61% di capacità fotovoltaica al 2030 sarà installata nel Sud Italia

I dati del 4° Rapporto Sud, realizzato da Utilitalia e Svimez, con focus su rinnovabili, utilities, rifiuti e sistema idrico

Il Mezzogiorno d’Italia ha il maggiore potenziale su scala nazionale di produzione da fonti rinnovabili (eolico e solare) e le filiere di acqua, energia, ambiente valgono il 4,7% del Pil. Lo rivela il 4° Rapporto Sud realizzato da Utilitalia e Svimez, presentato a Palermo il 21 ottobre, che valuta gli impatti economici e occupazionali del settore delle utility nelle regioni meridionali.

Sud Italia

Fotovoltaico in crescita in tutte le regioni del Sud Italia

Il ruolo decisivo è nel settore fotovoltaico, contribuendo per circa il 35% della capacità totale installata, in crescita in tutte le regioni del sud: per raggiungere i target del Fit for 55, la capacità fotovoltaica addizionale (53,6 GW), prevista entro il 2030, si concentrerà per il 61% proprio nel Mezzogiorno. Tra le misure suggerite per implementare il settore, figurano l’integrazione verticale della filiera, lo sviluppo di soluzioni integrate per offrire servizi innovativi, l’incoraggiamento dell’autoproduzione e il ricorso a investimenti nelle tecnologie digitali e innovative.

Più in generale, la dimensione economica delle utility meridionali è quantificabile in 11,5 mld di euro, circa il 24% del valore aggiunto realizzato dall’intero comparto italiano. Considerando il contributo offerto dalle imprese che operano sull’intera filiera delle utility, l’analisi restituisce un valore di 16,1 miliardi: pari al 4,7% del Pil del Mezzogiorno. Rispetto alle altre filiere, quella delle utility si contraddistingue al sud per una marcata vocazione industriale: le imprese estrattive e manifatturiere realizzano infatti oltre il 52% del valore aggiunto complessivo.

Promuovere lo sviluppo industriale con le reti d’impresa

Come indica la ricerca, il sistema delle imprese dei servizi di pubblica utilità riveste una posizione centrale rispetto ai temi della crescita economica, dell’accessibilità ai diritti essenziali, del cambiamento climatico e dell’autonomia strategica sulle forniture energetiche: “Per superare dunque le criticità residue, promuovendo lo sviluppo industriale, un esempio positivo è dato dalle reti d’impresa” si legge a commento.

A tal proposito, lo scorso luglio, è stato firmato da nove utilities il Contratto di rete che ha costituito la Rete Sud, l’iniziativa attraverso la quale “le imprese associate a Utilitalia hanno deciso di fare squadra per migliorare i servizi offerti ai cittadini ed affrontare congiuntamente le principali sfide operative, finanziarie e regolatorie del momento” sottolinea la nota stampa. L’obiettivo è “superare una eccessiva frammentazione e una ancora troppo diffusa presenza di gestioni in economia” e fare rete tra i gestori è un passo importante per rafforzare il sistema delle imprese dei servizi pubblici, “un percorso obbligato per migliorare i servizi forniti ai cittadini e per generare impatti positivi sull’occupazione e sull’indotto locale”.

Gap impiantistico per i rifiuti e sistema idrico in ginocchio dalla siccità

In tema di rifiuti il Sud Italia sconta ancora un gap dal punto di vista impiantistico: l’analisi rileva la difficoltà di chiudere localmente il ciclo ed evitare l’export verso altre regioni o l’estero, nonché il conferimento in discarica. Per quanto riguarda i rifiuti indifferenziati, per centrare i target europei al 2035 sull’economia circolare, il fabbisogno impiantistico a livello nazionale, e principalmente concentrato nelle regioni centro-meridionali, è stimato da Utilitalia in 2,5 milioni di tonnellate. Migliore è invece la situazione dei rifiuti organici, grazie ai numerosi impianti recentemente attivati o in costruzione, con i finanziamenti del Pnrr.

Altro punto posto in evidenza è la siccità che ha colpito duramente le regioni meridionali e sta interessando ancora la Sicilia, tanto da aggravare la vulnerabilità del sistema infrastrutturale idrico. Per uscire dalle logiche emergenziali, “sono ancora troppe le gestioni in capo agli enti locali nelle regioni del Sud Italia che, con una bassissima capacità di investimento (appena 11 euro per abitante nel 2022, contro una media nazionale di 70 euro), non consentono una rapida attuazione degli interventi necessari” si legge a commento. L’analisi suggerisce la crescita orizzontale e verticale dei gestori, per migliorare la capacità gestionale anche attraverso il controllo degli enti di governo d’ambito.

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