- La crisi energetica non ha portato a una significativa riduzione dei livelli di metano in atmosfera.
- Lo rivela il Global Methane Tracker dell’Agenzia internazionale dell’energia.
- Eppure, basterebbe poco per invertire la rotta: il commento di EDFE.
L’aumento dei prezzi dell’energia, la scarsa sicurezza degli approvvigionamenti e l’incertezza economica non hanno portato a una significativa diminuzione delle emissioni di metano (CH₄) nel 2022. A rivelarlo è il Global Methane Tracker dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA l’acronimo in inglese), pubblicato nel mese di febbraio 2023. L’anno scorso, l’industria energetica globale ha rilasciato 135 milioni di tonnellate di metano nell’atmosfera, un valore di poco inferiore al record del 2019. Il settore è responsabile, attualmente, del 40 per cento delle emissioni di CH₄ attribuibili alle attività antropiche, secondo solo all’agricoltura.
Crisi energetica e avanzata delle rinnovabili
“Vorrei citare una frase di Paul Krugman: ‘È nell’interesse di molte persone che qualcuno faccia qualcosa per ridurre le emissioni di gas serra, ma ognuno vorrebbe che quel qualcuno fosse qualcun altro’. I livelli di metano sono ancora troppo elevati, anche se le azioni di mitigazione sarebbero state fortemente agevolate dall’impennata dei prezzi dell’energia e dalla crisi economica”, spiega Ilaria Restifo, responsabile per l’Italia di Environmental Defense Fund Europe (EDFE).
E nemmeno l’avanzata delle fonti energetiche rinnovabili è risultata determinante, da questo punto di vista. “È vero che, in generale, le quote di rinnovabili stanno crescendo, ma la risposta dell’Unione europea alla crisi energetica è di carattere locale, mentre a livello globale ci sono ancora economie che dipendono fortemente dai combustibili fossili. Alla riduzione della dipendenza dal gas russo, poi, si è contrapposto il potenziamento delle importazioni da altri Paesi, come l’Algeria nel nostro caso. Nazione che brucia almeno dieci miliardi di metri cubi di metano in torcia ogni anno”.
Riscaldamento globale, il contributo del metano
A partire dalla Rivoluzione Industriale, secondo gli esperti dell’IEA, il metano ha contribuito per il 30 per cento all’aumento delle temperature medie globali. La durata della sua permanenza nell’atmosfera è inferiore rispetto a quella dell’anidride carbonica, ma come gas serra è più potente. Il ramo Oil&Gas potrebbe ridurre le sue emissioni del 75 per cento grazie a tecnologie già esistenti, secondo gli autori del report. E gli investimenti necessari ammonterebbero a circa cento miliardi di dollari, meno del 3 per cento del reddito maturato dalle aziende petrolifere lo scorso anno.
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“Nei primi vent’anni dal rilascio in atmosfera, una molecola di CH₄ ha un potere climalterante ottanta volte superiore a quello della CO2”, prosegue Ilaria Restifo. “Per questo, ridurne la concentrazione rappresenta un’eccezionale strategia di mitigazione del riscaldamento globale. Il settore dell’energia è quello che deve impegnarsi maggiormente in tal senso, visto che il metano è il principale componente del gas naturale e ha un valore economico intrinseco”.
Le strategie di mitigazione
Alcune delle azioni da compiere sono contenute nella proposta europea di regolamento sulle emissioni di metano nel settore energetico. “Prima di tutto, è importante passare dalle stime alle misurazioni dirette, con il contributo dei satelliti e dell’intelligenza artificiale. Poi servono delle tecniche di riparazione con delle frequenze elevate, comprese quelle dei super emettitori, ed è necessario porre fine alle pratiche di sfiato e di combustione in torcia tramite dei progetti, peraltro già nominati nel piano REPowerEU, come la cattura dei volumi dispersi in atmosfera”. È però indispensabile che misure come queste non trovino applicazione solo in Europa, ma anche nei Paesi esportatori di combustibili fossili.
Stopping all non-emergency flaring & methane leaks could bring around 200 billion cubic metres of natural gas to today’s strained markets
This is more than the EU’s total annual gas imports from Russia prior to the invasion of Ukraine.
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— International Energy Agency (@IEA) March 7, 2023
Il Global Methane Pledge e il ruolo del nostro Paese
Il report IEA include una roadmap e una serie di strumenti normativi per guidare l’operato di aziende e decisori politici che desiderino intervenire, in particolare, nell’ambito delle miniere di carbone. C’è poi una riflessione sul Global Methane Pledge, l’accordo lanciato da Stati Uniti e Unione europea nel novembre 2021 alla Cop 26 di Glasgow, che ora comprende 150 Paesi. L’obiettivo è tagliare collettivamente le emissioni di metano del 30 per cento al 2030 rispetto ai livelli del 2020, adottando misure non solo in campo energetico, ma anche in agricoltura e nella gestione dei rifiuti.
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“A giugno dell’anno scorso è stato avviato il primo di questi tre percorsi, cioè l’Energy Pathway, e nel mese di novembre, in occasione della Cop 27, sono partiti anche gli altri due. In particolare, gli sviluppi del percorso energetico riguardano la Dichiarazione congiunta dei Paesi importatori ed esportatori di energia fossile per limitare le emissioni climalteranti, e l’utilizzo dei dati satellitari per agire sulle fonti dei super emettitori, anche tramite alcune iniziative dell’UNEP. L’Europa ha fatto un passo importante con la prima proposta di regolamento a livello continentale che affronta il problema. Ma anche ad aver lanciato, insieme agli Stati Uniti, il Global Methane Pledge che ha raggiunto 150 Paesi aderenti. Ora non ci resta che attendere la presentazione, da parte dei firmatari che non l’hanno ancora fatto, dei piani nazionali di attuazione dell’accordo”, conclude Restifo. Fra questi c’è l’Italia che, secondo la responsabile EDFE, ha tutte le carte in regola per dare un grosso contributo in questo senso.
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