Rinnovabili: “Ricorrere agli impianti a terra per ragioni economiche”

Lo studio presentato, presso il Gse, da Althesys in collaborazione con European Climate Foundation

L’impronta di fotovoltaico ed eolico a terra utilizza, a livello nazionale, un’area pari allo 0,15% della superficie agricola, ovvero lo 0,11% della superficie agricola totale, che comprende anche quella non utilizzata. Nel 2023, per una potenza disponibile di 9 GW di fotovoltaico a terra, la quota sul totale si fermava al 30%, con un uso del suolo di 167 kmq. Per le rinnovabili, al 2035 si prevede una capacità raddoppiata a 20 GW e un’incidenza sui suoli agricoli prevista in 283 kmq (+116 kmq). L’impronta si riduce ulteriormente grazie all’agrivoltaico (stimati in 393 kmq in più al 2035 per 1.310 kmq di superfici), che offre l’integrazione tra produzione energetica e uso agricolo con un risparmio di almeno il 70% delle superfici su cui insiste.

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Foto di Chelsea su Unsplash.

Sono i dati che emergono dallo studio presentato il 5 dicembre, presso il Gse, da Althesys in collaborazione con European Climate Foundation, su Paesaggio e rinnovabili, una convivenza possibile che indaga le opportunità e le sfide per lo sviluppo sostenibile del territorio, in vista degli obiettivi di riduzione del 53% delle emissioni al 2030.

“Giusto bilanciamento tra grandi impianti e produzione diffusa”

Secondo i numeri, l’eolico dispone oggi di 0,03 GW di capacità a mare e 12,3 GW a terra (con una stima di espansione di 1,4 volte) con un uso di suolo di 18 kmq, e continuerà ad avere un’occupazione minima di suolo ma un fabbisogno specifico di superfici superiore alle altre fonti dovuto alle grandi distanze tra le turbine” si legge a commento nella nota stampa. Tra dieci anni si stimano 30 GW (+17 GW) e 44 kmq di suolo (+26 kmq) e 3.489 kmq di superfici necessarie: “Lo sviluppo delle rinnovabili elettriche, tuttavia, richiederà investimenti anche in reti e accumuli, che necessitano di altro spazio”. Per le batterie di grande dimensione si prevede un uso di suolo molto contenuto.

Lo scenario al 2035 dello studio immagina un settore elettrico completamente decarbonizzato, alimentato solo da fonti rinnovabili e sostenuto da reti intelligenti e risorse di flessibilità come accumuli, idrogeno e gestione della domanda, principalmente eolica e fotovoltaica: “È necessario trovare il giusto bilanciamento tra grandi impianti e produzione diffusa, considerato che nel 2023 il totale degli impianti solari utility scale (oltre il MW) è circa il 30% del totale mentre la gran parte è residenziale-commerciale di piccola taglia” rileva lo studio.

L’analisi evidenzia la “necessità di ricorrere agli impianti a terra per ragioni economiche”: nei prossimi anni si prevede una maggiore entrata in esercizio di questi impianti in misura maggiore rispetto al passato, andando a ribaltare il rapporto 40-60% tra terra e non a terra.

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Rinnovabili: impianti in aree a basso impatto e pianificazione consapevole

In merito al tema dell’impatto sul paesaggio, lo studio privilegia una visione in cui la transizione energetica “non risponde solo a obiettivi climatici, ma mira anche all’efficienza, all’innovazione e al progresso tecnologico”. La soluzione è rappresentata da una “pianificazione consapevole, una distribuzione diffusa e una progettazione rispettosa”, per far sì che le rinnovabili possono integrarsi nel territorio in modo sostenibile e vantaggioso. L’approccio che, stando allo studio, dovrebbe essere seguito è quello che guada a progetti che rispondano all’urgenza climatica senza compromettere la qualità del paesaggio, “privilegiando aree a basso impatto, come zone industriali dismesse, tetti, parcheggi e cave abbandonate”.

Per quanto riguarda l’installazione di pannelli fotovoltaici nei campi o pale eoliche sui crinali della montagna, “ci si imbatte soprattutto nelle paure dei residenti di quei territori che vedono cambiare il paesaggio, e affrontano tutto questo senza disporre di adeguate informazioni sulle opportunità che ne deriverebbero” afferma lo studio. Per migliorare l’accettabilità di questi progetti è necessario disporre di strumenti in grado di offrire benefici tangibili e quantificabili. Si potrebbero cioè destinare risorse provenienti da fondi ambientali, o da meccanismi di scambio di permessi di inquinamento (Ets), per mitigare gli eventuali impatti delle rinnovabili sul paesaggio.

E ancora, uno dei principali benefici delle rinnovabili è anche la possibilità di ridurre i costi energetici per famiglie e imprese, anche grazie all’autoproduzione. Lo studio prevede che la sostituzione della produzione da combustibili fossili con quella rinnovabile favorirà una riduzione dei prezzi zonali dell’energia elettrica: “Con la riforma del mercato elettrico, questa riduzione si tradurrà principalmente in un alleggerimento della componente energia (che nel 2023 è stata in media il 60% dei costi per le imprese) per i consumatori nelle regioni a maggiore penetrazione di rinnovabili” conclude la nota.

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