Il lockdown ha inciso positivamente sull’inquinamento atmosferico. La conferma arriva da uno studio congiunto dell’università Sapienza di Roma, università del Molise, Istituto sull’inquinamento atmosferico del CNR e Arpa Lazio, pubblicato sulla prestigiosa rivista ScienceDirect.
Secondo i risultati delle analisi condotte (dal 9 marzo al 18 maggio 2020), il blocco della circolazione veicolare ha portato a Roma una diminuzione della massa del PM10 (pari al 30%) e del contenuto di carbonio (40%).
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Crollo PM10 a Roma durante il lockdown
Sono stati raccolti campioni di PM10, 24 ore su 24, in tre siti nell’area metropolitana di Roma, due urbani (Sapienza e Via Saredo, maggiormente impattate dal traffico veicolare) e una periurbana (Montelibretti, maggiormente impattata dal riscaldamento domestico a biomasse). Presso la Sapienza e Montelibretti sono stati effettuati prelievi giornalieri di PM10 nel periodo immediatamente precedente il lockdown e presso Via Saredo sono stati prelevati campioni anche dopo la fine delle misure di contenimento.
Il PM10 è stato analizzato chimicamente su tre set di dati, con l’obiettivo di individuare e ripartire i contributi delle fonti che hanno agito nella composizione degli inquinanti atmosferici.
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Frazionamento chimico degli elementi
Dalle analisi è risultato che le fonti di emissione durante il lockdown erano principalmente riconducibili a avvezione a lungo raggio (polveri minerali, combustione di olio pesante), mentre le fonti locali (traffico veicolare e combustione di biomassa) si sono ridotte fortemente rispetto al precedente periodo di campionamento.
Lo studio ha dunque permesso di valutare la riduzione dell’impatto delle fonti antropiche (traffico veicolare) e l’efficienza delle misure di attenuazione per il controllo del PM10. I solfati acidi (bisolfato e letovicite) sono risultati associati a eventi di trasporto di polveri minerali ed è stato ulteriormente confermato il ruolo di elementi chimicamente frazionati come traccianti specifici della sorgente.
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