Aumentano i casi di illegalità nelle bioplastiche compostabili

Più disinformazione, prodotti “pseudo-riutilizzabili” e sacchetti non compostabili

Nella filiera delle bioplastiche compostabili sono ancora molto diffusi i fenomeni di illegalità: dal dumping, alla diffusione di stoviglie “pseudo-riutilizzabili”, alla presenza di materiali non compostabili all’interno della raccolta dell’umido. Questa è la fotografia contenuta nel X Rapporto sulla filiera delle bioplastiche compostabili, presentato durante il convegno organizzato da Assobioplastiche, dal Consorzio Biorepack e dal CIC, Consorzio Italiano Compostatori.

Il comunicato stampa ricorda che tale filiera ha un forte valore strategico, sia dal punto di vista di propensione agli investimenti di ricerca e sviluppo, sia per la capacità di costruire sinergie con altri settori, in particolare quello agricolo, e, soprattutto, per i vantaggi ambientali che garantisce. È quindi fondamentale proteggerla dagli atti illegali che possono danneggiarla.

Produzione di bioplastiche in calo

Dal rapporto del 2023 di Plastic Consult è emerso che il fatturato sviluppato dalla filiera, dopo il record di 1,16 miliardi di euro registrato nel 2022, è sceso del 29%, attestandosi a 828 milioni. Sono calati anche i volumi complessivi dei manufatti prodotti: 120.900 tonnellate nel 2023, ovvero -5,5% rispetto all’anno precedente. Nel 2023 le maggiori difficoltà sono state incontrate nel comporto monouso, schiacciato tra la concorrenza dello “pseudo-riutilizzabile” e dalle importazioni di manufatti compostabili dall’Asia. Positivo, invece, l’andamento dei prodotti legati alla raccolta dell’umido.

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Riciclo e trattamento: i numeri rilevanti

Per quanto riguarda le attività di riciclo organico delle bioplastiche compostabili, i numeri rimangono positivi: nel 2023 il tasso al netto degli scarti è stato pari quasi al 57% del totale immesso al consumo. Un dato superiore agli obiettivi di riciclo fissati per il 2025 (50%) e anche per quelli del 2030 (55%). È cresciuto anche il numero di comuni convenzionati con il consorzio Biorepack, sono infatti oltre 4600. Agli enti locali convenzionati sono stati riconosciuti corrispettivi economici per 9,4 milioni di euro, per coprire i costi di raccolta, trasporto e trattamento degli imballaggi in bioplastica compostabile.

Foto Bioplastiche

Sono buoni anche i dati relativi alle attività di trattamento: sono 155 i siti di compostaggio, distribuiti nelle diverse regioni italiane, che hanno trattato nel 2022 oltre 5milioni di tonnellate di rifiuto umido urbano. Il loro contributo alla produzione di compost è stato pari a 1,44 milioni di tonnellate. Numeri di grande rilievo ambientale, in quanto, come evidenziato dal Comitato Nazionale per la Biosicurezza, ogni tonnellata di rifiuto organico che viene processato tramite compostaggio anziché smaltito in discarica, permette di evitare l’emissione di 1,4 tonnellate di CO2.

Gli ostacoli alla crescita

Le forme di illegalità non danneggiano solo la filiera ma hanno anche pericolose esternalità ambientali. A esserne colpiti sono soprattutto i bioshopper e i sacchetti dell’ortofrutta: nonostante le disposizioni legislative, infatti, la commercializzazione frequente di borse da asporto merci realizzate in materiale non compostabili è ancora frequente.

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Come già detto, inoltre, sono in aumento i prodotti “pseudo-riutilizzabili”. Piatti, bicchieri e posate in plastica tradizionale che in teoria dovrebbero essere banditi dagli scaffali, ma che continuano a essere commercializzati perché autodichiarati riutilizzabili. Il comunicato spiega che tutto ciò è possibile a causa di una lacuna della normativa italiana, che non ha mai indicato esplicitamente i parametri per poter definire riutilizzabile un prodotto.

A ciò si aggiunge un pericoloso aumento dei casi di disinformazione, che alimenta un circolo vizioso di fake news sui materiali compostabili.

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