Anche le banche devono adattare le proprie strategie per limitare le conseguenze economiche e sistemiche della crisi climatica. Per farlo la diversificazione dei prestiti e l’integrazione dei fattori climatici nelle valutazioni sono secondo uno studio pubblicato sull’European Journal of Finance, e che vede tra i firmatari quattro economisti, tra cui Rong Ding, docente e professore di contabilità presso NEOMA Business School, le chiavi del successo. Si tratta di eventi che in genere aumentano il rischio di insolvenza e agiscono negativamente sui mercati finanziari.
Come nasce l’indice climatico
Lo studio ha messo a fuoco i prestiti sindacati interstatali, come un elemento di criticità per amplificare la crisi. A tal fine i ricercatori hanno realizzato un indice per valutare l’esposizione delle banche ai rischi climatici. Per realizzarlo hanno guardato a indicatori relativi ai danni causati dalle catastrofi climatiche – numero di vittime, perdite finanziarie, distruzione di beni – con strumenti di valutazione del rischio di insolvenza bancaria. Così da quantificare con precisione gli effetti dei disastri naturali sulla solidità finanziaria degli istituti di credito. Da questo si evidenzia come ci sia una netta correlazione tra quando l’esposizione al rischio climatico aumenta di una deviazione standard (unità di misura statistica significativa), tutti gli indicatori di rischio finanziario peggiorano per le banche creditrici.
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“È la prima volta che viene stabilita una correlazione così precisa tra esposizione climatica e perdite finanziarie attese”, sottolineano i ricercatori in una nota. L’obiettivo è la creazione di un indice di esposizione al rischio climatico, utile per identificare le aree più vulnerabili e anticipare le difficoltà che le banche potrebbero incontrare nel recupero dei crediti in queste zone. Dall’analisi emerge un aumento del “deficit marginale atteso” – ossia la perdita media che una banca può subire negli scenari peggiori – pari al 14,7% nel breve termine e all’1,3% nel lungo periodo. Anche la “valore a rischio”, ovvero la perdita massima probabile, cresce in modo simile, così come la probabilità di destabilizzazione dell’intero sistema finanziario (“contributo al rischio sistemico”).
“I nostri risultati dimostrano che una gestione proattiva e una migliore capacità di anticipazione dei rischi climatici sono essenziali per garantire la resilienza del settore”, concludono gli autori dello studio. Inoltre agire in maniera preventiva integrando un indice di esposizione ai rischi climatici nelle valutazioni finanziarie potrebbe costituire una leva strategica fondamentale.
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