Un “grande organismo connesso” che, per essere gestito nella maniera più efficace, richiede una visione olistica in grado di non trascurare i sistemi periferici, veri e propri nervi del sistema. E’ la visione del digital building, emersa da un incontro organizzato ieri da Anie in occasione dell’edizione 2018 di Mostra Convegno Expocomfort, la manifestazione dedicata al comparto dell’impiantistica civile e industriale, della climatizzazione e delle energie rinnovabili, tenutasi a Milano dal 13 al 16 marzo. (Guarda il servizio video)
In quest’ottica per risultare vincenti nel comparto bisogna puntare su nuovi modelli di business che spostino il focus dalle singole soluzioni ai dati così generati. E’ su queste informazioni e sulla loro gestione che si giocherà la partita della competitività.
Sicurezza, una questione primaria
Se dunque il dato è il perno su cui concentrare l’attenzione, ben si comprende il ruolo chiave della sicurezza, di cui è necessaria una gestione consapevole ed esperta.
“Un approccio olistico è un punto fondamentale per quel che riguarda la gestione del rischio e della sicurezza – ha spiegato Giulio Iucci, presidente di Anie Sicurezza – tutti i sistemi sono, infatti, collegati tra loro e per questo la gestione efficace del rischio necessita di una visione organica e completa di ciò che accade nell’edificio. E’ fondamentale che una serie di informazioni possano essere messe a sistema in modo da poter dare delle interpretazioni che singolarmente i sistemi non potrebbero dare. Quando si parla di smart building, siamo nell’ambito di un grande organismo connesso: diverse informazioni sono utili solo se connesse, per questo l’approccio olistico è fondamentale”.
Se l’edificio non nasce intelligente
Da questa visione sinergica non fanno eccezione neanche gli interventi su edifici non concepiti come smart in fase di progettazione. Strutture dove, ad esempio, l’internet delle cose va a integrarsi con dispositivi tradizionali, non abilitati alla gestione di dati in tempo reale.
“E’ importante quando si progetta o quando si scelgono determinati sistemi ragionare anche su quello che è stato fatto in passato e quindi non abbandonare tecnologie preesistenti. Ci sono molte tecnologie che consentono di portare in digitale sistemi installati precedentemente. Ciò consente di avere delle informazioni che sono utili in chiave olistica, ma permette anche di avere tecnologie aperte all’installazione in futuro di nuove soluzioni”, ha sottolineato Iucci.
Un indicatore per valutare gli smart building
Quando dunque parliamo di smart building, dobbiamo abbandonare una visione parcellizzata a favore di una forma mentis sinergica, il tutto per proteggere l’edifico in maniera efficace, ma anche per valutarne le performance. Per raggiungere questo risultato, è in fase di elaborazione lo Smart Readiness Indicator (SRI), che cerca di fornire un quadro più completo del grado di “intelligenza” dell’edificio, con l’obiettivo di riassumerlo in maniera efficace in un unico dato.
“L’indicatore, che al momento è strutturato in 7 livelli – ha spiegato Massimiliano Magri, Gruppo Anie Digitale/Building – analizza tutte le parti e i servizi dell’edificio (dall’energy performance, alla salute degli occupanti, alla comunicazione con la grid) e ha circa undici domini di applicazione (ventilazione, riscaldamento, generazione di acqua sanitaria, monitoraggio della salute). Attualmente questo strumento non è ancora adottato da nessuno ed è sotto il mandato della nuova EPBD della Commissione Europea.”
“L’idea è quella di fare una classificazione della smartreadiness dell’edificio e quantificarla. Così l’edificio cambia il suo valore in modo analogo alla classificazione dell’efficienza. La differenza qui sta nel fatto che la valutazione dell’edificio non è solo dal punto di vista energetico, ma ance dal punto di vista della sua capacità di elaborare i dati in maniera autonoma e di scambiarli sia con l’utente sia con la grid”, ha concluso Magri.
Puntare sul networking
Ma la sinergia richiesta dallo smart building non si limita all’edifico stesso, è anzi un flusso continuo che dalle singole soluzioni installate arriva fino all’ambiente esterno trasformandosi da smart neighborhood, fino a diventare smart city. Si tratta di una sorta di ecosistema su cui non è possibile pensare di operare con una vision a compartimenti stagni. In questo senso, come ha spiegato Ivan Mangialenti del Gruppo Anie Digitale/building “i modelli di business del futuro saranno più dei modelli di networking dove aziende collaborano con altre aziende che si occupano di software” in modo da provvedere in maniera completa alle necessità di questo tipo di edifici.
Accompagnare il consumatore
Naturalmente, in questo contesto, che richiede competenze tecnologiche precise, viste anche le implicazioni in termini di sicurezza, le aziende devono saper accompagnare, supportare ed educare il consumatore, come ha spiegato Lionel Guicherd Callin, Product marketing di Nest. E’ proprio il consumatore, infatti, il soggetto a cui spetta la scelta su quali e quanti dati condividere, su come proteggerli e naturalmente su come gestirli. In quest’ottica tutta la filiera legata al mondo dello smart building, dalle aziende produttrici di soluzioni, agli installatori, deve contribuire a promuovere conoscenza permettendo una fruizione efficace delle innovazioni più all’avanguardia a disposizione dell’utente.
Guarda l’intervista a Lionel Guicherd Callin Product marketing di Nest
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