Per soddisfare i fabbisogni termici di un’unità immobiliare, sia residenziale che di altro tipo, è assai frequente che ci si domandi quale vettore energetico sia conveniente usare.
Stando alla strategia energetica nazionale, e a quelle regionali, la risposta è immediata: si punta certamente allo sfruttamento dell’energia elettrica per usi finali, tant’è che viene fortemente incentivato con vari strumenti, come le detrazioni fiscali, ecobonus e superbonus, e il conto termico.
Quella elettrica, si ricorda, è una fonte “secondaria” di energia, cioè deriva dalla trasformazione di energia da fonte primaria presente in natura. Il sistema elettrico nazionale italiano allo stato attuale ha una efficienza complessiva assai ridotta e la risorsa primaria è per lo più di tipo fossile.
Il rendimento della rete nazionale è pari al 46%; ciò significa che, per generare (trasformare) e veicolare l’energia elettrica dalle centrali presso le unità d’uso, oltre metà dell’energia è persa (sotto varie forme). L’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) stabilisce, infatti, con Delibera EEN 3/08 del 20-03-2008, che il fattore di conversione dell’energia elettrica in energia primaria è pari a 0,187×10^-3 tep/kWh.
Perché si preferisce l’energia elettrica per il riscaldamento
È legittimo chiedersi, allora, perché si punti all’energia elettrica se il rendimento del sistema è così basso.
È utile confrontare in termini di costo le ipotesi d’uso di energia elettrica e di gas metano (i vettori maggiormente usati nel residenziale e nel terziario). Per semplicità si può considerare il costo lordo unitario di energia elettrica a uso residenziale pari a circa 30 centesimi di euro al kWh e dell’omologo per il gasnaturale pari a circa 1,00 euro per ogni Sm3 (standard metro cubo). Valutando l’equivalente in termini di energia primaria, ci si accorge che 1 MWh di energia elettrica costa circa 1.600 € per ogni TEP e che 1 MWh di energia termica costa circa 1.200 €/TEP. È evidente che, in termini primari, il costo di immissione nell’unità d’uso è superiore se l’energia è elettrica.
In termini economici l’eguaglianza dei costi di energia primaria si avrebbe se, a confronto col costo di 1 €/Sm3 di gas naturale, l’energia elettrica. costasse 0,22 €/kWh e non 0,30.
La molteplicità di fattori di cui tenere conto
La questione, pertanto, non è semplice e la soluzione è trasferita:
- al fabbisogno dell’unità immobiliare,
- alla tecnologia impiantistica in uso,
- alla capacità produttiva di energia elettrica in loco.
Sia per i casi di riqualificazione che per quelli di nuova edificazione, la determinazione di convenienza nella scelta del vettore energetico, pertanto, passa dal contenimento o riduzione del fabbisogno termico (riduzione delle dispersioni); dal rendimento dell’impianto in uso o previsto; dalla produzione locale di energia elettrica con impianti a fonte rinnovabile che consente la riduzione di energia immessa (e relativo costo) dalla rete.
In definitiva, mentre la questione locale è da valutare caso per caso nel rispetto dei criteri suddetti, in termini generali la convenienza economica complessiva dipende strettamente dalla capacità d’attuazione della c.d. “generazione distribuita”, con la quale il mercato, in evoluzione, troverà nuovi equilibri di costo a favore dell’energia elettrica.
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