“Le pompe di calore sono importanti per raggiungere gli obiettivi al 2030, ma non sono ancora percepite per la loro importanza, dobbiamo lavorare molto anche sul governo che deve sfruttare appieno questa possibilità”, afferma Monica Tommasi presidente dell’Associazione Amici della Terra in apertura del workshop “Le proposte della filiera delle pompe di calore per il Recovery Plan e gli obiettivi 2030 e 2050 dello European Green Deal”, organizzato dall’Associazione insieme ad Assoclima ieri 28 aprile. “Amici della Terra fa parte di questo tavolo molto tecnico perché le rinnovabili termiche sono fondamentali nella transizione energetica dal punto di vista economico e sociale. L’indotto ha un grosso impatto, è importante consolidare il manifatturiero di questo settore, dato che sono attori tutti italiani” conclude la Presidente di Amici della Terra.
Tommaso Franci di Amici della Terra ha fatto il punto sull’attuale contesto che si va delineando, con l’accordo raggiunto tra Parlamento europeo e Commissione che ha fissato la neutralità carbonica al 2050, dove diventa essenziale il ruolo delle pompe di calore, con obiettivi che riguarderanno: i consumi termici, il settore terziario e quello residenziale.
Il contributo delle rinnovabili al comparto è pari a 1/4 di tutto lo sforzo del settore rinnovabile, mentre il ruolo delle pompe di calore è ancora poco percepito rispetto al fotovoltaico o all’eolico. In base al Pniec (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030), questo settore tecnologico deve fare uno scatto di crescita per dare il proprio contributo al Pniec.
La vera scommessa è aumentare le pompe di calore nel residenziale, con un ruolo maggiore nel riscaldamento. Col tempo dovrebbe crescere anche il ruolo delle pompe idroniche piuttosto che aria-aria.
Per accelerare verso la decarbonizzazione, l’edilizia è un settore trainante e il tema dell’impiantistica acquisisce un valore crescente, pari a 33 miliardi di euro, come ha sottolineato Stefano Bellò di Assoclima. Le pompe di calore sono una tecnologia in continua evoluzione che si combina con le fonti rinnovabili e hanno un impatto significativo su tutta l’economia reale. Include installatori elettrici e idraulici, richiedendo una continua riqualificazione di tutti gli attori e un forte rinnovamento della produzione e distribuzione dell’energia. Quindi, ha una ricaduta positiva sulla filiera della componentistica molto presente in Italia e Unione Europea.
“Questo Tavolo di filiera vuole smussare inceppi o difficoltà che si possono incontrare, il superbonus ha dato forte impulso e il Pnrr ha centrato le richieste e gli obiettivi di una ulteriore semplificazione, pertanto alcune possibilità concrete di accelerare l’introduzione di questa tecnologia ci sono”, afferma Bellò.
Le necessità della filiera delle pompe di calore
Il primo ambito di intervento su cui agire, secondo il Tavolo, è quello delle tariffe elettriche, spostando gli oneri di sistema sulla fiscalità generale.
In secondo luogo bisogna intervenire sugli strumenti di incentivazione come il superbonus, che sarà semplificato, ma il Tavolo propone un testo unico degli incentivi che semplifichi e ampli l’ambito nell’edilizia. Inoltre, si propone un intervento nei meccanismi dei certificati che è da migliorare.
Il terzo punto è la formazione sugli interventi da fare, che incideranno sul mondo dell’installazione, distribuzione di tutta la filiera. Serve poi una migliore informazione e comunicazione ai cittadini sugli incentivi e sulle tecnologie della pompa di calore, che permettono di efficientare e non inquinare.
Altro aspetto è la Renovation wave (ondata di ristrutturazioni nel settore edile, parte integrante del Green Deal europeo): bisogna intervenire sul patrimonio edilizio pubblico e rendere chiaro il ruolo delle pompe di calore nella riqualificazione degli edifici pubblici.
Infine secondo Assoclima bisogna intervenire anche sulla normativa che insiste sulla ventilazione meccanica, riconosciuta dalla normativa italiana, ma molto poco osservata, importante invece, per la prevenzione sanitaria e di nuove epidemie e per l’efficienza degli edifici.
All’interno del composito mondo della filiera delle pompe di calore, ci sono dei punti fermi che accomunano tutti i protagonisti. Tutti convergono infatti, sull’importanza del sistema di incentivi, ecobonus e superbonus, per agevolare la penetrazione nel mercato residenziale e della pubblica amministrazione delle pompe di calore. Allo stesso tempo però, il meccanismo incentivante deve essere trasparente, a lungo termine e non soggetto a continue modifiche, a meno che non siano di natura sostanziale.
