Lo scorso anno in Italia, gli investimenti per l’efficienza energetica in ambito industriale ammontavano a 2,2 miliardi di euro, destinati quasi esclusivamente (90%) a tecnologie hardware e solo in minima parte a soluzioni digitali e software, che invece darebbero un grande contributo in termini di analisi e valorizzazione dei dati raccolti.
Rimane difficile parlare di ripresa dato che, il 2020 ha fatto registrare risultati particolarmente negativi (-19,6%), a causa di fattori quali quelli normativi e di mercato. Gli investimenti nel 2021 sono cresciuti dell’8% ma ancora non raggiungono i livelli pre-pandemia. Inoltre, alla crescita dei prezzi delle commodities non è corrisposto un aumento degli investimenti in efficienza energetica.
Sono alcuni dei risultati contenuti nel “Digital energy efficiency report 2022” redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato oggi 8 giugno, nell’ambito di un convegno a cui hanno preso parte, in tre diverse tavole rotonde, anche le numerose imprese partner della ricerca.
Gli investimenti per tecnologia
All’interno delle tecnologie hardware, l’aumento maggiore (+8,4% di investimenti in totale) riguarda la cogenerazione (+21%), seguita dall’illuminazione efficiente (+8%), che però è ancora molto lontana dal colmare il -21% registrato nel 2020, rispetto al 2019. Le soluzioni digitali, invece, sono cresciute solamente del 4% e quasi la metà degli investimenti, pari a 74 milioni di euro (47%), ha riguardato i sistemi di raccolta e monitoraggio dei dati energetici di processo.
Il ruolo degli investimenti del Pnrr
Gli stanziamenti del Pnrr potrebbero invertire questa rotta dell’efficienza energetica nel comparto industriale?
Federico Frattini, vicedirettore dell’Energy&Strategy e responsabile dell’Osservatorio Deer dichiara: “Purtroppo l’efficienza energetica nel comparto industriale è la Cenerentola del Piano nazionale di ripresa e resilienza e i fondi che le sono stati destinati sono decisamente esigui rispetto a quelli indirizzati ad altri settori. Le motivazioni possono essere diverse: fattori di carattere strategico, come la scelta di incentivare maggiormente l’installazione di impianti da fonti di energia rinnovabile per andare incontro agli obiettivi di decarbonizzazione imposti dalle direttive europee; oppure fattori legati alle caratteristiche intrinseche del parco edilizio ad uso civile, che essendo più arretrato rispetto a quello industriale è oggetto della maggior parte dei fondi per la riqualificazione degli edifici”.
“Tuttavia”, continua, “il processo di digitalizzazione delle imprese gioca un ruolo fondamentale per raggiungere qualunque obiettivo nell’ambito della transizione ecologica e dunque abbiamo ragione di ritenere che, superata l’attuale fase emergenziale, gli investimenti in chiave industriale saranno trainati dai fondi per il Piano Transizione 4.0”.
È comunque necessario che il mercato ritorni almeno ai livelli precedenti la pandemia e, sul fatto se sussistano o meno i presupposti per una ripresa al 2024, Frattini sostiene che, questo non potrà accadere se la situazione rimarrà invariata. Infatti, affinché possa cambiare, le policy governative e le dinamiche di mercato dovranno intervenire sull’efficienza in ambito industriale, a seguito dell’incremento dei prezzi dell’energia.
“È lo scenario più positivo, che abbiamo definito ‘policy and market driven’ e che potrebbe generare un mercato da 3,7 miliardi di euro. Anche dal punto di vista delle emissioni di gas serra, lo scenario ‘policy and market driven’ è l’unico che avvicinerebbe il settore industriale italiano al 2030, all’obiettivo di riduzione del 40% contenuto nel Pniec, non però a quello di -55% del pacchetto Fit for 55, ma la strada da percorrere per una decarbonizzazione consistente del comparto è ancora lunga”, conclude.
Data valorization e data monetization: lo stato attuale
Con data valorization si intende la rielaborazione dei dati energetici raccolti dalle tecnologie digitali presenti in azienda, in questo modo, il management può prendere decisioni informate. Con il data monetization, si intende invece la vendita di questi dati, un’opzione che il 95% delle imprese interpellate con una indagine dedicata, non ha nemmeno preso in considerazione o attualmente approfondito.
