L’università di Modena e di Reggio Emilia, l’ateneo londinese Brunel, l’azienda italiana ceramiche Atlas Concorde stanno collaborando per studiare come recuperare in modo efficiente l’acqua e il calore dai vapori industriali. L’iniziativa rientra nel progetto iWays: Innovative water recovery solutions nell’ambito dei finanziamenti Horizon 2020, il programma quadro UE per la ricerca e l’innovazione.
iWays nasce sulla scia di un altro progetto europeo a cui stava lavorando l’università di Modena e di Reggio Emilia con l’ateneo londinese Brunel e l’azienda italiana Atlas Concorde che opera nel settore della ceramica. “L’idea di iWays è sbocciata durante la visita agli impianti di questa azienda italiana, il responsabile qualità della ceramica chiese a me e al mio collega se esistesse un metodo per eliminare i vapori dai camini degli impianti di atomizzazione”, racconta il coordinatore Luca Montorsi dell’università di Modena e Reggio Emilia a Canale energia.
La tecnologia degli scambiatori di calore
Il progetto iWays servirà a implementare un’altra tecnologia basata sugli scambiatori di calore (Heat pipe-based heat exchangers), noti come tubi di calore. “Essi sono adatti alle correnti di calore sporche o ricche di componenti acidi. Questi ultimi condensando possono rovinare gli scambiatori di calore tradizionali. In questo modo possiamo recuperare l’acqua e altre sostanze inquinanti”, spiega il professore Luca Montorsi.
Gli step successivi sono due: depurare il condensato dalle sostanze nocive, ottenendo così acqua pulita che potrà essere reimpiegata nei processi produttivi. E recuperare eventuali componenti acidi che possono essere venduti come prodotti industriali, per esempio, alle aziende chimiche. Verrà applicata ai tubi di calore una strumentazione, in fase di progettazione, per monitorare il taglio delle emissioni ottenuto grazie al processo di condensazione.
Con il progetto iWays si stima un risparmio fino al 64% del consumo di acqua. Un beneficio importante, dal momento che le attività industriali in Europa utilizzano in media circa 243mila ettometri cubi di risorse idriche ogni anno. Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente (Aea), circa 140mila ettometri cubi viene già restituita all’ambiente ma con impurità o inquinanti. Comprese sostanze chimiche nocive per gli ecosistemi e la salute umana.
I soggetti coinvolti
“Il progetto coinvolge tre settori industriali quello chimico, ceramico e la produzione dell’acciaio, dove il consumo di acqua è molto alto, così come quello di energia, e i quantitativi dei gas di scarto sono cospicui”, aggiunge il professor Montorsi.
Il progetto si sviluppa in quattro anni. I primi due sono cadenzati da tre fasi. S’inizia con lo studio dello stato dell’arte dei processi industriali dove applicare questa tecnologia. Segue un periodo di progettazione e di installazione dei prototipi e una parentesi dedicata alla cosiddetta commissioning della tecnologia. Dal terzo anno in poi si apre il monitoraggio dei dati per comprenderne l’impatto effettivo.
Oltre alle risorse europee, iWays si avvale di 19 partner di cui nove istituti di ricerca e università e sei medie e piccole imprese che hanno deciso di investire nel progetto. I partner privati sono imprese specializzate nel trattamento delle acque anche con metodi sperimentali come la fotocatalisi. “Partecipa infine anche il Consorzio Water Europe impegnato nell’uso intelligente dell’acqua e in particolare nel mondo dell’industria”, continua il coordinatore. “Abbiamo come obiettivo di rientrare nell’investimento entro tre anni dalla consegna del progetto nel 2024”. Il costo si aggirerà sui 12 milioni di euro, di cui 10 milioni erogati dall’Unione europea.
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