Consorzio Biorepack e Cnr-Ipcb alleati per scoprire i falsi sacchetti bio

Lo scorso 20 dicembre a Catania l’Istituto per i polimeri, compositi e biomateriali (Ipcb) del Cnr e il Consorzio per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile (Biorepack)hanno firmato una convenzione per individuare quanto è diffuso l’utilizzo di poliolefine. In particolare lo studio è concentrato sul polietilene in sacchetti commercializzati come compostabili.

sacchetti di plastica
I sacchetti di plastica inquinano le spiagge e sono molto pericolosi per le tartarughe marine © Oleksandr Sushko/Unsplash

Come si svolgerà la ricerca

In base all’accordo, il Cnr-Ipcb effettuerà la ricerca e l’analisi dell’eventuale contenuto di polietilene su campioni di sacchetti per asporto merci e per imballaggio di alimenti sfusi.

Saranno reperiti nei punti vendita della Gdo, nei mercati e nei negozi in modo da verificarne la conformità alla legge.

Gli obiettivi della convenzione

La convenzione verificherà la diffusione delle poliolefine negli involucri certificati come compostabili.

Marco Versari, presidente di Biorepack, spiega: “La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ricorda che circa il 25% degli shopper immessi a consumo non è a norma. Contrastare i comportamenti illegali, per quanto difficile e faticoso, è l’unico modo per tutelare l’efficacia degli imballaggi in bioplastica compostabile”.

I sacchetti in bioplastica compostabile sono, infatti, un valido alleato per migliorare la raccolta differenziata dei rifiuti organici e per incrementare quantità e qualità del compost ottenuto negli impianti di trattamento. Molti, tuttavia, sono ancora i casi di uso e commercializzazione di prodotti illegali.

Questi spesso arrivano da filiere estere non controllate, ad esempio sacchi per asporto merci e sacchetti forniti come imballaggio primario di alimenti sfusi che contengono poliolefine (PO). Tra queste il polietilene (PE), in percentuali variabili.

Paola Rizzarelli, ricercatrice del Cnr-Ipcb, conclude: “I bioshopper sono costituiti da miscele complesse di più componenti polimerici e di additivi di varia natura. La metodica messa a punto, applicata in due fasi, combinando due tecniche analitiche, una qualitativa e l’altra quantitativa, consente di svelare la natura chimica del materiale”.

Le indagini avranno inizio nel gennaio del prossimo anno e i risultati verranno resi noti nel corso del 2023.


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