 700 raccolte di informazioni dal monitoraggio sul campo risultano trasportate da grandi fiumi come il Danubio, il Rodano, la Vistola e il Douro, verso corsi d’acqua molto piccoli.

I Paesi ad alto reddito esportano i rifiuti nei paesi terzi

Con il 17%, la Turchia è il primo Paese della lista tra quelli inclusi nello studio. 

Le economie ad alto reddito condividono il 64% del carico totale annuale di rifiuti, includendo Italia, Regno Unito, Spagna e Grecia tra i primi cinque contribuenti. 

L’autore principale dello studio, Daniel González, ricercatore presso l’università di Cadice (Uca in Spagna) dichiara: ”La nostra valutazione dimostra che i Paesi con le presunte migliori strategie di gestione dei rifiuti non sono in grado di fermare l’inquinamento da plastica dal raggiungere i loro corsi d’acqua e, infine, i loro mari”. 

“Questo sta accadendo in uno scenario in cui le economie ad alto reddito stanno alleggerendo la pressione sui loro sistemi esportando plastica nei paesi terzi”, aggiunge Andrés Cózar, co-autore dello studio e capo del Uca Marine litter lab.

Dopo che, nel 2017, è stata limitata l’importazione della plastica dalla Cina, la Turchia è diventata una delle maggiori destinazioni di esportazione dei rifiuti europei di plastica.

Recentemente, alcune ong hanno riferito che il Regno Unito, piuttosto che riciclare i rifiuti plastici, ne scarica e brucia una parte importante delle sue importazioni in Turchia.

Le economie ad alto reddito, oltre che avere il primato della generazione di rifiuti di plastica, esportano per lo più quelli di bassa qualità, dovrebbero perciò gestire a monte il problema, riducendone il consumo ed evitandone così la produzione. 

I grandi fiumi consegnano meno rifiuti all’oceano rispetto ai piccoli

Osservazione interessante emersa dallo studio, è che i grandi fiumi consegnano meno rifiuti all’oceano rispetto a quelli piccoli. 

In Europa, circa il 70% del carico annuale di rifiuti viene convogliato attraverso numerosi piccoli bacini costieri, ovvero inferiori a 100 kmq. 

Gli autori spiegano questa scoperta sulla base di due argomenti: il primo, che i 32 Paesi europei ed eurasiatici considerati nello studio includono le immissioni di rifiuti da 23.000 di questi piccoli bacini costieri, legati a piccoli fiumi, ruscelli e torrenti intermittenti che sono attivati dalle acque di tempesta. 

In secondo luogo, l’emissione di plastica dai bacini più piccoli di 100 kmq, molti dei quali altamente popolati, non è stata considerata nei modelli precedenti. 

“A differenza di quanto suggerito fino ad oggi, i nostri dati mostrano che la plastica emessa nell’oceano è un problema al di là di un numero limitato di fiumi ampiamente inquinati e di economie a basso reddito”, spiega González.

Seconda argomentazione: le misurazioni sul campo mostrano che i grandi fiumi sono meno efficienti nel trasferire i macrolitter galleggianti all’oceano rispetto ai piccoli bacini. I grandi fiumi europei infatti, sono altamente regolamentati, interrompendo il loro flusso naturale. 

“Il Danubio ha più di 700 dighe e sbarramenti nei suoi principali affluenti, che impediscono il trasporto di macrolitter a valle della costa”, aggiunge González.

“Grandi quantità di plastica molto probabilmente rimangono intrappolate a monte delle dighe, spiaggiate sulle rive del fiume o impigliate nella vegetazione, in attesa di essere frammentate prima di continuare il loro viaggio verso l’oceano sotto forma di piccoli pezzi e microplastiche”, sottolinea Cózar. “La dimostrata mobilità e persistenza dei rifiuti di plastica richiede azioni incentrate sulla riduzione delle perdite alla fonte”, conclude.


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