Pertanto, la qualità della nostra industria va sostenuta attraverso la stabilità nel tempo e chiarezza degli incentivi e loro semplificazione.
La richiesta al legislatore è di avere un approccio sistemico e sinergico al sistema incentivi. Tutto il comparto ha a cuore la filiera nazionale, difatti le pompe di calore esportano il 61% della produzione all’estero, pertanto grande attenzione viene riposta per le ricadute positive che si possono generare sull’occupazione. In Europa, i primi player del mercato sono la Francia, segue l’Italia e successivamente la Germania che in tre si spartiscono il 48% del mercato.
Al fine di incrementarla, la formazione è un altro aspetto fondamentale per tutti, così come la comunicazione verso il cittadino, che deve essere informato in maniera chiara sulle opportunità di risparmiare ed efficientare, grazie a questa nuova tecnologia.
Incentivi ed emissioni, lo stato del comparto
Ilaria Bertini, Enea afferma che l’industria delle pompe di calore in Italia rappresenta un’eccellenza, ma gli elementi per la sua diffusione, sono: le tariffe elettriche, gli strumenti di incentivazione e l’informazione. Esistono diverse tipologie di incentivi: utenti ed edifici hanno caratteristiche ed esigenze diverse, pertanto la varietà di aiuti deve essere vista non come confusione, ma anzi come un vantaggio. L’ecobonus, dai dati Enea, continua a funzionare molto bene, mantenendo sempre lo stesso livello di fruizione, con qualche lieve incremento. Il superbonus che ha superato il miliardo di investimento, offre un’importante opportunità ma è dedicato a riqualificazioni più profonde e quindi per quanto riguarda città e condomini, la pompa diventa elemento di un tutto, di una riqualificazione globale. “La necessità è di non rendere la normativa troppo in evoluzione, perché se si cambiano continuamente le regole si crea grande confusione” conclude la Bertini.
Roberto Moneta del Gse spiega come, politica e Ministero dello Sviluppo Economico hanno sempre prestato molta attenzione all’efficienza energetica, seppur con una lunga negoziazione durata sette anni sulla regolazione. “Il primo ecobonus sulle pompe di calore fu sull’acqua calda sanitaria, ma io ritengo che gli incentivi devono esserci quando non c’è mercato, poi quando il mercato c’è, possono venire meno”.
“Noi assumiamo che ci sarà un’evoluzione delle tecnologie e che anche in seguito alla pandemia, ci sarà un ridisegno delle filiere produttive, che in un primo momento può sembrare negativo, ma poi potrebbe avere impatto positivo sull’occupazione” sottolinea Marco Borgarello di Rse spiegando come ci si debba focalizzare sulle nuove sfide del Green Deal e sul ruolo che Rse ha sulla governance in ambito transizione energetica. “Anche l’impatto dello smart working sulle pompe di calore potrà essere di rilievo, in quanto almeno 5 milioni di abitazioni saranno utilizzate come ufficio e quindi raffreddamento e riscaldamento impatteranno notevolmente”.
Rse sta svolgendo un censimento per capire cosa sta succedendo nelle famiglie in seguito alla pandemia. Dal questionario somministrato emerge che: su 1000 famiglie, quasi il 57% dichiara di possedere un impianto di condizionamento e lo usa tutti i giorni, mentre il 43% non ne possiede uno. Questo dipende dalla capacità di acquisto delle famiglie, che allo stato attuale si è notevolmente ridotta. Il 38% ha fatto investimenti sulla climatizzazione con una disponibilità di 3.600 euro per intervento. Tutti vogliono case più efficienti: il 44% è interessato a sostenibilità e cambiamenti climatici, ma solo il 32% ha posto più attenzione ai consumi. Pertanto, esiste da parte delle famiglie un’attenzione alla sostenibilità, ma poi nei comportamenti assunti c’è un divario da colmare, in questo gli incentivi possono aiutare.
Secondo Riccardo De Lauretis di Ispra, dall’analisi delle emissioni di gas serra per settore è emerso che, i settori che le hanno ridotte meno sono i trasporti e il civile. Dalle stime dell’Ispra si evince che, al 2050, le riduzioni di emissioni previste saranno del 60% in meno rispetto all’anno base del 1990; ma saremo ancora su 30 milioni di tonnellate di emissioni del commerciale. “L’effetto combinato di efficienza e rinnovabili deve riuscire a portare i trasporti e il residenziale all’obiettivo zero emissioni al 2050. Questo comporta aspetti tecnologici, minore mobilità e minore necessità di riscaldarsi. Il superbonus deve essere utilizzato per riqualificare il maggior numero di edifici possibile. L’ambizione aumenta e quindi ci sarà molto da fare su questi ultimi”, conclude De Lauretis.
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