I limiti delle aziende
Secondo la ricerca, le aziende sono spesso dotate di diversi sistemi di misurazione dei consumi energetici, ma non sono ancora in grado di capire il valore che si potrebbe estrarre dalla loro analisi e quindi non utilizzano questi approcci, perdendo un vantaggio che invece potrebbero conseguire.
Sono i software provider oppure le ESCo ad offrire soluzioni software per esaminare in maniera strutturata i dati energetici raccolti sul campo e supportano il cliente nella loro interpretazione. Sono sfruttati per la maggior parte nel settore industriale, per efficientare i processi (nel 96% dei casi) e ottimizzare gli impianti (78%), ma sempre più aziende vogliono individuare opportunità di riduzione delle emissioni di CO2 attraverso l’impiego dei dati raccolti.
Le opinioni degli energy manager e lo stato di salute delle ESCo secondo l’indagine 2022
Secondo l’indagine annuale fatta tra le imprese, la percentuale di aziende che nel 2021 ha investito in soluzioni hardware è rimasta costante rispetto al 2020 (64%), leggermente più alta (67%) quella delle grandi aziende, che sono diminuite del 13% rispetto al 2020. Nelle Pmi la percentuale si ferma al 61%, ma costituisce il 16% in più rispetto all’anno precedente.
Gli investimenti in illuminazione efficiente sono cresciuti del doppio e costituiscono l’81% del totale, invece sono rimasti stabili (63%) rispetto al biennio 2019-2020 quelli sul processo produttivo. Sul 2020, più che raddoppiata anche la quota relativa a motori elettrici e inverter (52%).
Solo il 29% del campione dichiara di aver realizzato investimenti in soluzioni digitali per l’efficienza energetica nel corso del 2021 (-9% rispetto al 2020). In cima alla classifica ci sono i software dedicati all’energia, in aumento rispetto al 2020, e la sensoristica di base.
Le maggiori diffidenze sono dovute agli eccessivi tempi di ritorno degli investimenti, all’incertezza del quadro normativo, ma nelle Pmi c’è anche una mancanza di consapevolezza da parte del top management.
Quasi il 90% delle aziende ritiene che il rincaro dei prezzi dell’energia farà aumentare gli investimenti in efficienza energetica, soprattutto su tecnologie come illuminazione, inverter, motori elettrici, aria compressa, relative al processo produttivo.
La situazione delle ESCo
Per quanto riguarda le Esco, il rallentamento si riscontra soprattutto nella crescita: nel 2021 quelle certificate sono aumentate di sole due unità. Il 36% afferma di avere lo stesso numero di dipendenti del 2020, e una identica quota di averlo aumentato del 10% o più. Ma, la maggioranza del campione (52%) dichiara un fatturato a fine 2021 cresciuto di oltre il 10% (anche l’Ebitda, nel 54% dei casi), a fronte di un 19% che ha subìto una diminuzione nei ricavi (il 14% di oltre il 20%).
Quindi, il quadro è sostanzialmente positivo e conferma il percorso di ripartenza del settore dell’efficienza energetica industriale nel corso del 2021, che ci si attende continuerà a crescere nel 2022.
Il mercato dei certificati bianchi
Il 31 maggio 2021, è stata varata la nuova riforma dei certificati bianchi che avrebbe dovuto rilanciarli. Questo obiettivo non è stato raggiunto, dato che nel 2021 il Gse ha riconosciuto complessivamente 1.120.672 CB, ovvero un quinto di quelli emessi nel 2015 e -35% rispetto al 2020, che già erano diminuiti del 41% sul 2019.
Anche se i CB sono considerati lo strumento più efficace per supportare l’efficienza energetica, la loro diffusione rimane difficoltosa, soprattutto a causa del ridotto numero di titoli generati che crea uno squilibrio fra domanda e offerta. Sarebbe dunque utile un processo di semplificazione dell’iter burocratico che incentivi le aziende a richiederlo e che di conseguenza ne farebbe aumentare l’offerta sul mercato.
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